Comiso - Un interessante documento, sicuramente allegato ad una perorazione rivolta dal Consiglio d’Italia ad un giovanissimo Carlo II di Spagna, riemerge dai fondi dell’Archivio Storico Nazionale di Madrid. E’ copia conforme all’originale, depositato presso la Segreteria della Guerra: sezione di Terra. L’autentica reca il luogo: Madrid; la data: 14 gennaio 1682 e la firma non perfettamente leggibile.
E’ una relazione stampata, redatta da mano esperta, prodotta dallo stesso Principe Naselli e destinata al giovane re.
Alla fine del Seicento i documenti importanti, aventi come scopo l’offerta di una disponibilità a ricoprire un particolare incarico in nome e per conto della Corona spagnola, sono frequentemente stampati.
Fra questi il nostro.
La Relazione, dunque, è una memoria dettagliata dell’operato di Baldassarre Naselli y Carrillo, principe di Aragona e conte di Comiso, durante la rivolta di Messina del 1674. Un prezioso resoconto ufficiale, già in parte noto, della storia dell’isola.
Ha un immenso valore storico perché, per la prima volta, fornisce notizie certe e di prima mano su gesta spesso favoleggiate dai cronisti dell’epoca.
La Relazione sottolinea la fedeltà del Naselli alla corona spagnola e la prodigalità con le quali si distinse nell’occasione della rivolta di Messina, scoppiata nei primi mesi del 1674.
Considerevole fu, infatti, l’aiuto dato dal Nostro al marchese di Bayona nel riconquistare la città di Milazzo insorta al pari di quella di Messina contro gli spagnoli.
Egli mosse in aiuto del marchese –racconta nella Relazione- con cento cavalli e trecento fanti: un piccolo esercito, mantenuto a sue spese, che presto si ridusse ad ottantadue cavalli e a centosettantasei fanti.
Portava in dono con sé mille salme di frumento per alleviare la fame dei milazzesi, stemperando così la rabbia del popolo. Con milleduecento scudi siciliani stipendiò quanti si erano arruolati.
Liberalità e coraggio, ampiamente illustrati dal marchese di Bayona a S.M. la Regina, reggente il trono di Spagna in quell’epoca per conto del figlio minorenne Carlo. Imprese per le quali la Sovrana ebbe molto a lodarlo.
In diversa occasione Don Baldassarre aveva regalato altre duecento salme di frumento per sfamare i soldati.
Durante la rivolta di Messina, il patrizio siciliano aveva impedito che navi francesi (alle quali la città aveva chiesto aiuto) sbarcassero sul litorale peloritano. Per questo aveva arruolato una compagnia di settanta soldati a cavallo che aveva affidato, poi, al comando del figlio Stefano.
La ricompensa della corona non tardò molto a manifestarsi. Don Baldassarre fu nominato, infatti, Vicario Generale delle città di Agrigento, Naro e Licata; gli fu concessa, anche, la Sergenzia di Agrigento.
Il figlio scorrazzava, difatti, per tutto il litorale siciliano con il suo piccolo esercito, accorrendo in aiuto di quei Governatori che si trovavano in difficoltà.
Ma il Nostro osò di più. Il castello di Licata non disponeva di molte munizioni e d’imbarcazioni proprie, convinse, perciò, i licatesi a raccogliere, per poi prestarla alla Corona, la somma di ottocentosettantacinque scudi siciliani. Operazione perfettamente riuscita alla quale seguì un altro prestito di mille scudi siciliani per mettere in sicurezza la muraglia che difendeva la città.
In effetti, tre vascelli da guerra francesi erano apparsi al largo di Licata e la avevano cannoneggiata. In quell’occasione Don Baldassarre era intervenuto in soccorso dei licatesi con quattromila uomini tra fanti e cavalieri della sua Sergenzia, evitando un possibile sbarco. Il nemico, in verità, in più di un’occasione aveva tentato d’invadere l’isola dal sud senza peraltro riuscirci proprio per la resistenza valorosa dell’esercito di Don Baldassarre.
