Madrid - In risposta alla richiesta fattagli dal Signor Inquisitore Lorenço Flores, Visitatore Generale del Regno di Sicilia, il segretario del Tribunale dell’Inquisizione di Palermo, Dottor Francesco de Arguello, in data 18 dicembre del 1611, gli inviava copia di una relazione contenuta in un processo a carico di Don Hercule Statella, familiare del Sant’Uffizio nella
Terra di Spaccafurno.
L’Inquisitore Flores aveva messo sotto accusa alcuni giudici del Sant’Uffizio palermitano e ne stava esaminando l’operato.
Uno dei processi che richiamò l’attenzione del Flores fu proprio quello intentato contro lo Statella.
Il segretario riassume nella sua relazione i fatti, oggetto di diverse denunce sporte contro quest’uomo.
La prima era stata presentata il 5 settembre del 1597 da Stefano Cottone, portiere del Delegato del Sant’Uffizio nell’esercizio delle sue funzioni.
Il Cottone si era recato al domicilio di Don Hercule per delle notifiche e quest’ultimo lo aveva malmenato.
Lo stesso giorno i giudici avevano deciso di svolgere un’accurata indagine.
Intanto presso il Tribunale di Palermo, in data 28 luglio 1597, Giuseppe Colletilio e Luigi de Bernardo, due commissari esecutivi del Sant’Uffizio, avevano depositato un’altra denuncia analoga contro lo Statella per agguato con percosse.
Lo accusavano, infatti, di averli convocati presso il suo domicilio, non appena era stato informato del loro arrivo; di averli aggrediti con l’aiuto dei servi a morsi e pugni in faccia fino a rompere loro il naso, dopo aver chiuso opportunamente le porte di casa; di averli anche insultati apostrofandoli cornuti e ladri.
A nulla erano servite le implorazioni delle donne della casa e dei vicini.
Quando Don Hercule finalmente aveva desistito dal menarli, aveva chiamato un notaio per far ammettere da loro un debito che in realtà non avevano contratto: li minacciava che, nel caso in cui non lo avessero onorato entro otto giorni o fossero tornati per fargli delle ulteriori notifiche, li avrebbe uccisi.
Il 9 agosto del 1597 scattarono gli interrogatori di alcuni testimoni fra i quali anche un Mariano Statella (fratello di Don Hercule?).
Il 18 novembre fu interrogato don Hercule stesso che, ovviamente, negò tutto dando una versione dei fatti a lui conveniente.
Il 5 marzo del 1598 il processo fu, comunque, archiviato dall’Inquisitore Llanes, ora indagato dal Flores, fra gli atti dei processi de fe “ad omne mandatum santi offizi”.
Il secondo documento mandato a Madrid da Francesco de Arguello riguarda una comunicazione fatta dal Capitano di Giustizia di Noto il 17 ottobre del 1608 a carico di Matteo de Polito, Giuseppe de li Botti, Pietro Farachi, rapinatori, quest’ultimo anche condannato a morte, dopo essere stato torturato come gli altri due.
Durante la tortura, il Farachi aveva confessato che il vero mandante dei furti e delle rapine era, in effetti, proprio Don Ercole Statella, al quale andava una parte del bottino. Per tale motivo l’uomo aveva loro garantito la protezione del Capitano di Giustizia e, in caso d’arresto, l’annullamento o la revoca di qualsiasi sentenza.
A quanto pare l’Inquisitore Llanes aveva di nuovo archiviato tutto.
Gli anni nei quali avvengono questi fatti sono anni molto importanti per la famiglia Statella, da qui la veemenza di Don Hercule nel trattare alcune pendenze.
Ma il Don Hercule, familiare del Sant’Uffizio, accusato in questi processi è figlio di donna Isabella Caruso y Moncada e di don Francesco o è, invece, un suo discendente?
Se fosse il primo, si tratterebbe di un uomo che eredita dal padre una storia fatta di antenati illustri e di forti interessi nel giro delle segrezie siciliane; che eredita dal nonno materno Antonello la baronia di Spaccaforno, oggi Ispica.
Dalle relazioni inviate al Flores, emerge un ritratto a dir poco sconcertante del Don Hercule indagato.
E’ un uomo violento e sanguigno, sprezzante delle leggi e dell’ordine costituito, forte della familiatura del Sant’Uffizio che lo rende pressoché intoccabile.
Il processo, intentato presso la Regia Gran Corte dal marchese Pietro D’Afflitto di Palermo avente per oggetto “actione revendicatoria sopra la petitione della Baronia di Spaccafurno”, racconta con certezza il primo Don Hercule Statella.
Il 17 maggio del 1548 tale processo si era concluso, intanto, sfavorevolmente per la famiglia Statella.
Su cinque giudici del collegio giudicante, infatti, tre si erano espressi a favore del D’Afflitto e solo due a favore di Donna Isabella Caruso, madre del Nostro. La causa si era data per sentenziata e conclusa, dunque.
Nonostante tutto, Don Ercole non aveva alcuna intenzione di cedere la baronia e, forte della sua arroganza, aveva continuato ad insistere nel suo possesso riuscendo a mettere a tacere il vero erede.
