Scicli - Che nel ‘700 ci fosse stata l’ennesima lite tra “Sammartulumiari” e “Santamarianuari” (come fino ad oggi si sogliono denominare i seguaci delle chiese di San Bartolomeo e di Santa Maria la Nova) si sapeva, come si sapeva che ci fosse in mezzo un’opera del Metastasio da rappresentare.
Non si conoscevano esattamente però i termini della questione.
Grazie al ritrovamento di un documento da parte del Carissimo Uomo Libero sempre più acuto ricercatore tra i meandri dell’Archivio di Stato di Ragusa, sezione di Modica, adesso siamo in grado di delineare meglio tutta la vicenda.
Si tratta di una protesta inoltrata dal capitolo di San Bartolomeo purtroppo a un destinatario ignoto. Il documento, infatti, è privo dell’intestazione.
Che cosa era, dunque, successo?
I confrati, incaricati di organizzare la festa di San Bartolomeo, oltre a occuparsi dei soliti spari di “maschi” e del “gioco di fuoco” al termine della processione con l’arca sacra contenente insieme alle reliquie di Sant’Ermete e di San Pellegrino, quest’ultimo santo titolare della chiesa e della confraternita, e ancora quelle di San Bartolomeo (non comprendiamo perché la Confraternita poi abbia arbitrariamente cambiato denominazione), si occuparono di organizzare la tradizionale fiera e il palio per le varie prove di abilità dei nobili cavalieri sciclitani e forestieri. Inoltre, come da tradizione prepararono le varie scene del martirio di San Bartolomeo (in verità “quadri viventi”) da rappresentarsi lungo le tappe della processione, e infine anche la solita “operetta” da rappresentarsi le sere della festa.
Il Maestro di Cappella della chiesa di San Bartolomeo (che oltre a preparare il coro per le celebrazioni liturgiche, preparava anche musicisti e coro per quelli che oggi chiameremmo “oratori sacri”) propose la seconda parte di una “azione sacra” da lui stesso intonata e composta dal Metastasio: la “Betulia liberata” in cui Giuditta (dall’omonimo libro biblico che ne narra la vicenda) libera la sua città, Betulia appunto, decapitando l’invasore Oloferne.
Il Metastasio aveva scritto questo suo oratorio nel 1734 su commissione dell’Imperatore Carlo VI d'Austria.
I suoi oratori, per cui l'Italia andava molto fiera e giustamente era molto nota, venivano poi “intonati” da artisti locali o da musicisti incaricati ad hoc da importanti famiglie religiose. La “Betulia” ebbe molta fortuna e fu intonata e musicata da più di trenta compositori famosi fra cui Mozart (a soli 15 anni, nel 1771) e Salieri (nel 1821). Fu rappresentata in centri molto attivi culturalmente. Penso a Venezia, Roma, Napoli, Padova, Vienna, Londra.
Il famoso Jommelli, per esempio, nel 1743, su richiesta dei padri filippini curerà la musica e l’intonazione di questo testo celeberrimo. La data del 1739 è per noi di un'importanza fondamentale perché attesta una delle prime esecuzioni di quest'opera del Metastasio e ci rivela un maestro di cappella di San Bartolomeo molto aggiornato sulle avanguardie e novità musicali italiane ed europee, la cui figura forse meriterebbe di essere riscoperta e approfondita. Questo ci rivela anche il livello culturale altissimo della Scicli del tempo.
Ma ritorniamo ai fatti. Che cos'era successo a Scicli?
Era l’agosto del 1739.
San Bartolomeo aveva questo celebre e importante maestro di cappella che chiede e ottiene il permesso di musicare e intonare la parte seconda della “Betulia” del Metastasio (infatti, il melodramma è composto di due parti). I Confrati di San Bartolomeo chiesero semplicemente di pagare quelli che oggi chiameremmo i diritti di autore e contestualmente l'autorizzazione per il loro maestro di cappella a utilizzare il testo.
