Cultura
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23/01/2011 22:22

Camilleri: Vi svelo come è nato il mio stile

«Il corso delle cose»

di Redazione

Camilleri, compleanno
Camilleri, compleanno

Incredibile a dirsi: per scrivere il suo primo romanzo, Andrea Camilleri lavorò per più di un anno e mezzo, dall’aprile 1967 al dicembre 1968. E molto più tempo, con relativa alta dose di pazienza, impiegò per pubblicarlo presso un quasi sconosciuto editore di provincia, che praticamente lo distribuì soltanto tra una ristrettissima cerchia di lettori.

Questo perché «Il corso delle cose» – titolo tratto da una frase del “Senso e non senso” di Maurice Merleau-Ponty – venne decisamente rifiutato dai maggiori referenti dell’industria libraria nazionale, perplessi di fronte a una scrittura mista di lingua e dialetto, e restii a sperimentazioni sul campo relative a un nuovo modo di raccontare la realtà, e la fantasia, della Sicilia.
Ma dal momento che il testo, uscito successivamente da Sellerio, ha raggiunto nel settembre 2010 la sua ventinovesima edizione, qualcosa negli altrimenti collaudati meccanismi dell’imprenditoria culturale deve essersi, in passato, inceppata. Soprattutto perché il libro appare oggi facilmente riconoscibile come un piccolo capolavoro di sicilianità, denso di suggestioni e spunti d’interesse, peraltro ampiamente utilizzati dallo stesso scrittore in altre prove narrative del suo periodo di maggior fama.
La vicenda riguarda il misterioso attentato contro un giovane paesano, apparentemente tranquillo e pacifico, dedito ai consueti passatempi del «vitellone» di provincia: cinema, bar, qualche trasgressione sessuale più o meno mercenaria. E poi gli amici, tanti, in un contesto dove ciascuno sa tutto di tutti.
Ma così sempre non è. E l’apparenza può nascondere inattese verità. Perciò la storia dei colpi di fucile sparati contro il protagonista e quella – parallela – del ritrovamento del cadavere di un pastore nelle campagne appena fuori il centro abitato si trasformano, da subito, nello specchio fedele di una realtà regolata da loschi traffici, meschini espedienti, rischiosi tradimenti. Con lo sfondo dell’annuale processione del patrono, in un delirio di presunta devozione tra sacro e profano, riti arcaici e residui sentimenti religiosi, superstizioni e pettegolezzi.
Una Sicilia vera nella sua problematicità, che non impedisce però allo scrittore di narrare quei caratteri individuali e collettivi talora in grado di trasformare il negativo in positivo. Sulla base di una misteriosa e quasi magica propensione a invertire di continuo quel «corso delle cose», altrove disegnato da rigorose linearità. Una terra unica e irripetibile, insomma, dove tutto all’improvviso può cambiare, e dove ogni singola espressione, ogni frase detta o pensata può significare altro dalla sua letterale valenza. In un crogiolo d’interpretazioni che diviene presto il sale della vita.