Il 6 ottobre del 1548, in effetti, Don Ercole faceva ribaltare la precedente sentenza di maggio, strappando al Vicerè del tempo, complice il Tribunale della Regia Gran Corte di Palermo, un ordine che imponeva “pro modo silentio” al vincitore.
Aiutato da un provvidenziale decesso dell’Afflitto a causa del quale gli eredi non provvidero incautamente a tempo all’impugnazione in appello di tale curioso provvedimento, insabbiò ogni azione successoria promossa in seguito dalla parte avversaria e così pure fecero i suoi aventi causa.
La guerra vera e propria, però, si scatenò senza risparmio di colpi bassi soltanto nel 1619, soprattutto durante la signoria di Francesco Statella.
Ho ritrovato presso l’Archivo Histόrico Nacional di Madrid il faldone con gli atti della lite.
Ho selezionato da tutto il consistente malloppo i documenti che ritenevo significativi per la ricostruzione della tormentata vicenda e qui di seguito ho pubblicato la loro trascrizione.
Da queste antiche carte si possono ricostruire, attraverso le accuse della controparte, gli intrighi e le corruzioni messi in atto dagli Statella per conservare la baronia, dopo trasformatasi in marchesato per privilegio concesso da Filippo III a Francesco Statella con decreto emesso da San Lorenzo de l’Escorial il 9 giugno del 1599 (AGS -L. 950 - 237).
Non ultimo il matrimonio strategico di Don Antonio Statella y Caruso di Spaccafurno, figlio primogenito del marchese Francesco, con la figlia di Gio Francesco Rao, Presidente della Giustizia nel Regno di Sicilia.
Lascio agli studiosi della Famiglia l’esame approfondito di tali testimonianze ma insisto sulla domanda legittima: Don Hercule Statella, figlio di donna Isabella Caruso è lo stesso uomo indagato alla fine del Cinquecento dal Sant’uffizio?
A conclusione della causa, il 25 settembre 1627 proprio Don Antonio scrive da Spaccafurno al suo procuratore legale avvocato Rocco Pesce di Palermo il seguente biglietto:
“E quando per dimensioni della causa farà bisogno di danari potrà farseli pagare da codesto segnor Ricevitore chi subito procurarò inviarli la rimessa per via di Malta di Palermo o Messina chi subito le saranno capitate. Del resto altro no mi ricorre se no di nuovo raccordavali li bisogni chi tiene la causa d’essere diffesa di continoa assistenza e d’ogni calore chi faria dille cose proprie. ”
Il 15 gennaio del 1628, in effetti, l’arringa di Rocco Pesce sarà trasmessa al Dottor Juan Baptista Valenzuola Velasquez, uno dei Regentes del Supremo Consejo di Madrid, commissario nominato della causa.
Anni prima, per l’esattezza in data 5 ottobre 1623, il marchese Don Francesco, era riuscito tuttavia a strappare al Re Filippo IV delle lettere per le quali il Sovrano “via recognoscendi” lo additava come legittimo erede del marchesato.
La causa, allora, sottratta alla Regia Gran Corte del Regno di Sicilia e avocata al Supremo Consejo de Estado di Madrid, sarà da quest’ultimo organismo definitivamente sentenziata il 18 giugno del 1630 a favore del marchese Don Antonio “per rispetto alla volontà del Re, giudice indiscusso delle cause feudali”, volontà in precedenza espressasi con chiarezza nelle lettere del 1623.
Si mise così la parola fine, in una maniera a dir poco disonorevole, ad un secolo di contese che vide coinvolti esponenti della più alta aristocrazia isolana e la stessa Monarchia Spagnola.
Della famiglia Statella, oggi non rimane purtroppo nessun discendente diretto forse a conferma dell’antico adagio secondo il quale “la farina del diavolo prima o poi va tutta in crusca”.
Trascrizioni
Relacion del processo de Don Hercule Statella, familiar del santo Offizio in la terra de Spacafurno
(C’avalo que dice Hoyo en la depussion que hiço ante el señor Marquez contra Llanes a folio 9)
En el primer processo, ay una informacion suelta recivida por un delegado del santo offizio in la ciudad de Plaza a 5 de settiembre de 1597 contra don Hercule Statella por seguido de una resistencia notable hecha a Estevan Cottone portero del dicho delegado en el exercicio de su officio.
Consta, por su dicho, que le maltrato yendo a yntimarle una injuncion de orden del dicho delegado, y dos testigos lo dizen de oidos del dicho portero.
Proveyose a diez de settiembre de mil y quinientos y noventasiete que se reciviesen de nuevo las informaciones y se cumpliesen por el mismo delegado.
Ay en el processo principal otra informacion recivida por el Tribunal del santo officio en Palermo a 28 de julio de 1597 contra el dicho don Hercule Statela por seguido de un ynsulto apostado, hecho a Joseppe Colletilio y Luis de Bernardo, comissarios executivos del santo officio con effusion de sangre.