Cercare il libretto non serve, dunque, perché è facilmente rintracciabile tra le opere del Metastasio.
È soprattutto inutile pensare a un lavoro commissionato dai confrati di San Bartolomeo al Metastasio perché ciò non corrisponderebbe a verità.
Metastasio non ha scritto nulla per Scicli, come erroneamente pensa qualcuno forse tratto in inganno dal fatto che in alcuni documenti si parla di sonetti legati all’operetta del Metastasio!
Infatti, ed è qui che nasce la lite, l’oratorio fu stampato, come usava allora, con la premessa di alcuni sonetti che illustravano i meriti della collegiata e arciconfraternita di San Bartolomeo (che si era assunta anche l’onere di farlo rappresentare).
Dopo la copertina, infatti, in cui s’indicava l’intestazione dell’opera e della sua rappresentazione in occasione della festa di San Bartolomeo a cura della confraternita e del capitolo dei canonici, l’edizione stampata riportava un sonetto. In esso si canta non solo la nobiltà dei confrati e dei canonici di detta collegiata, per cui sono detti tutti “baroni”, il che è vero, ma s’insiste sul fatto che la collegiata di San Bartolomeo sia stata la prima a Scicli a ricevere il titolo di “insigne” pur essendo stata eretta come collegiata “semplice” dopo quella di Santa Maria la Nova.
Ricordo che per statuto a San Bartolomeo i confrati dovevano essere nobili e i canonici potevano essere nominati solo tra i confrati della stessa confraternita.
Il problema comunque riguardava il come intendere le “precedenze” nelle celebrazioni liturgiche: ha la precedenza la confraternita che è stata eretta prima o quella con un titolo più alto? Oggi ci verrebbe da ridere, ma allora per queste cose ci si faceva causa in tribunale e magari ci si prendeva a legnate!
Ai santamarianuari, già che avranno visto nel sonetto l’ennesima provocazione, non parve, dunque, loro vero il fatto che, proprio alla vigilia della festa, fra i dodici rettori di San Bartolomeo incaricati delle celebrazioni fosse scoppiato un dissidio insanabile (ma non mi meraviglierebbe che ci fosse lo zampino dei “rivali”) per cui la prevista rappresentazione dell’oratorio fu annullata.
Quelli di Santa Maria la Nova, che intanto stavano organizzando la loro festa per l’otto settembre, approfittarono, allora, del cosiddetto “piatto pronto”.
In effetti, il tema di Giuditta e Oloferne era un tema caro ai confrati della Nova ripreso nella rilettura tipologica mariana della Bibbia (ricordiamo le due tele del Pollace, Giuditta ed Ester appunto, sistemate nei due lati del cappellone della chiesa) e quindi adatto anche alla loro festa. Per questo i confrati della Nova subito si buttarono a capofitto sull’opera finanziando la stampa del libretto e l’operato del maestro di cappella. Non solo. Per l’occasione, come se non bastasse, i confrati della Nova si rivalsero sugli antagonisti con il rifacimento della copertina in cui il maestro concertatore fu, invece, denominato Maestro di Cappella della Vittoriosa città di Schichili. Addirittura cambiarono pure i sonetti originari con altri che contestavano la “primazia” della Collegiata di San Bartolomeo.
Ed ecco, allora, che il gioco si fa davvero sottile.
La confraternita di Santa Maria la Nova non esce subito allo scoperto. Apparentemente si preoccupa di far notare che le quattro collegiate di Scicli (le due in specifica insieme con quella di San Matteo e della Consolazione), e cioè le quattro riconosciute con gli stessi privilegi, si possono sentire alla pari. In verità non è così. La parità viene inficiata dal gioco di immagini usato nei sonetti per indicare i quattro capitoli canonicali (l’aurora, il sole, la luna, l’aquila…).
