Gela - Quattrocento esuberi nel diretto e tagli per almeno 600 risorse nell’indotto.
Scaroni a Gela fa sul serio: in dubbio la continuità di marcia del petrolchimico storico del cane a sei zampe, avviato nel 1960 per volontà di Enrico Mattei.
Consolidamento della competitività e incremento dell’efficienza organizzativa, sono i punti di snodo del nuovo assetto industriale di Eni a Gela. L’azienda procederà all’espulsione graduale del personale eccedente entro il 30 dicembre del prossimo anno. Previste cento nuove assunzioni, a partire dal 2011, a tempo indeterminato, da attingere dal mercato del lavoro.
Al fine di ridurre al minimo gli effetti sociali del grande esodo si ricorrerà alla mobilità lunga, otto anni, per quei dipendenti che, in questo lasso di tempo, avranno maturato i requisiti per essere accompagnati alla pensione. Per loro è previsto anche un incentivo di 30 mila euro.
Anche il piano d’investimenti subisce un duro colpo: 600 ML per il quadriennio, pari al 40 per cento circa dei 1.000 milioni concordati già nel 2008, programmati e tuttavia mai messi in conto spesa.
Via dunque al risanamento ambientale dovuto e al consolidamento dell’esistente. Sono questi le misure industriali comunicate dalla direzione aziendale a Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uilcem-Uil nell’incontro in ristretta dell’ultimo 6 settembre. Presenti l’amministratore delegato della Raffineria di Gela, Bernardo Casa, ed il direttore dello stabilimento, Alfredo Barbaro, che hanno illustrato al sindacato i contenuti dell’atteso piano industriale dello stabilimento di Gela per i prossimi 4 anni.
Sul tavolo delle trattative anche la sempre più scottante vicenda dell’indotto: 600 esuberi su un migliaio di occupati. Il petrolchimico di Gela, alla luce del nuovo piano industriale, si riconferma un punto critico della raffinazione Eni: 5 Migliaia di Tonnellate di greggio raffinato per 2.200 occupati, rappresentano un buco in bilancio di circa mezzo miliardo di euro, la metà della perdita del settore Refining & Marketing del gruppo Eni a saldo 2009. La raffineria di Taranto, a parità di distillato, dà lavoro a 700 persone tra diretto e indotto. Meno di un terzo del popolo del petrolchimico di Gela.
Un tasso di assenteismo altissimo, con punte oltre il 30% della forza lavorativa globale -il 10% denunciato da Scaroni alla stampa appartiene al dato globale di Eni Sud- e indici di lavoro straordinario alle stelle per un monte salari ordinario di 200 milioni di euro circa anno, per 1.200 occupati del diretto, hanno indotto il management di Eni a rivedere il piano strutturale della raffineria di Gela.
Un polo industriale che sconta le difficoltà strutturali di una politica di disinvestimenti, dismissioni e chiusure da oltre un ventennio. Quattrocento esuberi saranno pure tanti per il territorio gelese, ma non è il colpo di grazia, come da più parti paventato, al petrolchimico tanto caro a Mattei. Considerate le 100 e forse più nuove assunzioni alla fine del piano di ristrutturazione, Gela e la sua Raffineria continuerà a recitare la propria parte nel contesto della chimica e della raffinazione di Eni.