Pruevase por la relacion del mismo Colletilio comissario la qual contiene que haviendo ydo a la ciudad de Plaza en compañia del dicho Luys de Bernardo con ciertas letras observatorias de una interlocutoria dada por el tribunal del santo officio contra el dicho Hercule Statela, los havia embiado a llamar y encerrado en su casa y los maltratò dandoles muchos moxicones y puñadas en la cara y les rompiò las narizes haziendoles salir mucha sangre y que despues echo mano a una daga y un criado suyo a una espada y un esclavo tomo un palo injuriandolos cornudos ladrones maltratandolos y amenazandolos que si otra vez llegavan a su casa los havia de hazer matar. Y que despues de haverlos tenido quatro horas encerrados maltratandolos y echando la gente que venia a ayudar le pidio la comission y poder que llevava y mandò llamar a un notario ante el qual le hizo otorgar una obligacion de nueve onças confesando de haverla recivido de mano del dicho Don Hercules para bolverselas dentro de ocho dias.
Con esto les abriò las puertas y los dexo yr. Lo mismo declara el dicho Luis de Bernardo y otros dos testigos exponen haver oydo dezir en la ciudad de Plaza publicamente que don Hercule Statella havia embiado a llamar a su casa a Joseppe Colletilio y Luis de Bernardo comissarios executivos del santo officio y los maltrato dandoles de palos y puñadas y les havia rompido las narizes.
Proveyose a 30 de julio de 1607 que el señor Inquisidor Llanes que compleant por delegatum.
En virtud d’esta provista se recivio otra ynformacion en Plaza por un delegado del santo offizio a 9 de agosto de 1597 por la qual consta con un testigo de vista y otros de oydos que el dicho Don Hercule Statella maltrato a los dichos comissarios en su misma casa con un palo, y otros dizen que oyeron quexar a los dichos comissarios quando eran maltratados diziendo que havia sido a traycion por haverlos embiado a llamar a su casa y que la gente ò mugeres d’ella dezian no mas no mas. Del contrato o scriptura dizen tres testigos que le hizo hazer la carta de pago a cumplimiento de cierta cantidad de dinero que havia de haver el dicho don Hercules, copia del qual esta en el processo. Y el notario ante quien se otorgo añade que el dicho de Bernardo le dixo que el dicho don Hercules le havia dado una puñada en la cara. Vista esta ynformacion por el señor Inquisidor Llanes proveyo a 6 de noviembre de 1597 quod subeant carcerati.
A 18 de noviembre 1597 fue ynterrogado don Hercule Statella y confiesa que conoce a los dichos Colletilio y de Bernardo por haverles encomendado una cobranza suya y que la diferencia que tuvo con ellos fue por haverse quedado con parte d’ella por lo qual le havia hecho hazer una obligacion en su casa haviendo venido a ella sin llamarlos y que sobre esto hubo algunas vozes mando cerrar las puertas porque tenia en su casa una ama que dezian estaba spiritada y nega lo demas.
Assi mismo confiessa que conoce a Estefano Cotone el qual le havia dado un dia una poliza sin dezirle otra cosa y que sin leerla se la havia puesto en la faltriquera pensando que burlava como lo solia hazer y que luogo havia venido a presentarse en el santo officio y negado demas.
Mariano Statella y Francisco Laferla que tambien fueron interrogados, niegan en sus confessiones.
A 18 de enero de 1598 se proveyo quod repetant citato, Don Hercule Statella, ex quo ad informationes receptas die 5 septembris 1597 de resistentia in personam Stephani Cotoni porterii, compleant entrepretando citato dicho de Statella.
Y a 9 de março 1598 se proveyo por el señor Inquisidor Llanes, conservense en informes de fe presentando ad omne mandatum santi offizi
El segundo processo contiene la copia de una ynformacion que se hizo en la ciudad de Noto por el capitan d’ella a 17 de octubre de 1608 contra Pedro Farachi, Mateo de Polito, Joseppe de li Botti y complices de ladrones y salteadores de caminos los quales fueron atormentados y el Pedro Farachi condenado a muerte, el qual en su tormento confiesa y dize que su fautore y favorecidor a quien davan parte de los hurtos que hazian eran don Hercules Statella el qual los havia hecho hazer provisionados del capitan con esperança de que quando fuesen presos por la justicia los haria soltar y que si la coyuraccion de un muchacho llamado Diego Capello (por la qual fue condenado a muerte) saliera bien. El dicho Don Hercule havia de llevar su parte por que asi lo havian concertado con el dicho Don Hercule Statella su premerecedor. // Y asi lo ratifico con su confession.//
Ay una nota del acto de remission que d’esta causa se hizo por el Tribunal de la Gran Corte al santo offizio que dize, die 8 julii 7ª ind. 1608 fuerunt presentes copie informationis contra don Herculem Statella tantum, transmisse ad Tribunal santi officii de mandato spectabilis de Trabreco judiciis, referente Heronymo Recalmuto alguazirus. Vigore actus remissionis penes acta Magne Regie Curiae die 13 maij 7 ind. 1609 inde &a
A 22 de deziembre 8 ind. 1609 proveyo el señor Inquisidor Llanes quod compleant y no parece que ay otra provista en esta ynformacion/ ni en el processo como mas largamente consta por el a que me refiero.
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Esta relacion fue sacada de los processos originales por orden y mando del muy illustre y realisimo Señor Inquisidor licenziado Lorenço Flores, Visitador d’esta Inquisicion con los quales concuerda en sustancia. En Palermo a diezocho de diziembre de milyseiscientosyonze.
por mi Francisco de Arguello, secretario.
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Questi documenti fanno parte, invece, della lite per il marchesato.
