Catania - “L’isola delle carte. Cartografia della Sicilia in età moderna”: è il libro di Paolo Militello, pubblicato dalla Franco Angeli nella prestigiosa collana ‘Studi e ricerche storiche’.
Paolo nel 2001 aveva pubblicato un’eccellente monografia sul nostro territorio: “La Contea di Modica tra storia e cartografia. Rappresentazioni e pratiche di uno spazio feudale (XVI-XIX) secolo”, prefazione di Giuseppe Giarrizzo, introduzione di Enrico Iachello; editrice L’Epos.
Era un libro che affrontava la Contea di Modica in età moderna partendo dalla simbolizzazione del territorio, dalla geografia, dalla natura degli approdi, dalla “mediterraneità”, seguendo la lezione di quella scuola, fondata da Marc Bloch e da Lucien Febvre, che studia la vita materiale, la vita privata, in contrapposizione alla storia “evenementielle” (cioè delle pure “battaglie”): da qui lo spazio dato, dagli “Annalisti”, allo studio della convivialità, degli ambienti privati, del corpo, dei marginali, della storia delle mentalità, dell’immaginario, del clima…
La monografia di Paolo Militello parte dalla bibliografia, folta di 300 testi, e innanzitutto dalla cartografia, studiata con strumenti e punti di vista inediti. Perché la cartografia? Le carte in un primo tempo non riportavano tutti i comuni o tutti i particolari che per noi ora sono significativi [cfr. la carta della Sicilia dei Musei Vaticani]: ad esempio, progressivamente le cose cambiavano, seguendo il mutamento delle città, che quindi erano rappresentate diversamente secondo la loro evoluzione. Di volta in volta i rapporti di forza fra una città e l’altra si modificavano: e ciò emerge chiaramente proprio grazie alla cartografia. Paolo Militello, come spiega Giuseppe Pitrolo in una recensione al libro, “fa un uso nuovo delle carte, che non sono solo contemplate: procede dalle carte geografiche per risalire alla mentalità del tempo, a come le comunità si percepivano, si rappresentavano. Cerca di spiegarci, semiologicamente, cosa poteva esserci dietro una certa rappresentazione grafica. Infatti nessuna immagine è innocente: ogni rappresentazione, ogni testo può essere studiato da tanti punti di vista diversi. Ogni segno, ogni immagine, ogni rappresentazione cartografica perciò nel testo di Militello viene contestualizzata: l’autore ci spiega a chi si rivolgeva la carta, come, perché”. Il libro si divide in quattro capitoli: nel primo “si procede ad una preliminare contestualizzazione delle rappresentazioni cartografiche”. Nel secondo si prendono in esame “la realizzazione, il linguaggio e l’uso delle carte”. Il terzo è dedicato ad alcune carte miliari per la cartografia siciliana e il quarto alla città di Siracusa, “spazio urbano dotato di forte identità”. Da quanto scritto emerge la ricchezza e la novità dello studio: Sciascia, in “Sicilia e sicilitudine” (1969), scriveva che “alla base di tutto c’è, ovviamente, il fatto geografico: la Sicilia è un’isola al centro del Mediterraneo; ma alla sua importanza in un sistema (…) strategico di difesa (…) ha corrisposto una vulnerabilità di difesa, una insicurezza”: del mare i siciliani “diffidano” (Pirandello). Paolo invece sottolinea che i nostri antenati erano proiettati verso il mare: Giarrizzo nell’introduzione evidenzia che ciò si percepisce proprio dalle carte, che disegnano “le coste con maggior cura del territorio interno”. Dal ‘500 la Sicilia è una zona di frontiera, “ponte in un mare che (…) è, soprattutto, via di comunicazione”. E non è quindi piccolo pregio dell’autore avere allargato i suoi interessi dalla Contea di Modica all’intera Sicilia, sapendo evitare, secondo quanto scriveva Iachello per lo studio precedente, “gli scogli tradizionali della storia locale, l’eccezionalismo o l’appiattimento dentro i cosiddetti processi generali”.