Polemica su "Il cimitero di Praga"
di Redazione

Roma – «L’errore grave, da evitare sempre e comunque, senza se e senza ma, è sottovalutare il lettore, dare implicitamente per scontato che sia meno attrezzato culturalmente, meno perspicace, in una parola, meno “intelligente” di noi».
Pur recensendo il libro “Come non scrivere un romanzo” di Howard Mittelmark e Sandra Newman, l’Osservatore Romano se la prende nuovamente con Umberto Eco e col suo “Il cimitero di Praga”, riflettendo, non senza ironia, sulla «difficile arte della copiatura» dopo che una lettrice del quotidiano “La Stampa” di Torino ha individuato tra le pagine del romanzo di Eco brani di “Da Quarto al Volturno” di Giuseppe Cesare Abba.
«La passione dell’autore per il centone, il florilegio e il “pastiche” più o meno mascherato non è una novità, come l’assunto che tutto è falsificabile e i segni stessi della semiotica servono per mentire», scrive Silvia Guidi nell’articolo. «Lo stesso celeberrimo “Il nome della rosa” ne è un esempio – prosegue -; già negli anni Novanta, all’università di Firenze un docente di filosofia medievale era solito assegnare agli studenti (come può testimoniare chi scrive) il compito a casa di rintracciare le fonti del libro, un centone di testi medievali riassemblati sotto forma di bestseller, innescando un’appassionante (e didatticamente efficacissima) caccia all’autore copiato, tradotto, parafrasato, parodiato».
«Probabilmente è per questo – conclude ironicamente l’Osservatore Romano – che il professor Eco ha evitato di citare le sue fonti (anche in carattere 8 in una nota sperduta a piè di pagina, o in una post fazione relegata dopo l’indice) ne “Il cimitero di Praga”. L’apparente trascuratezza nasconde una preoccupazione didattica: non vuole privare i colleghi docenti universitari di un utile strumento di lavoro».
Fino a questo momento non c’è stata ancora alcuna replica di Umberto Eco alla “tiratina d’orecchi” che gli ha fatto l’Osservatore. Ma non è escluso che ci sarà nei prossimi giorni.
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