El Rey
Illustre Duque mi Virrey etc. por parte del Marques de Aflicto me ha sido presentado un memorial del tenor siguiente. Signore. Marchesi d’Afflicto, Caruso della Citta di Palermo dice a V.M. che il quondam Pietro d’Afflicto e Caruso suo proavo patrono nella R.G.C. di Sicilia domanda la Baronia al presente marchesato di Spaccaforno alla quondam Donna Isabella Statella, è compilato il processo detta di Statella ottenne lettere della Maestà di Carlo Quinto di felice recordatione che detto processo venisse in questo Supremo Consiglio via recognoscendi, si come per essecutione di dette lettere fu trasmesso detto processo unà cun li voti di ditta R.G.C. come è solito in le cause feudali quali essendo riconosciuti dal Supremo Consejo foro da nuovo rimandati in detto Regno di Sicilia, in le quali si pronunciao la sentencia contra detto D’Afflicto a 6 de octubre 1548 della quale detto Pietro d’Afflicto né apellao in lo Tribunale del Consistorio del detto Regno di Sicilia dove seguiò detta causa e incluso il processo il quale restao indecisso, et havendo al presente successo esso espediente e volendo far decidere detta causa contro Don Francesco Statella in devito possidente di detto Marchesato sen quanto li suoi curatori ad litem per la sua lasitancia, si trova che detto Don Francesco Statella have impetrato lettere ass.te ptente “observatoriali” d’altri, assi lettere anticamente ottente di “trasmetersi” un’altra volta via recognoscendi detta causa al detto Supremo Consejo come quelle datte allo ultimo de Dicembre 1619 quali assi lettere oltre che foro etc. sono sobretitiae per no se avere expresamente factto mentione di essere stata detta causa transmessa ad instancia di detta quondam Donna Isabella anteccessora di detto Don Francesco convento, è decissa è per tal causa dette assi lettere non s’asseguero ne observero in quel Regno non dimeno saria non solo di molto detrimento ad esso Suplicante perche si dilataria la expeditione di detta causa per molti anni con inoperabili interessi e spesse del Suplicante ma ancora è contra li capitoli e privilegij di detto Regno di Sicilia per li quali si proibisce l’extractione delle causse di detto Regno, è benche nelle causse feudali s’habbia observato di venire in questo Supremo Consiglio via recognoscendi non dimeno havendo venuto una volta in questo Supremo Consiglio via recognoscendi ad instantia della su detta Donna Isabella non devono da novo ritornare soto le istesso remedio ad instantia di detto Don Francesco rappresentante la persona di detta Donna Isabella tanto più che così in altre causse s’have observato e per le su dette etc altri ragioni ad instancia dell’esponente dette assi lettere come sopra ottente per detto Don Francesco Statella sono state mandate ad officio in anti li Giudici in causa suprema de che non si esseguisseano in detto Regno etc, al presente detta causa, seu articulo pende indeciso e spera che si habbia di decidere in favor suo conforme e di giusto, e perche se li puotria fare qualche dificolta che non spetta alli suddetti giudici in causa di recognoscere se le dette assi lettere si deveno esseguire si vel nè ricorre percio l’esponente a V.M. e la suplica che sia servita ordinare che non obstante le su dette lettere detta causa si espedisca in lo detto Regno di Sicilia etc. almeno che in detto Regno si recognozca se dette lettere sono de giusticia conforme alli Capitoli di quel Regno etc se si deveno esseguire si vel né non obstante la pendentia di detto articulo sobre la esseqtione di dette lettere è que fra questo mentre si trovasse decisso vl altissimus.
Y porque no se deve permitir que ninguno reçiba agravio, os encargo y mando proveays y deis orden que cerca de lo que el suplicante refiere en el inserto memorial se le administre breve y entero cumplimiento de Justicia de manera que con brevedad y efecto consiga la que tuviere que assi conviene a su recta administracion y procede de mi voluntad. Dato en Madrid a catorce de septiembre de MDCXXj
Yo el Rey
Con señal del Conde de Venavente
Visto Caymus Regens
Visto Montoya de Cardona Regens
Visto Don Petrus de Corsetus Regens
Visto Hiristor Regens
Visto Carolus de Tapia Regens
Visto D. Philippus de Haro Regens
Aguirre secretarius
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Señor primo mi Virrey lugarteniente y Capitan general. De parte de Don Francisco Statella y Caruso de Spaccafurno me ha sido presentato un memorial del tenor siguiente. Signore. il Marchese di Spaccafurno Don Francisco Statella e Caruso del Regno di Sicilia dice che havendose il quondam Petro d’Afflicto novanta anni seno indirizzato nel Tribunale della Gran Corte del detto Regno contra la quondam Donna Isabela Statela, e Caruso baronessa di Spacafurno sopra la petitione di detta Baronia furono da parte di detta Donna Isabela ottenute letere reali in forma che si dovesero trasmettere li atti e processo di deta causa feudale una con li voti et giustificazioni delle Giudici in Causa al Supremo Consiglio et cossi fu executo, poi che havendose votata la causa per cinco Giudici, tre di voto in favore di detta di Afflicto actrice, et li dui di voto contrario in favore della detta Donna Isabella conventa revocando li detti tre voti che per essere la maior parte facevano la decisione in favore di detta quondam di Afflicto, et havendose remesso deta decisione alla