Attualità Scicli

Scicli. Dove sta Zazà?

Quando la felicità diventa singhiozzo

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Scicli - C’è un triangolo a Scicli, lungo il colle di San Matteo, dove vivono tre persone straordinarie: lo scrittore Marco Steiner, il filosofo Giorgio Agamben e donna Stella Savà.
I primi due intellettuali –Agamben definito dal Times una delle 10 teste pensanti più importanti al mondo-, la terza popolana che al loro arrivo in città si preoccupa di cucinare una cotoletta, una fetta di carne, per i vicini di casa, e avendo paura di disturbare si limita a posare, con ingenuità, il piatto ancora caldo sul davanzale della casa di Marco.
Più ritrosa è Stella con Agamben, perché da lei ritenuto “strologo”, troppo sfuggente e dalla poca confidenza.

Cosa manca a Scicli per essere serena?

Manca la distinzione dei ruoli, la capacità di stare al proprio posto, interpretando la scena che il teatro della vita ci assegna di volta in volta con consapevolezza.
Capacità di cogliere la crisi, di interpretare i momenti decisivi, quelli in cui si prendono cioè le decisioni.
Visione, prospettiva, direzione da prendere.
Gli inglesi usano un termine bellissimo: governance. Capacità di governo. Governo dei processi formativi della nuova classe dirigente, governo dell’economia, delle strategie di sviluppo.

Un lampo, un affresco, nella Napoli del dopoguerra.

Dentro c’è la festa, potrebbe essere quella del Cristo Risorto, in cui Stella dona i petali di rosa al Gioia di Scicli, la banda, la folla di Vinicio Capossela.
Un popolo un po’ stordito torna a sperare.
Due sillabe: potrebbero essere l’onomatopeico Zum Zum dei piatti d’orchestra.
La città conosce gli incendi alle auto, il racket della droga e dei manifesti, della nuova mafia che sciclitani allibiti leggono nelle intercettazioni.

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C’è una città che nessuno vuole raccontare e vedere, che parte dalla sopravvivenza, diventa sistema di vita, una città tormentata.
E poi c’è il triangolo d’oro di Agamben, Steiner e Stella.

Di cosa ha bisogno Scicli oggi?

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Ha bisogno di speranza, di ricostruire fiducia nel domani.

Avendo coscienza dei propri bubboni, delle radici che alcune famiglie di delinquenti hanno prodotto e riprodotto.

C’è angoscia in città. Delusione nel mancato rinnovamento generazionale, paura di ritornare indietro, ora che il trenino turistico ci ha dato la certificazione di luogo attraente, c’è un’invocazione e un interrogativo inquietante.

Cosa ha fatto Scicli per ricadere nei suoi errori?

Una canzone allegra, spensierata, può a volte, come una comunità, diventare un singhiozzo amaro che chiude un'altra epoca cruciale.

L’inno di corale allegria per un successo, l’Unesco, Montalbano, fra poco Ficarra e Picone pronti a girare a Scicli, diventa un urlo di solitudine.
La folla, il consenso c’era, non c'è.
I due volti di Scicli si sovrappongono, saper ridere, ma dover piangere, aspettando il momento culminante del finale travolgente.


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