Anche agli agrigentini Don Baldassarre suggerì di raccogliere fondi da donare alla Corona spagnola per acquistare munizioni e armi. Ottocentosettantacinque scudi siciliani, infatti, furono racimolati. Con questi fondi fortificò meglio Agrigento, ma stipendiò di tasca propria con venticinque scudi mensili il Capitano d’Armi per tutto il tempo che questi impiegò nel dirigere le operazioni di difesa di quel territorio.
Nell’agosto del 1675 i francesi avevano espugnato la Piazza d’armi di Augusta, stava capitolando Caltagirone. Don Baldassarre con cinquecento uomini mosse a difesa di queste città, operazione perfettamente riuscita perché il generale d’artiglieria Don Lazzaro De Aguirre, giunto nel frattempo a soccorrerle, poté facilmente riconquistarle.
A Milazzo, intanto, continuava la carestia di frumento e le galere spagnole avevano richiesto gallette per sfamare i propri marinai.
Don Baldassarre anticipò, allora, duemila salme di frumento, di spettanza della sede vescovile d’Agrigento, non ancora provvista dell’Ordinario.
Nello stesso tempo accorse con un esercito di cinquecento cavalieri e seicentosettanta fanti in aiuto del marchese di Castel-Rodrigo impegnato a domare la rivolta antispagnola a Catania e a Taormina, rafforzando la resistenza degli abitanti di Scaletta.
Di ritorno a Catania Don Baldassarre offrì in prestito alla Corona duemila scudi siciliani per consolidare subito le fortificazioni di quella città.
Per tutte queste prodezze la Regina lo insignì del titolo di Generale d’Artiglieria e lo nominò pure Pretore di Palermo, titolo da lui dapprima rifiutato ma, in seguito, accettato per i buoni uffici della marchesa di Castel-Rodrigo.
Don Baldassarre governò la città di Palermo con molto successo,
dissuadendo i francesi da qualsiasi azione di guerriglia.
Con mille scudi, di tasca propria finanziò pure il pattugliamento della costa palermitana con galere, soffocando perciò focolai d’insurrezione per lasciare finalmente pacificati quei territori.
La Relazione termina chiamando a testimoni i Vicerè che nel frattempo si erano succeduti nel governo della Sicilia.
Comiso faceva parte della IV Sergenzia, la Sergenzia di Scicli, con 36 fanti.
Con quasi certezza Don Baldassarre fu l’uomo che suggerì al marchese di Villafranca di spostare l’esercito della IV Sergenzia da Scicli a Siracusa per tenere a freno la confusa situazione politica di quella città.
Per quest’impresa i Giurati di Scicli ottennero un encomio da parte di S.M. la Regina.
La nota fu trasmessa dal Segretario del Consiglio di Stato all’Almirante di Castiglia, conte padrone della contea di Modica di cui Scicli era territorio importante, l’11 maggio del 1679.
Rimando, per eventuali approfondimenti su questo argomento ad un mio articolo già pubblicato sul giornale on line Ragusanews dal titolo: “Scicli, la città fedele”.
La figura di Don Baldassarre Naselli giganteggia sulla piatta e mediocre nobiltà che abitava un’isola che si rivelò, presto, una vera e propria polveriera per chi, per secoli, l’aveva mal governata e oppressa con infiniti balzelli.
Questa splendida figura di sceriffo non troverà più nessun altro degno emulo nella storia siciliana.
Dopo la rivolta di Messina, soffocata nel sangue, inizia la vera decadenza della dominazione spagnola.
Gli spagnoli non riconquistarono il comando dell’isola perché erano più forti dei francesi ma perché, nel frattempo, Luigi XIV, il Re sole, aveva cambiato i suoi programmi.
La guerra di Successione al trono di Spagna, apertasi molti anni prima ancora che il fragile e debole re Carlo II morisse (1700), si profilava, infatti, all’orizzonte dell’inquieta Europa.
