Cultura Modica

Moriva a Modica 390 anni fa Vincenzo Mirabella, nobiluomo siciliano

Ucciso dalla peste



Modica - Moriva a Modica nel 1624 Vincenzo Mirabella. Il nobiluomo siracusano venne stroncato, a soli 54 anni, dalla peste che quell’anno falcidiò la Sicilia sud-orientale.
Mirabella y Alagona si trovava nell’allora capitale della Contea per soprintendere al cantiere per la costruzione della chiesa di Santa Maria delle Grazie, dove venne poi seppellito e ricordato con una bella lapide ed un epitaffio che profila perfettamente la personalità del grande siciliano: “D.O.M. - D. Vincentius Mirabella et Alagona, patritius syracusanus, studio vetustatis, liberalium artium peritia ac splendore virtutum vir insignis, ubique clarissimus, et inter Linceos honorifice cooptatus, qui antiquam Patriae glorian e tenebris erutam ac luci restitutam, cum sui nominis laude posteritati fecit immortalem. Motycae decedens post Deiparae Virginis festum, cujus ergo advenerat, in eius templo, cura sua praecipue olim extructo, mortalitatis exuvias deposuit. Anno Domini 1624, aetatis suae 54
Vincenzo Mirabella fu uno dei maggiori esponenti della cultura umanistica siciliana. Figura poliedrica, capace di cimentarsi in varie discipline, fu matematico, storico, archeologo, architetto, poeta, compositore, musicista, oltre a essere un appassionato collezionista di reperti archeologici e di monete antiche. Quando, tra i primi di ottobre e i primi giorni di dicembre del 1608, in fuga da Malta e dai Cavalieri, e sperando di raggiungere Roma per chiedere la grazia al Papa, Michelangelo Merisi detto il Caravaggio passò circa due mesi a Siracusa, si fece accompagnare da Mirabella per la visita di alcuni siti archeologici della città. In una di queste passeggiate del lombardo, uno dei tre più grandi pittori di tutti i tempi, ribattezzò la grotta oggi per tutti “Orecchio di Dionisio”. Non solo: fu Vincenzo Mirabella (ufficialmente l’iniziativa era stata del Senato della città aretusea) a commissionare al Caravaggio l’incredibile quadro che propone il “seppellimento di Santa Lucia”, opera tra le ultime e più straordinarie del maestro lombardo, tre metri di base e quattro di altezza, che l’artista molto probabilmente dipinse sul luogo del martirio, nelle catacombe della chiesetta in Acradina .
La produzione scientifica, storico-letteraria e musicale di Mirabella, documentata ma andata dispersa, gli valse, esattamente quattrocento anni fa, l’iscrizione all’Accademia dei Lincei, primo siciliano nella lunga storia dell’istituzione culturale più importante d’Italia. La unica opera di Vincenzo Mirabella giunta fino a noi è la celeberrima (s’intende negli ambienti degli appassionati studiosi, chè non è propriamente Dan Brown) è “Dichiarazioni della pianta delle antiche Siracuse e di alcune medaglie di esse e dei principi che quelle possedettero”. Edita a Napoli nel 1613 e dedicata al re di Spagna Filippo III. Il volume conteneva nove tavole incise a Siracusa da Francesco Lomia, nelle quali la polis era minuziosamente riprodotta, con indicazioni relative a più di duecento fra edifici pubblici e privati, templi e fortificazioni, luoghi sacri e giardini, ricavate grazie a uno spoglio sistematico delle fonti classiche. Alla fine dell’opera erano inserite le vite di Archimede, Teocrito, Epicarmo, Tisia. Lo scritto ebbe uno straordinario successo e venne più volte ristampato; la pianta topografica in esso contenuta finì con il rappresentare l’immagine ufficiale della città, riprodotta in numerosi testi, in Italia e all’estero. L’opera si colloca all’interno della produzione erudita di storia locale, in voga in Sicilia a partire dal XVI secolo, ed alimentata dalla crescente competizione tra le città dell’isola che, attraverso la ricostruzione del proprio passato (quel concetto perfettamente espresso agli inglesi con la sola parola “heritage”), intendevano rivendicare primati e prerogative. Fu scritto in italiano, segno inequivocabile che Mirabella, ottimo conoscitore del latino, non si rivolgeva solo a un pubblico di dotti e letterati. In diverse parti dell’opera Mirabella esalta la “libera repubblica degli ottimati”, come migliore forma di governo possibile, contestando apertamente la tirannide e facendo espliciti apprezzamenti anche nei confronti del regime democratico, sinonimo di libertà, pace e ricchezza, valori da difendere anche con le armi, come i Siracusani avevano saputo fare tutte le volte che erano stati oppressi dai tiranni.
In qualità di progettista e architetto firmò il progetto della chiesa di Sant’ Andrea dei Teatini ed anche il parere tecnico allegato alla richiesta del Senato al viceré, nel 1620, per la costruzione di un ponte di pietra sul fiume Anapo, in sostituzione dell’antico «ponte delle tavole», per agevolare i collegamenti con la contea di Modica. E proprio a Modica aveva firmato il progetto per la bellissima chiesa della Madonna delle Grazie, da allora ancora incompiuta.


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