Gran Corte in virtù di lettere reali date in Vagliadolid à 17 di Maggio 1548 fu in conformita et executione di quelle letta la sententia nel detto Tribunale della Gran Corte, per la quale fatta relatione al Vicerre di quel tempo fu detto che s’imponesse perpetuo silentio al detto Afflicto actore, et la detta Donna Isabella conventa fosse liberata della detta petitione con haverse reservato le ragioni al quondam don Hercule Statella figlio della detta Donna Isabella in alio Juditio sopra le cosse per esso demandate contra la detta sua madre, conforme per detta sententia pronunciada à 6 di octubre 1548. Appare, dalla quale havendone d’esta quondam di Afflicto appellato al Tribunale del Consistorio del deto Regno si introdusse il processo, et proseguio la detta causa di appellatione con havere dato li termini pero non si devenne acogliere il processo ne si passò più in ante et tra questo mentre da parte di detta Donna Isabella, et anco del detto Don Hercole Statella suo figlio per il suo interesse furono ottenute altre letere reali per li quali si ordinò che la detta causa di appelatione prima che si devenisse alla decisione et publicatione si dovesse trasmettere con li voti et giustificazioni informa a V. Maiesta et suo Supremo Consiglio come diffusamente appare per dete letere date en Vagliadolid à 17 de Maggio 1549, le quale letere restorno in potere delli deti di Statella et no si presentono in detto Regno, per non havere più insistito il detto quondam di Afflicto per la spedizione di detta causa di appelatione, et havendo ultimamente successo in detta Baronia al presente Marchesato di Spaccafurno il Supplicante, doppo tanto lungo tempo comparse in detto tribunale del Consistorio Marchese di Afflicto et pretendendo habere ius et causam et essere descendente del detto quondam di Afflicto si indirizzao nel detto Consistorio sopra la prosecuzione di detta causa di appellatione, et ancorche non tenga ragione alcuna sopra detta petitione, il Supplicante che si ritrova sopra li cento anni in circa indebitamente molestato hebbe recurso à V. Maiestà supplicandola che fosse servita inexecutione delli dette prime lettere reali date in detto anno 1549. Ordinare che detta causa di appelatione prima di pubblicarsi et proferir sententia si trasmettesse con li voti et giustificazioni informa del detto Tribunale del Consistorio un'altra volta al detto Suppremo Conseglio via recognoscendi, et cossi le ottenne per lettere date in Madrid al’ultimo di Dicembre 1619, li quali si presentorno in detto Regno, expeditosi le esecutorie fu nella sigillatione di esse fatta instantia da parte di detto Marchese di Afflicto che non si dovessero dette lettere sigillare ne concedere le esecutorie, et essendo stati dati Giudici in detto articulo della sigillatione di dette letere il Giudice della Monarchia Don Antonio Bologna maestro Razionale, et il Doctor Gio Francisco Castilla fu da quelli lata interlocutoria à 16 di Dezembro dell’anno passato 1621 con notorio agravio del suplicante, et in pregiuditio dell’ordine et letere reali sopra cio spedite (Nota a margine: decreto que no se sigillassen las letras de ultimo de diziembre 1619), et della Suprema Autorità et giurisdizione di V. Maestà precese in feudis che dette letere non si sigillassero ne si consedesero le esecutorie sotto pretexto che il detto Marchese di Afflicto havendo suplicato à V. M. che trasmetendosi di novo detta causa al Suppremo Consiglio via recognoscendi si haveria dilatato la espeditione con molte sue spese et interessi, et che era contra li Capitoli et privilegij del detto Regno per li quali si proibisse la extraccione delle cause, et che havendo vencito una volta via recognoscendi la detta causa à instantia della detta Donna Isabella non deveva ritornare un'altra volta à instantia del detto Don Francisco supplicante che rappresenta la persona di Donna Isabella et che cossi si haveria observato in altre cause, et domandato che non obstante le dete letere ottenute dal Suplicante la causa si spedisse in detto Regno, o almeno che li Giudici innanzi li quali stava pendente detto articulo della sigillatione et esecutorie di dette letere recognoscesserro si fossero di giustitia e conformi alli capitoli di detto Regno, e si se dovesero esseguire, ottenne da V.M. lettere che circa le sudette cosse esposte nel memoriale del detto di Afflicto se li administrasse complimento di giustitia di manera che con brevità et effecto conseguisse quello che fosse giusto, si come per dete lettere reali date en Madrid à 14 di septiembre 1621: executoriasse in detto Regno à 18 di Novembre, appare, copia delle quale con questo presenta et non dimeno dette letere non sonno si non che di mera giustitia excitative della giurisdizione poi che per quelle non volle ne intese V.M. revocare li lettere ottenute à instantia del Supplicante ne innovare cosa alguna in suo preiuditio ne de le dete letere per li quali decisivamente si comanda che detta causa di appelatione un’altra volta si trasmetesse per cause giustissime.
Primo per che l’istesso ordine et letere che la deta causa di appelatione si trasmetese un altra volta al Supremo Consiglio furono concesse alla detta Donna Isabella per la gloriosa memoria del signor Imperatore Carlo quinto di manera che queste di V.M. anco furono concesse in executione et observatione dele sudete prime letere.
