Cronaca Chiaramonte Gulfi

Tentata strage. E intanto Chiaramonte brucia

Le colpe del piromane, quelle delle istituzioni



Chiaramonte Gulfi - La foto di Fabrizio Savasta è quanto di più duro uno stomaco possa digerire. 

Lo sguardo perso nel fuoco di due chiaramontani che vedono la pineta, cento anni di storia della città, e forse, a breve, nel momento in cui lo scatto è stato fatto, la loro stessa casa, bruciare. 

Brucia Chiaramonte, e la catena di comando che avrebbe dovuto salvare la città non ha funzionato.

Già, ma cosa è la catena di comando? E' quella sequela di telefonate che un sindaco, col proprio ufficio di protezione civile, fa alla Prefettura, al Dipartimento regionale di Protezione civile, alla Protezione civile nazionale. Ciascuno in questa catena ha un ruolo e una responsabilità. Male. Questa catena non ha funzionato.

Ragusanews, grazie a Irene Savasta, ha dato subito notizia dell'incendio. Sottovalutato. Con colpa. 

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I canadair sono arrivati da Roma, tardi, tardissimo. Quando il fuoco aveva ucciso gli animali delle fattorie Tumino e Cascone, quando stava divorando vivi gli uomini che in quelle fattorie vivevano. 

L'incendio di Chiaramonte è doloso. E ad appiccare il fuoco è stato qualcuno che conosce la pineta, sa come scappare, quali sono i sentieri. 

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Qual è l'ipotesi di reato davanti a cui il colpevole dovrà rispondere? Il nostro giornale ha una sua posizione. Il reato è di tentata strage. Perchè chi ha agito ha tentato di uccidere persone. Non di bruciare alberi, ma di uccidere persone, bruciare le loro case, distruggere una cittadina bellissima, che tutto il mondo invidia agli iblei. 

Questo è successo. 

Ma esiste una responsabilità istituzionale evidente. Dal più basso al più alto anello della catena di comando, ciascuno declini le proprie responsabilità. Dica cosa ha fatto, chi ha alzato le spalle, chi ha detto: "Mi spiace, non possiamo farci nulla".

Lo vogliamo sapere. Perchè chi ha sbagliato, in questa catena, deve pagare. 


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