Studente di ingegneria, lascia la Calabria e si trasferisce a Scicli
di Giuseppe Savà


Scicli – Andrea Scarfò, quasi trentenne, fotografo, di origini calabresi, siciliano, e sciclitano, acquisito.
“Mi permetto di correggere… la Sicilia non mi ha acquisito, ma conquistato”, precisa subito all’interlocutore.
“Sono qui per questioni sentimentali, ma ho subito scoperto che la Sicilia non ha niente in meno della mia terra da un punto di vista umano e paesaggistico e assicura un po’ di benessere in più”.
L’incontro con la donna che ami?
“La storia inizia da molto lontano. Inizia da Fabrizio de André e dalla mia passione per i suoi temi e il suo pensiero. Questa passione mi ha portato, quando ero ancora studente di ingegneria, a fare una sorta di indagine fotografica sulla condizione attuale delle popolazioni rom.
Mi trovavo al campo rom di Torre del Greco (in provincia di Napoli), mentre guardavo pensavo e ripensavo “il cuore rallenta, la testa cammina”… il primo verso di “Khorakhané – a forza di essere vento.
Ne è nato un video e una mostra fotografica di un fotografo acerbo ma già con un buon occhio, una di quelle foto, vincente ad un concorso, espone permanentemente ora al museo della memoria dell’ex campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia (Cosenza), il più grande del mezzogiorno.
Insomma… grazie a de André ho incontrato non solo amore, ma anche “l’amore” e ora sono qui”.
Poi hai incontrato il Cristo Risorto di Scicli.
“Mi trovavo a Scicli in occasione delle vacanze pasquali e allora, ricordando il recente brano di Vinicio Capossela, ho studiato, mi sono documentato sul web e ho deciso di provare a fotografare le festività pasquali di Scicli… vado ancora fiero di alcuni scatti. Da queste immagini ne è nato un libro fotografico di 48 pagine, tutte a colori: “u Gioia, Pasqua a Scicli” edito dalla Città del Sole per la collana photoetika.
Sostengo questo libro abbia diversi punti di forza: lo sguardo sorpreso di un osservatore nuovo alla festa, che non teme la folla, ma che anzi si affida ad essa; i ritratti ambientati, possibili solo minimizzando la distanza di ripresa e poi l’odore, si perché secondo me una fotografia, soprattutto di reportage, se è buona trasmette all’osservatore l’odore della scena.
Il lavoro che però mi ha dato più soddisfazioni al momento è però la mostra fotografica “Magna, Italia! Un racconto fotografico da Rosarno” in cui racconto la situazione del paese e del suo territorio circostante prima, durante e dopo gli scontri che l’hanno portato in prima pagina di tutti i giornali del mondo.
Con questo lavoro ho avuto l’onore di essere premiato a Bruxelles e a Bologna, di girare l’Italia ma soprattutto di fare da testimone di una pagina di storia troppo poco trasparente. A questo progetto si è aggiunta poi la musica di alcuni artisti calabresi, i Kerid, dal cui incontro è nato un videoclip musicale creato con le mie fotografie.
In questo inverno ho intenzione di raccontare tramite ad un laboratorio fotografico alcune realtà dimenticate d’Italia”.
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