I sonetti alludono al fatto che il vescovo di Siracusa, in un accordo firmato presso il Notar Ugo di Scicli nel 1660, aveva stabilito che, per superare queste questioni di precedenza, nelle processioni i canonici semplici delle quattro collegiate avrebbero dovuto sfilare insieme e così poi le varie dignità delle stesse: ma chi vuole litigare, insegna Esopo, il pretesto sempre lo trova. Qualcuno cominciò a chiedersi chi sarebbe dovuto stare a destra e chi a sinistra, o come in questi sonetti, se fosse stata più importante la stella (Santa Maria la Nova) o il sole (San Bartolomeo). Questo giustifica anche il livore del documento con cui quelli di San Bartolomeo ufficializzarono i loro reclami.
Certo sarebbe bello conoscere il nome degli autori dei sonetti, sciclitani per certo, e delle due fazioni.
Nella stesura dei sonetti di San Bartolomeo non mi meraviglierei che ci fosse lo zampino del fratello del Carioti, Ignazio, preposito di San Bartolomeo, se non addirittura del Carioti, l’arciprete di San Matteo, convinto sammartulumiaru lui stesso.
Ma ricordiamo che Scicli vantava varie accademie di letterati e che tutti i canonici avevano un livello altissimo di cultura.
Gustosissimo il sonetto sul canonico Pisana con l’anagramma del cognome, secondo le mode del tempo, in “sinapa” con cui finemente gli si fa il verso!
Per la storia, la vicenda non finì qui ma durò per un altro trentennio, fino alla metà degli anni ’60 del ‘700. In quell’occasione, in vista della riconsacrazione delle rispettive chiese, entrambe le confraternite commissionarono il disegno dei relativi cartigli in pietra da collocare sulle rispettive facciate a Fra Alberto Maria di San Giovanni Battista del convento del Carmine (l’architetto di questa e altre chiese).
Quelli di San Bartolomeo scrissero nel proprio cartiglio: “Prima insigne collegiata chiesa di San Bartolomeo”; quelli di Santa Maria la Nova scrissero “Collegiata di Santa Maria la Nova non seconda a nessuno”.
Il vescovo, dopo averli letti entrambi, si arrabbiò così tanto che ordinò la loro rimozione, la loro distruzione e, come se tutto questo non bastasse, impose sulla vicenda il perpetuo silenzio!
Ignazio La China
Segue la trascrizione dell’intero documento
ARCHIVIO DI STATO DI RAGUSA Sez. di Modica
DOC. N. 1
A rappresentarsi quando puochi anni sono con applauso e tanta approbbatione del Medesimo S.to Officio, si rappresentò nella felice Città di Palermo.
Ne si finirebbero, le molte altre vane contraditioni delli mal Contorti nel non fare sortire si fatta opera sempre con discapito d’essa sontuosa festa, come già sortì, che l’Autore di essa Nobile opera rimasto già solo di essi duodici Nobili Procuradori, che tutti asì fatte contro un solo renunciarono, non cedendo li suoi congiunti et Amici, no seguitari si fatto inpegno, li fecero dissipare le predette scene renunziare al tutto e lasciare l’impegno d’essa Sollennità a chi più l’aggradava; Che già niuno prova quando l’impresa si ridurra il tutto in fumo/ sensa Musica etiandio di questa Città di Scicli, sensa fiera o Capitan di feria, et etiam sensa processione di esso glorioso Santo.
Animati già per questo quelli della Nova, s’accinsero e fecero già men nobile Sollennità e tra l’altri cantarono in essa Venerab/le Chiesa di Sª Mª la Nova li medesimi dialoghi già stampati per San Bartolomeo con distinzione però nel sopra scritto di essi dialoghi del modo come siegue. Con molto però discapito di essa prima Insigne, et arci Confraternità di essa Venerabile e più degna Chiesa del Glorioso Reggio Apostolo San Bartolomeo di questa Inclita e Vittoriosa città di Scichili.