Il terribile terremoto del 1693 rendeva la Sicilia sempre più lontana da Madrid e più isolata.
Un altro secolo, il Settecento, di stanca dominazione spagnola ancora, l’ultimo, e poi, una nuova e malinconica avventura come provincia di un regno, il Regno delle Due Sicilie, che non avrà mai più Palermo per capitale, bensì Napoli.
CREDITI:
AHNM (Archivo Histόrico Naciona Madrid)
Antonino Carioti, notizie storiche della città di Scicli, ed. a cura di M. Cataudella, Vol. I, Comune di Scicli
Fulvio Stanganelli, Vicende storiche di Comiso antica e moderna, A. Forni, 1926
Qui di seguito la trascrizione della “Relazione”:
RELACION DE SERVICIOS DE DON BALTASAR NASELI Y CARRILLO, PRINCIPE DE ARAGON, Y CONDE DEL COMISO
AHNM ESTADO, 2191
Relacion de Servicios del Principe de Aragona
Primer pliego de la relación del príncipe de Aragona
RELACION DE SERVICIOS De Don Baltasar Naseli y Carrillo, Principe de Aragon, y Conde del Comiso
Por diferentes cartas que ha presentado, assi para su Magestad, como en que le dàn gracias los Señores Marqueses de Vayona, Villa-Franca, Castel-Rodrigo, principe Don Vicente Gonçaga, fees de oficio, y otros papeles, consta, que à imitacion de sus pasados, sirvió en el Reyno de Sicilia, desde los principios de los rumores de Mecina, hasta que las armas de su Magestad bolvieron à recuperar aquella Ciudad, assi con diferentes empleos Militares, y Politicos, como con gente que levantò de sus Estados à su costa, assi de la Infanteria, y Cavalleria para el exercito, y en donativos que hizo en tiempo de mucha necessidad, en esta manera.
Aviendo sucedido la rebolucion de Mecina à principios del año de mil y seiscientos y setenta y quatro; y pasado el señor Marquès de Vayona à la Ciudad de Melazo, para reducir aquellos vassallos, se ofreció à irle assistiendo, y derramar su sangre en el servicio de su Magestad, sacrificando al mismo tiempo toda su hazienda, à que le respondió, convenia se mantuviesse en sus Estados, para la mayor seguridad de los naturales, y que dispusiesse hazer alguna leva de gente, assi de Infanteria, como de Cavalleria, para las operaciones que se pudiessen ofrecer; y en su execucion levantò cien Cavallos, y trecientos Infantes, que puso en camino, aviendo llegado à pasar muestra los ochenta y dos Cavallos, y ciento y setenta y seis Infantes, que la demás gente se deshizo en el camino; los quales, no solo levantò, y conduxo à su costa, sino que estuvo manteniendo todo el tiempo que el dicho señor Marquès de Vayona necessitò esta gente, assi para la guarnición de Melazo, como en las Plazas de la Escaleta, y otras de la Frontera. Y aviendo llegado à su noticia se hallaba la Plaza de Melazo muy falta de trigo, llevado de su zelo al mayor servicio de su Magestad, y para exemplo de los Varones de aquel Reyno, remitió por via de donativo gracioso mil salmas de trigo de su hazienda, con que se ocurrió à esta necesidad, y reparò el daño que podía suceder à esta falta; y en ocasión que assimismo se estaba experimentando, por no aver medios con que socorrer la gente de guerra, que se avia juntado alli, remitió assimismo de donativo gracioso mil y ducientos escudos de aquella moneda, de que el dicho señor Marquès, por dferentes cartas, le dà muchas gracias. Y en una, con fecha de diez y nueve de Noviembre del dicho año de mil y seiscientos y setenta y quatro refiere, que aviendo dado cuenta à la Reyna nuestra señora, del zelo, y atención con que se governò en aquellas ocurrencias, y de los servicios que avia hecho, con gente pagada, dinero, y trigo, le mandava su Magestad, que en su Real nombre se lo estimasse, y agradeciesse, assegurandole quan de su Real agrado fue, y que tendría presente este merito tan particular, y tan correspondiente à sus grandes obligaciones en todas las ocasiones que se ofreciesen de su mayor satisfacción, y conveniencias.
