Scicli - Scicli città felice.
Elisabetta, dal pubblico chiede alla curatrice del libro fotografico di Armando Rotoletti, Marisa Fumagalli, perché proprio “felice”.
Quasi a insinuare che Scicli non lo è.
“Felice è un augurio, in latino felice è facondo, che porta fortuna, che ha e porta successo”. Ma anche sacro.
Più di centocinquanta persone hanno assistito domenica sera alla presentazione del libro, autoprodotto da un gruppo di nuovi sciclitani senza alcun contributo pubblico “Scicli città felice”, o se preferite “Scicli, city of the Joy”, Scicli città della Gioia -o del Gioia?-, con prefazione di Luca Zingaretti.
Un’esperienza editoriale nata dall’amore di un gruppo di foresti che a Scicli hanno stabilito il loro buen retiro, e di amicizia con le migliori forze culturali e private del territorio.
Prima infatti l’amicizia fra alcuni intellettuali, il passaparola, l’acquisto della casa a Scicli, la mostra di Armando Rotoletti la scorsa estate sui barbieri –un successo senza precedenti-, e infine il desiderio di fare un regalo alla città, con un libro, un libro fotografico che raccoglie le testimonianze del commissario Montalbano, “pirsonalmente di pirsona”, Paolo Nifosì, Sandro Franchini, Francesca Forni, Monica Carbone, Lucia Nifosì, Giuseppe Savà e la stessa curatrice, Marisa Fumagalli.
Cosa vince di Scicli? “Vince la città, il suo tessuto connettivo di urbanistica e architettura monumentale, mai così concentrata in un centro storico raggrumato”, spiega Paolo Nifosì.
Una città in cui i giovani laureati scelgono di tornare per spendersi nella valorizzazione dei beni culturali, in cui a vincere non è il Pachino e neanche il datterino, ma il fagiolo, cosaruciaro, il cui nome predice cose dolci, dolcissime.
Rotoletti fotografa la città immortalandone il color miele, la luce autentica e penetrante, quella che costrinse il pittore Franco Sarnari, nel 1979, a indossare due paia di occhiali da sole contemporaneamente per difendersi da quei raggi.
Rotoletti guarda Scicli con gli occhi dello straniero, del siciliano scappato a Londra per trovare un lavoro e un futuro, e nella cui famiglia, arcaica e patriarcale, per parlare bisognava chiedere il permesso ai grandi. Il suo mezzo espressivo diventò perciò lo sguardo.
Una chicca, narrata a fine serata: qualche settimana fa, interrogato da un amico, il duca di Kent, Edward, primo cugino della Regina d’Inghilterra, Elisabetta II, se preferisse Palermo o Taormina per la sua imminente venuta in Sicilia, in un italiano stentato non ha avuto dubbi.
“In Sicilia? Io andrò a Scicli”.
La felice.