Prima facciata o titulo rispassato di essi Nobili dialoghi
Stampati già da cantarsi in San Bartolomeo
Betulia liberata
Parte Seconda
Dialogo
A sei voci e più instrumenti, che si dovea cantare nella Colleggiata Chiesa di San Bartolomeo nella Città di Scichili a 23 e 24 Agosto 1739 e da nuovo ristampato per cantarsi nella Venerabile Arciconfraternita et Insigne Colleggiata Chiesa di
Sª Mª la Nova
Di detta Città di Scichili
Per la solenne festa della Natività di Nostra Signora
Nell’8 di settembre 1739
Al distinto merito del Sig. D. Gioseppi Buglio Giudice
Poesia
Del Sig. Abbate Don Pietro Metastasio
Musica
Di Don Giuseppe Gralao Maestro di cappella di detta Città
Da Catania per il Trento 1739:
Con licenza de Sup:/
Si deve intanto admirare la petulanza e poco rossore nell’havere furtivamente procacciato si fatta opera e dialoghi composti e posti in musica a nostre spese e fatighe di essa venerabile prima Insigne et Arciconfraternità di San Bartolomeo.
In secondo luogo, si deve considerare l’abbiettione fatta ad essa predetta Insigne Colleggiata di San Bartolomeo con denominarla per Simplice Colleggiata e quella della Nova per Insigne et Arciconfraternita.
In terzio luogo, il don Gioseppi Gralao, Maestro di Cappella di essa Venerabile Chiesa di San Bartolomeo a nome di cui da lui medesimo vennero composti in musica li predetti dialoghi, denominato adesso Maestro di Cappella di questa Città.... per dimostrare intanto la preheminente distinta di questa quanto Nobili Colleggiata Insigni di questa Inclita e Vittoriosa Città di Scichili.
La prima ch’ottenne dalla Sede Apostolica tale ampla Insignità nell’anno......fù San Bartolomeo e come apparisce nelle Bolle che tiene essa predetta Insigne Colleggiata Chiesa di San Bartolomeo et anche registrate esse Bolle in Roma, Palermo e Siracusa e Corte Vicariale di questa predetta Città di Scichili.
Nelle quali si legge concesse da Sua Santità mazzetta, cappa magna armellini, siggillo e mitra.......con tutt’altra ad altre colleggiate per l’innanzi concesso et in futurum da concedersi e con duodici Secondari con che tutt’altra Colleggiata di questa predetta Città di Scichili, vengono si fattamente investite ex parte et con usu d’essa predetta Insigne Colleggiata Chiesa di San Bartolomeo ex accordio et conserva nel perpetuo silenzio per l’atti del Spett. Not. Giuseppi Ugo l’anno......che devono restar sommessa ad essa predetta Insigne Colleggiata più degna Chiesa di San Bartolomeo dalla quale ogni canonico fuè Barone come più sotto si legge.
SONETTO
Si com’il sol nel Mezzodì in ciel
Suo gran splendor più luminoso dona
Costì risplend’in te, Dux primiero
L’honor che più d’ogn’altro in te consona.
Tu, apristi il varco al primo sentiero
Dalle quattro Insignità la bel corona
Di che Scichil tanto, ni và altiero
Di sua bel Colleggiata che l’honora,
eppur sì mir’in te preggio maggiore
nella tua Chiesa che decorata và,
nelle gran feste e messe il gran splendore
con ogni Canonico, che con gran dignità
grandezza grande e sontuoso honore
il titolo di Baron’ogn’un che hà.
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Altro frammento Nº1:
Preheminente di esse quattro Colleggiate ogn’una
Da per sé con sua solita Insegna
San Matteo come Matrice sotto l’Insegna d’Aurora
La Consolazione sotto l’Insegna di Luna e d’Aquila
Sª Mª la Nova sotto l’Insegna di Stella
San Bartolomeo sotto l’Insegna del Sole e di Scettro e Corona
Insegne per una d’esse quattro Colleggiate affratellade.
