Cultura Santa Croce Camerina

Il bagno pubblico di Mezzagnone

L'interessante relazione di ieri del Sovrintendente Giovanni Di Stefano

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Santa Croce Camerina - “Hamman qbel Jamaa” significa, letteralmente, l’hamman (cioè il bagno pubblico) prima della Moschea. Parrebbe una offensiva invenzione degli occidentali e invece è uno dei più importanti proverbi, modi di dire, parola comune nella civiltà musulmana.

Significa, in parole scarne, che il bagno, quindi le abluzioni rituali, vengono prima della moschea, ovvero del luogo di culto vero e proprio, dove si va a pregare. Per il musulmano la moschea è potenzialmente ovunque, qualunque posto dove poter pregare Dio. Ma per poterlo fare deve prima necessariamente nettarsi, dare luogo all’abluzione rituale, al bagno nell’hamman.

In tutta la Sicilia esistono solo due antichi hamman arabi, laddove per antico si intende della epoca araba, di quei quasi due secoli durante i quali i califfi governarono l’Isola. Uno dei due hamman, quasi perfettamente conservato, è in contrada Mezzagnone a Santa Croce Camerina.

Una vicenda molto particolare, quella del bagno dell’antico Casale Sancti Crucis, raccontata dall’archeologo Giovanni Di Stefano, Direttore del Parco archeologico di Kamarina, nell’ambito delle conversazioni estive volute da Giuseppe Agnello, assessore ai Beni Culturali di Santa Croce, nello scenario suggestivo di quella che è sempre stata Piazzetta Torre a Punta Secca, ma ormai diventata, vox populi, Piazzetta Montalbano, perché vi insiste la casa che nel film televisivo ospita il celebre commissario di Camilleri.

La genesi stessa di quel monumento che in zona è sempre stato appellato “u vagnu a mari”, che dimostrava da se l’originale destinazione della costruzione, è affascinante. “Abbiamo verificato che si trattava di un bagno termale di epoca araba, quasi certamente posteriore all’anno 852 – ha spiegato Di Stefano – ma realizzato, adattato, all’interno di un monumento ben più antico. Dagli scavi recenti, e dall’approfondito studio delle misure e delle caratteristiche costruttive del monumento, abbiamo definitiva stabilito che si trattava di una tomba, di un mausoleo di una famiglia evidentemente molto importante, e soprattutto di epoca Gota, databile cioè, con poca approssimazione, a poco dopo il 553 dopo Cristo. Gli arabi lo adattarono a terme scavando il pavimento dei due principali ambienti dove facevano arrivare l’acqua a diverse temperature per creare un perfetto “tepidarium” ed un altrettanto funzionale “caldarium”, entrambi preceduti da uno spogliatoio il cui accesso laterale avrebbe dovuto subito far capire che non poteva trattarsi di un edifico sacro, come invece aveva stabilito a fine 800 il più grande archeologo italiano, Paolo Orsi”.

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Quell’errore commesso da Paolo Orsi centoventi anni fa, venne perpetuato da Biagio Pace e dallo stesso Giovanni Di Stefano, complice la pianta a croce latina dell’immobile e soprattutto perché, è giusto precisarlo, nonostante alcuni fondamentali indizi (a muovere dal nome dialettale, appunto “vagnu a mare”) facessero propendere per l’attribuzione della costruzione agli hamman arabi, la parola di Paolo Orsi era, nell’ambiente archeologico siciliano, insindacabile. Quello di Mezzagnone è stato infatti l’unico errore nella lunghissima carriera del roveretano.

 


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