Secundo per che nel deto regno non vi sonno Capitoli ne privilegij che proibiscano la extraccione deli causi feudali via recognoscendi, anzi V.M. puo et ha l’intentione fundata de iure farli venire una, dua, tre et quante volte li piace ora sia à instantia de la medesma persona ora di persona diversa, tanto più da Tribunale ex giudicio diverso, ne ci è observantia in contrario maxime nel caso che si trata, anzi vi sonno dotrine et decisione del regno in favore di quello che il Supplicante ottene da V.M.
Terzo perche il caso dell’exponente tiene specialità perché il Suppremo Consiglio in detto anno 1548 decisse et determino la detta causa in favore di detta quondam Donna Isabella revocando la decisione de la Gran Corte fatta in detto Regno, nel qual caso non e giusto ne conveniente ne possano li Giudici del Consistorio di Sicilia che sonno inferiori giudicare et determinare quella istessa causa che il Suppremo Conseglio alhora principalmente determinò, e si agiunge che al’hora non si fece recognitione di novo vassallo poi che restò la possessione alla detta Donna Isabella che era posedittrice et conventa la quale fu absoluta et liberata e di più in questo giudicio di appelatione sono stati fatti molte innovationi et proposte nove ragioni et diverse et il preiuditio che si faccia al Supplicante saria molto grave et notabile in questo giuditio di appellatione nel quale si potria pretendere dalla parte contraria che la sententia fosse eseguibile et ultimamente perche si trata di negotio molto invecchiato et gravissimo di un Marchesato delli Principali del Regno, et si vede chiaramente il supplicante essere indebitamente molestato dal detto Di Afflicto doppo di havere stato il detto Marchesato nella Casa e famiglia del Supplicante da circa anni duicento, et havere in suo favore la sententia del Supremo Consiglio cata ottanta anni sonno observata in sin hora. Pe la quale et molte altre ragioni il Supplicante domandò revisione di detta interlocutoria lata per detti Giudici per farla revocare come notoriamente ingiusta et contra l’ordine expresso da la V.M. che erano obligati di observare et esseguire inviolabilmente et non fare questo preiuditio à la Supprema autorità et iurisditione di V.M. essendo come sono inferiori, et subditi a li suoi reali comandamenti et si a caso havessero intesso qualche difficoltà nella detta causa et sigillatione delle sudette letere et esecutorie (che in effeto non ci ni era alcuna) dovevano almeno consultado il negocio con V.M. alla quale il Supplicante di novo ricorrere, et la supplica sia servita ordinare che non obstante deta interlocutoria lata, per la quale li fu denegata la sigillatione di dete letere et altra qual si voglia interlocutoria che nel interim si havesse proferuto, si eseguiscano ad unguem le sudete letere reali concesse al Supplicante date in Madrid all’ultimo di Dezembre dell’anno 1619 et che la deta causa di appelatione si trasmeta, com’è di ragione via recognoscendi dal deto Consistorio di Sicilia à V.M. et suo Suppremo Consiglio una con li voti et giustificazioni informa etiam in caso che deto Tribunale del Consistorio havese doppo la presentazione dele sudete letere reali obtenute à instancia del Supplicante pronuntiato la sentencia, è pubblicati li voti e di più ordinare alli sudeti Giudici della Monarchia, Castiglia e Bologna et à tutti altri Giudici che havessero conosciuto et determinato il detto articulo della sigillatione et non sigillatione delle sudete letere reali, etiam sulla revisione che habbiano, et debbiano trasmettere a V.M. et suo suppremo Consiglio li voti et giustificazioni per li quali si mosero a decidere et determinare contra l’ordine expresso di V.M. et che nel interim in omnibus et per omnia si sopra ceda et non si proceda ne faccia novità alcuna in preiuditio del Supplicante accio V.M. proveda conforme sara giusto e conveniente che oltre essere di giustitia il tutto recivira agratia particolare.
Y haviendose visto y considerato por los de mi consejo suppremo de Italia lo contenido en el preinserto memorial, se ha acordato que la causa que en el se dize se prosiga hasta ponerse en estado de pronunciar sentencia y que en estando en este estado sin publicarla se remita con los votos y justificaciones al dicho mi Consejo y que juntamente se remita tambien el articulo de la transmission per viam recognoscendi che ay estaba pendiente assi mismo con los votos y justificaciones de los jueces en el, porque quando se escrivio sobre esto al Conde de Castro à ultimo de deciembre del año pasado de mil seyscientos y diez y nueve en ese postrer articulo la real intencion no fue remitir allà su determinacion, en cuya conformidad os encargo y mando proveays y deys orden que assi se execute puntualmente como queda dicho que tal es mi voluntad. Nuestro Señor os guarde como desseo.
Dato en Madrid à cinco de octubre MDCXXiij
Vuestro buen primo
Yo el Rey
visto Comes Thesaurarius generalis
visto Caimus regens
visto Don Petrus Corsetus regens
visto Jordanus ursinus regens
visto Marchio Floreste regens
visto Carolus de Tapia regens
visto Salamanca regens
Aguirre secretarius.
Al señor Principe Philiberto, que la causa pendiente sobre la baronia de Spacafurno se prosiga hasta estar en estado de pronunciar sentencia, y que sin publicarla se remita al Consejo de Italia, y tambien el articulo de la trasmission por viam recognoscendi con los votos y justificaciones de los Juezes en lo uno y lo otro à Instancia del Marques de Spacafurno como aqui se dize.