Assimismo en otra ocasión, que se hallaba el Real Patrimonio muy falto de medios para comprar trigo para hazer pan de municion para la gente, remitió por via de donativo otras docientas salmas de trigo, (Segundo pliego de la relación del Principe de Aragon) continuando su zelo al mayor servicio de su Magestad; y con motivo de aver los Mecineses llamado las armas de Francia en su defensa, y llegadoles socorro de Vageles, y conviniendo para resguardo de aquel reyno elegir sujetos de autoridad, experiencia, y valor, que cuidasen de la seguridad d’èl, mayormente en los Puertos de Mar, para impedir el desembarco; le nombrò al dicho D. Baltasar Naseli por Vicario General en las Ciudades de Girgento, Naro, y Licata, y toda la Sargentia Mayor de Girgento. Y aviendose conferido à exercer este puesto, tuvo considerables gastos, para mantenerse con la decencia que pedia este empleo, teniendo particular cuidado en el gobierno de dichas Plazas; y por lo que se pudiesse ofrecer, levantò una Compañía de Cavallos à su costa, para impedir las invasiones de los enemigos, que se formò de sesenta Soldados montados, empleando a su hijo primogénito, D. Estevan Naseli Conde del Comiso, por Capitan de ella, y sustentandola a su costa; sin omitir ningún gasto, por el mayor servicio de su Magestad, quietud de aquellos vassallos, y defensa de aquella Marina; socorriendo à los Governadores de aquellas Plazas, para que se pudiessen mantener en el Real servicio. Y hallandose el Castillo de Licata desproveido de bastimentos, y municiones, y muy mal paradas las caxas de la Artilleria, siendo un puesto de mucha consideración, solicitò con los vecinos de aquella Ciudad, sirviesen con ochocientos y setenta y cinco escudos, por via de préstamo, respeto de la falta de medios con que se hallaba la Regia Corte, lo qual consiguió, y se puso el Castillo en defensa, y montò la Artilleria que avia, y otras ocho piezas que se añadieron, con que se assegurò aquel puesto, que fue muy del servicio de su Magestad, poniendole en toda defensa; y assimismo las murallas de la Ciudad, y artillería de ellas con otro emprestamo que solicitò de los vecinos, de mil escudos, con que se pudo acudir à esta necesidad, como con efecto se experimentò; pues aviendo pasado à aquellas Marinas treze Vageles de guerra de Francia, y acañoneado la Plaza, se le resistió valerosamente, y passò el dicho Don Baltasar con quatro mil hombres de à pie, y de à caballo de los de su Sargentia Mayor para oponersele al desembarco; y con este socorro desistiò el enemigo del intento, aviendo recibido mucho daño, como lo experimentò en otras muchas ocasiones que intentò con toda la Armada arrimarse à esta plaza, y à la de Girgento, en que procurò siempre juntar la gente para su oposición, como lo logró, assi con los de la Sargentia Mayor, como con sus vassallos, y Cavalleria que tenia alistada, en que consumió mucha hazienda para socorrer los Cabos, y otros Soldados que le asistieron, todo porque se executasse con promptitud lo que convenia al mayor servicio de su Magestad; y para que se pudiesse proveer de todos los pertrechos de guerra que necessitava la Ciudad de Girgento, solicitò un donativo de ochocientos y setenta y cinco escudos, con los vecinos de aquella Ciudad, que le hizieron, y se pudo lograr su intento; y por exercitar mayor fineza en el Real servicio, y que el Capitan de Arma de Girgento estuviesse bien assistido con su sueldo, se le señaló, y pagò los veinte cinco escudos al mes, que tenia, de su propria hazienda, todo el tiempo que assistiò en aquella Plaza. Y aviendo por Agosto del