Con molto vanto le grandezze spira
Di crina stella à suo splendore
Sicome già molto assai ben, si mira
Di qual meggiò sean à qual honore
Mentre guardar il Ciel la stella tira
Perché del Ciel son ben le stelle il fiore
Come d’ogn’un cossì il Ciel s’ammira,
per le stelle che tien per dentro e fuore
Di stellato Ciel, vantar dunque ti puoi
Con giusta causa e non ay ch’essa anchora
Mentre di Nobili van avanzi tuoi
Né ad altro forse, ch’in Dignità, si fora
Li vien per meno entrar ne’ pari tuoi
Se Nobile non ne và, sin’aquell’hora.
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Al Rev.mo Sig. Ciantro don Stanislao Pisana Nobilissimo:
in essa Insigne Colleggiata di Sª Mª la Nova
(sonetto)
Pisàn tu sei ma ben pesar io devo
Tua gloria innata che trapesando vai
Tu ben sei di tua casa un gran sollievo
Come ben tù già sublimato t’hai;
Con la tua nobiltà di gran rilievo
Tu relucer la fai più molto assai,
al par dell’invitto grande Svevo
con cui fattezze tue pesando vai.
Al Nobil Colleggio tuo, gran gloria porti
Per la gran Nobiltà tua che tanto preggia
Mentre a Nobil sol, ne dai le sorti;
essendo dunqu’in te Nobiltà reggia,
perciò in essa lo baculo ne porti,
col titolo di Cantor che in te pompeggia.
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All’istesso Rev. Don Stanislao Pisana ed’Apa
PISANA (sonetto)
Anagramma pure
PI; N’APA
Un apa sei che da vegidi fiori
Ben dolce miel colleggendo, tu vai
E benche del pisan il nome annodi
Nel pisan anche tu apa ti fai;
Dunque nell’apa maggior gloria godi
Mentre nel pisan ben’apa, tù s(p)ai
Ti ..... in tanto in tutti quanti i modi
Nel pisàn ad’apa, in cui uniti haverai
Dell’Antenati tuoi, i dolci nodi,
di tua Nobiltà che finirà già mai
como ben’anche tu molto l’honori
Col gran splendor tuo invaghirai
Per li gran virtuti tuoi vanità e ori
Che da te stesso ben compartir sai.
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Colleggiata Insigne della Consolatione sotto l’Insegna d’aquila e di lupo da cui vennero investite l’altre colleggiate da suoi preggi a nuove dignità.
(Frammento Nº2)
Benché d’aquila il r(ostro)....d’ella ne vanta
Per non esser’ suoi r.....già mai ben corte
Cossi di lun’anchor, il meggio, ammanta
Sin’ al plenilunio, ben’ esser forte
Come già sopra tutte si millanta
Agualansi, non sol, ma a maggior sorte
Con averla asceso a dignità tanta
Nella grandezza ch’anche lei comparte
Come succede nella sua Insignità
Essere tutte ben anche investite
Di nuovi preggi e nuove dignità
Come per esser padrona della Civita
A le grandezze sue ben bene unita
Da lun’ad aquila a sorvolar verrà.