El Consejo
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In una precedente lettera il marchese d’Afflicto aveva raccontato al Re la vera storia del Marchesato.
Scrive infatti:
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Signore,
Marchisi d’Afflicto e Caruso dice che havendosi molti anni sono il condam Petro d’Afflitto avo paterno dell’exponenete indrizato nella R.G.C. contra la condam Isabella Statella et Caruso per actione revendicatoria sopra la petitione della Baronia di Spaccafurno per li raggioni e causi nella petitione e scripture contenti per dilatare la decisione di detta causa comè d’ordinario tutti li conventi fanno; detta D. Isabella ottenne lettere Reali informa che si dovessiro trasmettere e lo processo et atti di tal causa con justificatione et voto al Supremo Consiglio di V.M. via recognoscendi, sicome in virtù di quelle foro trasmesse a detto Supremo Conseglio, retrovandosi tre voti delli cinque iudici in causa in favore d’esso condam Pietro, e dui in favore di detta D. Isabella et examinandosi la causa in detto Supremo Consiglio fu detta causa votata e determinata e transmeçosi la decisione in detto Regno di Sicilia et letta la sentenza, si retrovao votato contra esso condam Petro e deciso che s’imponessi pro modo silentio al dicho condam d’Afflitto attore e detta D. Isabella fosse liberata con haversi reservato le raggioni à Don Ercole Statella figlio di essa D. Isabella in altro judicio e come per la sententia lata a 6 d’ottobre 1584 della quali esso condam Petro n’appellao al Tribunale del Consistorio della R.G.C. di questo Regno, et introdussi il processo e detti li termini necessarij e ridusse la causa à concludersi e per diffugiri la decisione di detta causa detta D. Isabella ottenne altri asserte lettere di transmettersi il processo et voto via recognoscendi à 14 di maggio 1549 li quali non foro ne presentati, ne executoriati in questo Regno di Sicilia com’è necessario farsi, ne pervennero à notitia di detto condam Petro antecessore del Supplicante, però si la retenne la detta D. Isabella, e detto processo non si determinao per haver successo la morti di detto Petro, per la qual causa et altri accidenti che nella causa del Supplicante successivo et la potentia che sopravvenne alla parte contraria con il casamento che fece di D. Antonio figlio primogenito et indubitato successore al detto Marchesato con la figlia del Presidente della giustizia in quello regno Gio Francesco Rao; e perciò si ha superseduto per molti anni et havendo ultimamente successo l’exponenti e volendo proseguire e finire tal causa d’appellatione o fatto citare a don Francesco Statella possessore di detta Baronia al presente Marchesato di Spaccafurno, dopo di molte lunghe dilationi et articoli fatti per li quali l’ha impeduto la prosecuzione di quella, ultimamente ottenne lettere observatoriali di dette lettere di trasmettersi detti atti via recognoscendi, de quali havendo esso exponenti notitia, e pretendendo non si dovere exeguire, fece instanza al Vice Re di quel regno che commettesse la causa come la commese al Giudice della Monarchia, Don Antonio di Bologna, Maestro Razionale del Real Patrimonio di detto Regno et al dottor Gio Francesco Castiglia, Auditor generale; e benche delli subrectioni et obreitioni fatte per le parti nelli Rescripti reali ne hanno cognitioni secondo la dispositione delli legi, li Tribunali e consegli di questo Regno à cautela ha avuto ricorso et ottenuto lettere di di V.M. e di questo Supremo Conseglio à detti Giudici che se li facesse et administrasse complimento di giustitia, di maniera che con brevità et effetto conseguissi quello che fosse giusto comè per detti Lettere Reali date in Madrid à 14 di settembre 1621 et havendosi per spatio di molto tempo discusso e defeso per ambedue le parti la causa, con mostrarsi molti esempi e decisioni anzi determinazioni delli Serenissimi antecessori di V.M. ottenne à 16 di Decembre dell’istesso anno la interloqutoria in favore, che non si concedessiro l’executorie di dette Lettere ceredendo il Supplicante procedere innanzi nella causa principali da parti di detto Marchese s’hanno presentate altre Lettere di V.M. per le quali s’ordina che la causa si rimetta con li voti al Supremo Consiglio stando in stato di non s’havere pronunciato sententia e che giustamente si rimetta l’articolo che sta pendenti con li voti e giustificazioni della transmissione della causa via recognoscendi dandosi per ragione che quando si fecero Lettere al Conde di Castro all’ultimo di dicembre dell’anno passato la Real intentione di V.M. non fu in questo articolo rimettere la determinazione alli Giudici della causa in quel Regno con che la parte di detto Marchese ha ottenuto l’intento, che sempre ha bramato di poterla et dilatare la determinazione di questa causa eternamente ben contrario alla retta e santa intentione di V.M. sicome si scorge dall’istesse lettere Reali ottenute da V.M. e suo Supremo Conseglio dal detto Marchese mentre che expresamente dice che si rimettesse l’articolo della transmissione per viam recognoscendi, che sta pendenti con li voti et giustificazioni delli Giudici delle quali parole chiaramente si vede non esser l’intentione di V.M. d’avocare l’articolo che già stava determinato con Interloqutoria la quale si stava exeguendo, poiche nominò l’articolo pendenti et il deciso non si dice pendenti e tanto più che V.M. comanda con li voti e giustificazioni si rimetta et è molto chiaro che non ci sonno più voti di giudici havendosi per quelli dato sententia e cossi con ogni raggione s’ha da intendersi esser l’intentione di V.M. poiché secondo le legi per le quali V.M. comanda osservare si dispone che sententiys definita negotia rescriptis revocare non oportet e benché nel memoriale di detto Marchese inserto nella Lettera Reale si facci mentione di detta decisione supplicò che non obstante quella, V.M. fosse servita comandare che s’avocasse detta causa e V.M. non intese far questo; ma che essendo pendenti l’articolo con li voti e giustificazioni delli giudici dalli quali parole s’intenda denegata la petitione della parti oltre che quando nel decreto di V.M. si menzionasse la decisione come non è, non si dicendo, non obstante la sententia data et exequta, non s’intende mai revocata, di maniera che attento la detta decisione, non è giusto che il Supplicante sia defatigato a venire in questo Supremo Conseglio a defendere quello che già è stato determinato.
