Cultura Madrid

Filippo II e la monarchia spagnola contro l’Università di Catania

Una lettera personale, riservata, dai toni molto duri, severa

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Madrid-  Dai fondi dell’”Archivo Histórico Nacional” di Madrid emerge dopo secoli di oblio una curiosa lettera spedita il 21 settembre 1630 da Filippo IV al Viceré di Sicilia Francesco Fernandez de la Cueva, duca di Albuquerque, nella quale il sovrano riprende una precedente missiva che il nonno Filippo II aveva inviato al Viceré del tempo.

È una lettera personale, riservata, dai toni molto duri, severa.

In breve i fatti.

Il 5 maggio del 1629 Filippo IV chiede al tribunale del Real Patrimonio di Palermo l’elenco di tutti gli ordini e le prammatiche, di cui si era data esecuzione negli ultimi cinque anni e si accorge che manca tra questi una prammatica emessa a suo tempo dal nonno Filippo II. Individuato il problema, il 10 novembre di quell’anno il re ordina di fare un duplicato del documento mancante e di spedirlo al Viceré con preghiera di farlo eseguire e rispettare “inviolabilmente”. Rimprovera anche il Viceré perché due anni prima, il 2 ottobre del 1627, gli aveva scritto una lettera con la quale sollecitava eventuali consigli e critiche in merito a leggi già in vigore e, di questo documento, il Viceré proprio non fa menzione.

Perché il Viceré aveva fatto in passato orecchi da mercante e, ora, il re è così furioso?

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La legge “dimenticata” in questione riguardava una vecchia prammatica, emessa da Filippo II l’8 aprile del 1591, diretta al Viceré del tempo, Enrico Guzman y Ribera, II Conte de Olivares, avente per oggetto l’Università di Catania.

Filippo II, infatti, era stato informato dai vari Visitatori del regno di Sicilia che studenti siciliani fraudolentemente si iscrivevano in università di altri regni della penisola italiana, come per esempio nell’Università di Pisa, compiendo appena un anno o due di studio in quelle.  Poi, dopo aver chiesto dispensa al Viceré, si trasferivano di sede e, precisamente, presso l’Università di Catania, dove si laureavano senza aver compiuto i prescritti cinque anni là richiesti.

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Filippo II era stato drastico al riguardo, diffidando il Viceré del tempo non solo a non concedere più dispense ma a vietare l’accesso a cariche pubbliche a tutti i laureati dell’Università di Catania, riconoscendo, però, con una prammatica successiva, datata 21 ottobre 1591, alle lauree dell’Università di Messina piena legittimità.

Questo stato di cose aveva molto penalizzato i catanesi, i quali si vedevano scartati, per il solo fatto di essere nati a Catania e di avere studiato in quella città, da ogni posto di responsabilità nei vari settori della Pubblica Amministrazione e della Giustizia.

Pertanto Filippo IV con questa lettera del 21 settembre 1630 ritiene opportuno reiterare la scomunica delle lauree facili emesse dall’ateneo catanese, poiché l’intrallazzo a quanto pare era continuato anche sotto il regno di suo padre, Filippo III. Il 5 febbraio 1629 aveva, ancora, riconfermato con altro decreto, alla stessa stregua di suo nonno, l’Università di Messina come sede accademica di fiducia della Monarchia spagnola.

Se i catanesi volevano concorrere a cariche statali, dovevano laurearsi a Messina, dunque. Questo è in ultima ratio il risultato di quel provvedimento.

Apprendere queste notizie mi ha fatto davvero sorridere.

Qualche anno fa tornavo da Madrid con un volo diretto della Compagnia Iberia. Compagna di posto mi ritrovai una simpatica ragazza che scoprii essere di Catania. Bisognava stare vicini due ore e mezza per cui non fu difficile avviare una piccola conversazione. Mi raccontava di essersi iscritta in un’università di Madrid alla facoltà di medicina e già era a metà degli esami.

Le chiesi sorpreso il perché, considerando il livello discreto dell’ateneo catanese.