Fratellanza della Consolazione la più preggiata
DOC. N.2
Havendosi questo presente anno 1739 di 25 Agosto celebrare da dudici Nobilissimi procuradori la sollennità =festa del glorioso Reggio Apostolo San Bartolomeo di questa Città di Scicli un sontuoso apparecchio al presenti di si qualificati e nobili procuradori, di numerosi mortaretti e maschi e nuovi apparati già posti in opera e cossi sontuosi giochi di fuoco, risplentissimi lumi di dentro e fuore di essa venerabile e prima Insigne Colleggiata e Canonici Baroni di essa Chiesa di San Bartolomeo e Reggia fratellanza e confratia di esso Reggio Apostolo e con palij di corsa e altre nobili dimostranze al solito farsi per essa solennità. Tra l’altre con apparecchio di nobilissima musica con musici li più scelti di tutto questo Valle e fuori anche la rappresentazione della vita, martirio e morte di esso glorioso Reggio Apostolo con personaggi riccamente vestiti per tutta la città nella sollenne processione dell’Archa d’argento con reliquie autentiche di osso glorioso Apostolo San Bartolomeo et altre reliquie diverse di San Pellegrino e altre. Fra l’altre vennero composti a istanza di essi Nobilissimi Dudici procuradori quattro dialoghi e mandato in stampa ad honore e gloria di esso glorioso Santo da cantarsi come si è detto.
Per lievi però disturbi volle il caso che tali dialoghi non si cantarono in essa venerabile prima Colleggiata insigne e canonici Baroni di esso San Bartolomeo.
Con che ad... vennero cantati nella venerabile Colleggiata chiesa di Sª Mª la pietà sotto titolo della Nova di questa medesima città di Scicli con la ristampa della prima facciata aggiunta del tenor che........... Betulia liberata
Parte Seconda
Dialogo
Più instrumenti che si dovea cantare.......... rtolomei nella città di Sci....ristampatolo per co......et Insigne collegiata.....
S. Maria
Di pietà detta La Nova della Città di
Scicli
Per la solenne festa della Natività di Nostra Signora nell’8 Settembre 1739
E lo che siegue più
E perche con discapito di essa inscrittione Chiesa Sª Mª la Nova viene denominata essa Insigne Colleggiata di San Bartolomeo da simplice Colleggiata con distinzione di Colleggiata Insigne di essa Sª Mª la Nova
Per sincerare intanto la mente alli latroni, si mandaro a stampare nuoblamente li seguenti versi a lode di tutte quattro le Colleggiate di questa suddetta Città di Scicli con li suoi ch’ogni una leva, cioè
San Matteo come a Matrice sotto l’insegna d’Aurora
S. Maria della Consolazione sotto l’insegna d’Aquila e di luna
San Bartolomeo sotto l’insegna del sole
Insegna propria di esse quattro Colleggiate
San Matteo
Come a Matrice l’Aurora si vanta
Che ben al sol prende il suo chiarore
Con che prima l’Auror il sol ammanta
Con che cassa di Sicli e tan l’ardore
Men che l’auror maggior lunj..pianta
Domina l’Auror esso piacere
Già mai dar potrà suo qual luna sol
Poichè il primato........
Con che esso....
(è ripetuta:)
San Matteo
Come a Matrice d’auror si vanta
Che ben al sol prende il suo chiarore
Con che dato li vien il sommo honore
Sopra di stella averà il sol che canta
Più di qual altro và il suo splendore
Giache prima l’Auror di se t’ammanta
Con che cessa di stella e lun’ l’ardore
Mentre l’Auror maggior la ... canta
A se prima l’Auror non sopravviene
Zia mai dar potrà suo tal lume il sole
(TIMBRO)
Mentre il primato all’Auror conviene
Per cui sparve di stell’a lun’splendore
Con non poter mai più rilucer bene
Se ..(t)roppe tan oscura a tutti il sole
Sª Mª la Nova sotto l’insegna di stella
Con molto vanto la grandezza spira
Di crinita stella al suo splendore
Si come ben assai molto si mira
Di qual preggio sean e quall’honore
Mentre guardar al ciel la stella tira
Perchè del ciel son ben le stelle il fiore
Come d’ogn’un il ciel cosi s’ammira
Per le stelle che tien per dentro e fore
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Giache di nobili son natali tuoi
Va ad altro forse la indignità si fora
Ne vien per men entrar nei pari tuoi
Se nobile non ne va sin a quest’hora
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