Modica - La casa circondariale di Modica è vuota. Gli ultimi cinque detenuti sono stati trasferiti ieri mattina. Niente sospensioni, in attesa di sapere a settembre se il palazzo di giustizia sarà utilizzato oppure se gli uffici giudiziari resteranno come oggi concentrati a Ragusa.
Oggi è il tempo di riflessioni e amarezza per un percorso di vita interrotto in itinere, in cui la direttrice, Giovanna Maltese, gli operatori e i volontari hanno creduto, e lo hanno fatto anche i detenuti e le loro famiglie. Un senso di amarezza che accresce se si pensa ai fattacci dell’altro giorno, quando gli agenti di polizia penitenziaria L.A. e C.F., entrambi 45enni e di origini modicane, sono stati tratti in arresto per violenza sessuale aggravata e spaccio di sostanze stupefacenti. Il loro interrogatorio di garanzia dinanzi al Gip di Ragusa è fissato per mercoledì alla presenza degli avv. Ignazio Galfo e Iwan Petriglieri. Nel frattempo sono ai domiciliari. Una storia che lascia allibiti coloro che hanno lavorato fianco a fianco con i due secondini e che non vogliono credere alle accuse e attendono l’esito del processo.
La direttrice preferisce non entrare nel merito della vicenda giudiziaria, puntando piuttosto a ricordare come l’eventuale grave errore commesso da qualcuno non debba inficiare il lavoro espletato fino a ieri da tutti gli altri né, tantomeno, contribuire a dare il colpo di grazia a un carcere già sul baratro, in quanto tagliato fuori nella nuova geografia che ridisegna le carceri nello Stivale. “Se questi due agenti si riveleranno essere ‘mele marce’ – dice la Maltese – allora dovranno pagare”.
Il suo pensiero corre alla sorveglianza dinamica all’interno del carcere, con giornate scandite dalle 9 alle 18 con laboratori, lavoro, corsi scolastici, palestra, sotto la vigilanza della polizia penitenziaria, con in media un agente per sezione a controllare 30 detenuti. Subito dopo, allontanando la mente dall’inchiesta, la direttrice ripensa ai tanti anni trascorsi a Modica. “Abbiamo fatto di tutto per realizzare il recupero del detenuto richiesto dalla Costituzione. Prima gli aspetti materiali, a cominciare dai servizi igienici annessi alle camere, in rispetto della dignità e della privacy di ciascun individuo, poi abbiamo guardato alla persona, instaurando un dialogo e acquistando la sua fiducia con attività trattamentali tali da permettere un graduale reinserimento nel mondo. Spero che nulla sia vanificato. Auguro il meglio a questi ragazzi”.
di Valentina Raffa
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