E lei, sorridendo con occhi furbi, rispose:

-A Catania non ho superato l’esame preliminare per rientrare nel numero chiuso, in Spagna, questo problema ancora non c’è. Appena mi laureo, convaliderò il titolo in Italia e così i governanti imparano a fregare gli studenti!-

Rimasi senza parole e le sorrisi.

Penso in questo momento che ci vorrebbero un altro Filippo II e un altro Filippo IV per aggiustare alcune cose in seno all’Unione Europea…

Qui di seguito riporto la trascrizione del documento:

Magestad                                           A 21 de septiembre 1630

De officio                                      

Al Virrey de Sicilia con la declarazion al capitolo ultimo de la Carta  que el Rey Don Phelipe II nuestro Señor abuelo de V.M. que esta en gloria mando escrivir al 8 de abril 1591 al Conde de Olivares Virrey de Sicilia cerca de que no se ocupassen en oficios los que estuviessen graduados en Catania

El Consejo


El  Rey Phelipe (IV), duque primo en este reino en carta de 2 de octubre del año pasado 1627, se os escrivio que por haverse entendido por cartas que havian venido de esse Reyno que no estaba executoriada en el la que el Rey nuestro Señor, mi Abuelo, mando escrivir al Conde de Olivares siendo su Virrey en esse Reyno a 8 de abril 1591 cerca de las cosas que en la Junta de reformazion que procedio de la Vissita se trataron de remediar en el Tribunal de la Gran Corte diesseoles orden para que se excutoriasse luego sin dilazion alguna y que si huviesse algunos Capitulos en ella cuia execucion tuviesse por conveniente me lo avvissase de que con brevedad para que yo mandasse lo que mas conviniesse y tan bien la causa porque esto se havia olvidado tanto, y despues en carta de 10 de novembre 1629, haviendo reparado que en una nota que mande pedir al tribunal de esse mi Real Patrimonio a 5 de mayo de dicho año de todas las ordenes que en los cinco años ultimos huviessen recivido para reconoçer quales faltavan, no venia la dicha carta de 8 de abril 1591. Se os embio duplicado de ella para que la hiciessedes executoriar y registrar y aquì se ha entendido que no obstante que en la de 2 de octubre 1627 se os escrivió (como queda dicho) que si huviesse algunos capitulos cuia excecution tuviesse inconvenientes me lo avisassedes con brevedad, para que yo mandasse lo que mas conviniesse hicisteis excecutoriar al Capitolo ultimo de la de 8 de abril 1591 en que el Rey mi señor mi Abuelo mando al Conde de Olivares que la Pragmática que estava hecha de que fuessen occupados en oficios los que no estuviessen graduados en la Universidad de Catania se guardasse ynviolablemente y que por ningun casso dispensasse d’ella, y mi yntencion no fue, ni es que lo contenido en este Capitulo excluia a los Graduados en la Universidad de Mecina a quien el Rey mi señor mi Abuelo concedio despues licencia para su ynstitucion a 21 de octubre de dicho año 1591 haviendosse movido en particular a mandar que se observasse la dicha Pragmatica por las fraudes que hacian muchos estudiantes que con solo un año o dos de estudio se doctoraron en Pissa y otras Universidades de fuera del Reyno alcançando tambien dispensaçion de los Virreys para graduarse en Catania no embargante que no huviessen cumplido los cinco cursos establecidos. Y pues se han de cumplir los estudios en las escuelas de Mecina, conforme a la dicha instruzion y la orden que sobre esta materia mandé dar en carta de 5 de hebrero 1629. No es justo que los que se graduaxen en ellas sean excluidos de concurrir a los officios de esse Reyno lo qual me ha parecido declarar por esta para que lo tengais entendido y se note donde convenga y ordenaros que si en la dicha carta de 8 de abril 1591 huviexe algunos Capitulos dignos de advertencia o que tengan algun inconveniente que representarmelos aviseis luego para que yo dé la orden que convenga cerca de ellos.

De Madrid a 21 de septiembre 1630 =Yo el Rey=Con señales del Consejo= Don Iñigo secretario.

CREDITI

Archivo Histórico Nacional, Madrid – Estado, L.2146

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