Roma – La generazione di Alberto Moravia ha espresso giganti come Moravia stesso, Calvino, Pasolini, Sciascia, ma «oggi il mondo è molto cambiato, l’Italia non brilla, non c’è una figura simile a queste». Parola di Carmen Llera Moravia che dello scrittore è stata la seconda moglie. A vent’anni di distanza dalla scomparsa del romanziere e saggista, proprio il 6 dicembre prossimo sarà aperta al pubblico la sua casa romana trasformata in museo. Manifestazione alla quale sarà presente Dacia Maraini, presidente dell’Associazione Fondo Alberto Moravia e che a lungo fu compagna di Moravia stesso.
Carmen Llera Moravia ha raccontato il “suo” Moravia in un’intervista a Radio 24 nel programma “Italia in Controluce”: «la casa – dice – per lui era un luogo dove scriveva ma, in realtà non appena poteva partire era felicissimo di muoversi. Stava benissimo negli alberghi: lui scriveva ovunque. Mi ricordo in un albergo sperduto in mezzo alla foresta del Gabon, la mattina si svegliava prestissimo e scriveva a mano, invece che con la macchina da scrivere».
Era una scrittura con «stesure varie» – aggiunge – un affinamento che durava fino a quando l’ultima copia coincideva con la penultima. Nella casa di Lungotevere della Vittoria a Roma, che sarà aperta al pubblico dal 6 dicembre, si potranno vedere i libri, circa diecimila, coi quali – racconta Carmen Llera – Moravia aveva un rapporto «migliore che con i propri: in questo era molto umile, probabilmente perché ha avuto il successo immediatamente». E poi molti dipinti, tra i quali il ritratto firmato da
Renato Guttuso: «Il più impressionante – sottolinea la Llera – con colori vivissimi, le mani nodosissime. Ho assistito alle sedute e Moravia si annoiava mortalmente…».
«Secondo me – spiega – Moravia è capito meglio all’estero che in Italia perché era cosmopolita e aperto, anticipava quel che poteva essere la letteratura italiana. In Francia viene considerato quasi un autore francese, anche perché è stato tradotto immediatamente».
Sull’assenza di Alberto Moravia dall’attuale dibattito italiano, Llera osserva che «lui era quel che si chiama uno scrittore engagé, uno scrittore impegnato in tutto, un intellettuale, una figura completa. In vita era una presenza, anche fisica, enorme. Lo vedevi ovunque, interveniva continuamente, scriveva sul Corriere della Sera, l’Espresso, faceva critica cinematografica. Mancato lui, non basta l’opera da sola: non so perché».
Le figure femminili, dice ancora Carmen Llera, sono state senz’altro al centro dell’indagine letteraria e non solo di Moravia: «Il sesso per lui era un modo di interpretare anche il mondo, come poteva essere il denaro per Balzac».
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