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tanto più si deve denegare mentre che li possessori di detto Stato con la loro potentia pretendino opprimere la giustitia delli Vassalli di V.M. et che in tanti anni ingiustamente se l’hanno usurpato.
Supplica a V.M. attento che dalli Giudici in causa alli quali V.M. commese la giustitia di dette prime Lettere reali s’ha determinato l’articolo si dette Lettere si devono exeguire et l’intentioni di V.M. non essere di revocare de fatto senza essere intese le raggioni del Supplicante extra ordinariamente la Sentenzia et Interlocutoria data con tanta satisfationi d’ambe due le parti et la parti haverne domandato li rimedi chi ci compatiscono, sia servita comandare chi ogn’uno usa delle cose suoi raggioni, non obstante l’ultimo ordine dato per V.M. per dette Reali Lettere dati à 5 di Ottobre 1623 et che detta Interlocutoria et decisione fatta per detti Giudici in quello regno resti con la forza e virtù che deve tenere, restandosi reservati li remedij chi adverso di quella la parti di detto marchese tiene. Che oltre di essere di giusto lo recevirà à gratia dalle Reali mano di V. M.
Marchese d’Afflitto e Caruso.
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Il 25 settembre del 1627 Il Marchese di Spaccafurno scrive da Spaccafurno al suo procuratore legale Rocco Pesce:
“e quando per dimensioni della causa farà bisogno di danari potrà farseli pagare da codesto segnor Ricevitore chi subito procurarò inviarli la rimessa per via di Malta di Palermo o Messina chi subito le saranno capitate. Del resto altro no mi ricorre se no di nuovo raccordavali li bisogni chi tiene la causa d’essere diffesa di continoa assistenza e d’ogni calore chi faria dille cose proprie. ”
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il 15 di gennaio del 1628 l’arringa di Rocco Pesce viene trasmessa al Doctor Juan Baptista Valenzuola, uno de los Regentes del Supremo Consejo di Madrid, commissario de la causa e il 18 giugno del 1630 Il Supremo emette finalmente questa sentenza definitiva:
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En la causa que se trata en el Consejo Supremo de Italia entre Don Marques de Afflicto Cavallero Siciliano y Don Antonio Statella y Caruso Marques de Spaccafurno sobre si se han de executarono las letras de su Magestad despachadas por el dicho Supremo Consejo à cinco del mes de octubre mil seiscientos y veinte y tres dirigidas al señor Principe Philiberto entonces Virrey lugarteniente y Capitan general de su Magestad en dicho Reyno. A diez y ocho de junio d’este presente año mil seiscientos y treinta haviendose hecho relacion en el dicho Suppremo Consejo por el Doctor Juan Baptista Valenzuela Velasquez uno de los Regentes de dicho Consejo y comissario de la causa, interveniendo por ad Juntos nombrados por su Magestad los Doctores Don Juan de Frías Mexia, y don Pedro Marmolejo del Consejo Real de Castilla y los doctores don Alvaro Guillen de la Carrera, Stevan de Torrezilla y Ferrante Brancia, Regentes del dicho Suppremo Consejo proveyeron un decreto del tenor siguiente: que está en manos de su Magestad mandar y determinar que las causas feudales que se tratan en el Reyno de Sicilia assi en la Gran Corte como en grado de appellacion vengan à este Suppremo Consejo via recognoscendi, y el processo y votos de los Juezes todas quantas vezes fuere necessario y su Magestad quisi(era) y le pareziere convenir. Y que por tanto las dichas letras de su Magestad despachadas el dicho cinco de octubre del año pasado milseiscientos y veinte y tres como justas y conforme à derecho se deben poner en execucion en todo y por todo, no obstante lo oppuesto y pretendido contra ellas por el dicho Don Marques de Afflicto y Caruso y que assi para execucion y observancia de las dichas letras se escriva en esta conformidad al Virrey de Sicilia.
El regente Juan baptista Valenzuela Velasquez
Seguono le firme dei giudici
CREDITI
Archivo HistóricoNacional Madrid (AHNM)
Archivo General de Simancas (AGS)
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