Cultura Scicli

Pittura e cinema, una mostra al Brancati

Condizionamenti reciproci



Scicli - Sono non numerabili i fotogrammi della filmografia mondiale che denunciano una matrice nel mondo caleidoscopico delle arti visive. Alias: i maestri del cinema da sempre si sono lasciati sedurre dalla pittura, in primis, ma anche dalla scultura e dall’architettura. E sono, queste relazioni, accattivanti per chi, come chi scrive, coltiva una passione titanica per queste forme differenti ma dialoganti dell’arte. Basti pensare a quanti scorci ‘pittorici’ ha regalato al grande schermo il “Barry Lyndon” di Kubrick, la sua felicità paesaggistica, i suoi cammei sublimi di umanità, e quanti riferimenti abbia la sua Kidman allo specchio in “Eyes Wide Shut”, rispetto alle donne allo specchio create da assoluti quali Velasquez, Manet, Picasso, Kirchner.

Cambiando l’ordine dei fattori, per la tradizionale collettiva natalizia del Brancati di Scicli, il direttivo del noto movimento culturale ha pensato di suggerire agli artisti di ispirarsi al cinema. La provocazione estetica è stata raccolta con estrema varietà di risposte dai ben trenta pittori in mostra, in massima parte di origine iblea. Con una escursione larga di generi e di epoche, si nota come molti abbiano operato delle scelte ‘cartellonistiche’, portando sulla tela la locandina del film selezionato o un’immagine topica e celebre. Più meditata l’operazione di alcuni dei pittori, che hanno saputo trasporre quanto la pellicola amata avesse suggerito alla propria sensibilità, traducendo nello stile proprio i temi e le situazioni coscienziali del film prescelto.

Tra le opere presentate, subito riconoscibili per eleganza gli omaggi di Sonia Alvarez e di Piero Guccione al “Gattopardo” di Visconti. Un dittico legato dalla sapienza di fattura, ma con una distanza di temperatura e di tempi interni, tra i due quadri. Letterario il ‘racconto’ di Alvarez, in quel bisbiglio aristocratico e pudico delle due figure femminili, che è polo estremo compositivo, rispetto al vocio clamoroso della festa, della collettività che si comunica la formalità del nulla; allo specchio, la fragranza spumeggiante del celebre pastello guccioniano, che eterna i sensi di quel gioco delle parti nel ballo del Principe di Salina con la fulgida Angelica, rispettivamente il più intenso dei tramonti e la più rosea delle albe.

Le tecniche impiegate corrono dall’olio al pastello, allo spesseggiare della tecnica mista. Rifuggendo dallo sterile elenco, segnaliamo qualcuna tra le opere più riuscite. Con la consueta maestria esegue Giuseppe Colombo il suo “A Gomorra e all’800 napoletano”, in cui il senso del dramma incombente trova mirabile rispondenza in una unità di atmosfera, compatta, ovattata, tristemente silente. “Pensando a Paris Texas” di Wim Wenders, Franco Polizzi carica di un’aura tutta esistenziale la ricerca del suo protagonista, un uomo sperso nel deserto, dimentico di un passato doloroso che lo chiude in un mutismo di protezione. In un pastello sofferto, bruciante di tensioni – cromatice, lineari, emozionali –, Polizzi riveste-investe quell’uomo di un alone di trasparenze fantasmatiche, come se a procedere, in quel paesaggio sterminato di stoppie e cieli, fosse l’io con la sua ombra, col bagaglio dei rimpianti e dei sogni inarrivabili. Una sottile ironia informa l’“Encomio a Greenway” dei gemelli catanesi Ingrassia, che, nella loro pur breve carriera, hanno già maturato un mondo proprio, contraddistinto da un sicuro virtuosismo, declinato nel piccolo formato. Immancabile l’omaggio a Fellini, firmato da Sebastiano Messina, che a quel suggestivo blu cobalto della notte ha affidato la forza onirica del magistero felliniano.

La Sicilia

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Photocolor di Gianni Mania

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