año de mil y seiscientos y setenta cinco, tenido aviso, que el enemigo se avia apoderado de la Plaza de Agusta; y considerando quan expuesta estaba de perderse la de Calatageron, acudió por su persona, y quinientos hombres para su defensa, que consiguió con satisfacción, aviendose detenido en este parage mucho tiempo à su propia costa, y sustentando la gente, hasta que passò el General de la Artilleria D. Lazaro de Aguirre à cubrir aquella frontera; y hallándose las Galeras faltas de vizcocho, y la Ciudad de Melazo sin ningun trigo, por mayor servicio de su Magestad, adelantò dos mil salmas de trigo de las que avian de entrar en la sedevacante del Obispado de Girgento, sin ningun resguardo, solo con la mira de hazer este nuevo servicio. Y aviendo passado el señor Marquès de Castel-Rodrigo à la Ciudad de Catanea, para oponerse à los movimientos del enemigo, tuvo orden para conferirse en aquel sitio con la mas gente que pudiesse juntar, lo qual hizo con quinientos Cavallos, y seiscientos y setenta Infantes, y se le diò orden para unirse con el General de la Cavalleria Don Diego Bracamonte, y pasaron à recuperar la Plaça de Taormina, y dar calor à los de la Escaleta, en cuya ocasion peleò muy conforme à sus grandes obligaciones, exponiendo su vida por el servicio de su Magestad; y no obstante que en dicha ocasion gastò sumas considerables, por mantener su gente, aviendo vuelto à la Ciudad de Catanea, y viendo, que las fortificaciones que se avian designado para su custodia, no se podían executar, por la falta de medios, diò à la Regia Corte, por via del prestamo dos mil escudos, que le avian quedado de todo su caudal, porque no se omitiesse ninguna diligencia en el servicio de su Magestad. En cuya consideración, y de aver servido veinte años entre la Infanteria Española de aquel Reyno, le hizo su Magestad merced de Titulo de General de la Artilleria, nombrandole por Pretor de la Ciudad de Palermo, que aunque se escuso, por los motivos que entonces representò, aviendole insinuado la Marquesa de Castel-Rodrigo, que servia el interin de aquel Virreynato, convenia al servicio de su Magestad, lo aceptasse, lo hizo con igual promptitud, trabajando con la celeridad que hasta entonces; assi en lo Politico, como con la venida à aquel Puerto de la Armada Real, por la sospecha que avia, de que la de Francia avia de passar à combatirla allí, procurando, que entre los naturales huviesse mucha quietud, y que no se alterassen los bastimentos, por depender d’este buon gobierno el sossiego de aquella Ciudad, y de todo el Reyno; en cuya ocasion, y para que pudiessen salir las Galeras à limpiar la Costa, y demás ocurrencias que se ofrecieron, diò de donativo gracioso mil escudos, procurando que al tiempo que acabò el año de su gobierno, quedasen aquellos naturales con toda quietud, solicitando depusiesen las armas, y dexassen los bastimentos, y Artilleria, de que se avian apoderado; que fue uno de los particulares servicios que executò, y en que trabajò mucho. Todo lo qual califican los señores Virreyes, por las cartas que han presentado, fees de oficio, y recibos de los donativos que ha hecho, y todos conformes, en que su Magestad debe premiar tan particulares servicios de este Cavallero.
Sacòse de los papeles originales que presentò en la Secretaria de Guerra, arte de Tierra. Madrid à ocho de Enero de mil y seiscientos y ochenta y dos años.
Conquerda con la original que queda en la Secretaria de la Guerra, parte de Tierra. Madrid 14 de Enero de 1682
Don Geronimo de Oballe (?)
© Foto Carlo Giunta
Tutti i diritti riservati su foto e testo