Cultura
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08/03/2012 18:47

Scatti di Gioia. Perchè gli sciclitani a Dio danno del Tu

Nelle migliori edicole

di Giuseppe Pitrolo

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Il Gioia fotografato da Renato Iurato
Il Gioia fotografato da Renato Iurato

Scicli – E’ in edicola da qualche giorno “Scatti di Gioia”, un libro fotografico di Renato Iurato che racconta la festa più amata dagli sciclitani, quella del Cristo Risorto.

Un viaggio tra colori e bianco e nero, che viene riassunto nella prefazione del professor Giuseppe Pitrolo, che qui pubblichiamo. 

 

 “Ha lasciato il calvario e il sudario/ Ha lasciato la croce e la pena/

Si è levato il sonno di dosso e adesso per sempre per sempre è con noi/

Se il Padre eterno l’aveva abbandonato/ Ora i paesani se l’hanno accompagnato/

Che grande festa poterselo abbracciare/ Che grande festa portarselo a mangiare (…)

E’ pazzo di gioia, è un uomo vivo… 

 

Vinicio Capossela

 

“Con il Gioia gli sciclitani danno del tu a Dio

Giosuè Calaciura

 

La più fotografata dagli sciclitani (e non solo…).

Negli ultimi quindici anni circa Scicli da città ignorata dai più è diventata ambita meta turistica: ciò si deve agli studi e alle passeggiate barocche di Paolo Nifosì (e di altri studiosi); ai pioneristici servizi di “Bella Italia” e “Kalòs”; alla fiction “Montalbano”; al riconoscimento UNESCO; alle foto di tanti fotografi, professionisti e dilettanti.  

Saranno gli antropologi, fra qualche decennio, a spiegarci come dagli anni Novanta del secolo scorso gli sciclitani abbiamo iniziato a prendere coscienza di noi stessi, del nostro territorio, delle nostre feste.

E la miglior documentazione di questa crescita saranno innanzitutto le foto: sia quelle scattate dai fotografi di professione che quelle dei tantissimi cittadini, che in questi anni hanno scoperto che Scicli è bella e quindi degna di essere immortalata.

Nei suoi monumenti, nelle sue spiagge. E nelle sue feste.  

Le Feste di Primavera: la dionisiaca Cavalcata di San Giuseppe, l’esuberante Gioia (la più fotografata dagli sciclitani, e non solo…) e la spiazzante Madonna a cavallo. Feste esplosive. Barocche.

Bufalino parlava di “luce e lutto” per definire la Sicilia: ma la Sicilia occidentale e quella orientale hanno modi diversi di “lutteggiare” e festeggiare, con la prevalenza nella Sicilia ionica della luce sul lutto: affinché l’isola non sia solo sepolcro, ma grembo. “Luce e lutto”, certo, ma il nostro “lutto” è pieno di “luce”, mediterraneo, greco. Cristo è eccesso ed eccezione: per questo ci mette in crisi, perché ogni uomo può essere Dio.

Scrive Vincenzo Consolo che “nella gioia clamorosa dei fedeli per il Cristo Risorto, nel simulacro di quel nudo corpo splendente che viene lanciato in alto, viene fatto vorticare dentro la chiesa di Scicli, possiamo leggere l’eterna vicenda della rinascita, della gioia, del Gioia, che fuga ogni lutto, ogni pena, ogni buio del frigido inverno dell’uomo”.

Andrea Scarfò ha realizzato un bel reportage sulla festa 2010 del Gioia, dal Sabato sera della Resuscita al lunedì mattina.

Per Renato Iurato, piuttosto, le foto del Gioia sono una sorta di autobiografia, personale e cittadina.

Infatti Iurato ha fotografato la festa per più di vent’anni: se analizziamo le sue foto potremmo probabilmente notare i cambiamenti del fotografo Iurato, ma possiamo sicuramente constatare i mutamenti della città e degli sciclitani. Come in una delle scene finali di “Nuovo cinema Paradiso” ritroviamo bambini diventati ragazzi, uomini divenuti anziani, ragazze ormai donne (per non dire dei mutamenti dei vestiti e delle acconciature).

Riconosciamo cioè le trasformazioni degli sciclitani.

Ritroviamo la vita.

Proprio perché il “Gioia” di Scicli è una festa che muta continuamente restando fedele a se stessa, sempre diversa e sempre uguale, perpetuamente sorprendente ed affascinante. La caratteristica del Gioia è il movimento, l’imprevedibilità, il divenire, la trasformazione: la vita. E Iurato ha saputo trovare le costanti e i cambiamenti della festa nel corso degli anni.

Il fluttuare del Gioia, in verità, corrisponde all’alternarsi di morte e vita: le foto devono perciò rendere il senso del “barocco che ondeggia”, dei mascheroni scesi nella piazza di Scicli, facendosi uomini e portatori (la festa e i portatori; anzi: la festa è i portatori…).

E “la vita è bella” perché mescola morte e esistenza, lacrime e risate, dolore e gioia…

Scicli è una cittadina forte, risorta più bella dopo il terremoto del 1693 (alla morte di Cristo “il velo del tempio si squarciò” e ci fu un terremoto…): una città in perpetuo divenire, in cui si valorizza il passato col Barocco, l’UNESCO, le tradizioni popolari, e allo stesso tempo si esalta la contemporaneità col Gruppo di Scicli e la fiction “Montalbano”: la vita va avanti, a Scicli: non siamo un paese che si è fermato.

E nel Gioia troviamo la stessa forza, che è anche l’esplosiva energia dei suoi portatori: perché la luce  vince sul lutto, la vita sulla morte, l’”orior” sul “m-orior” (G. Dormiente).

Le foto della festa devono essere piene di vitalità, furia, furore: la caoticità magmatica della festa deve essere definita dagli scatti: anche Iurato ha saputo realizzare foto con la stessa carica, energia e speranza del Gioia: ha adottato un linguaggio acceso ed eccessivo, perché lo spettatore di ‘U Gioia’ sa che quando vorrà potrà diventare attore, trasportando la statua e da essa facendosi trasportare.

Il fotografo Renato Iurato ha sempre amato lo “sperimentalismo”, lo straniamento, la sorpresa, la rivelazione. Per andare “al di là del visibile” (Nuccio Asta), per trasportarci “in un mondo irreale e onirico” (Natalino Manenti), per cogliere ciò che l’occhio non può vedere. Da qui derivano le sue ricerche sul movimento, la mutevolezza, le vibrazioni. Scrivevamo quindici anni fa: “E’ il moto il vero soggetto di Iurato: congelare il movimento, fermare l’attimo”. Da qui provengono i primi piani, i forti contrasti di colore, la ricerca dell’equilibrio, quella citata lotta fra “luce e lutto” su cui si fonda l’arte.

E su cui, in fin dei conti, si fonda la vita.      

 

 

Foto Renato Iurato, tutti i diritti riservati