Borragine e ragù di cernia
di Redazione


Scicli – La scorsa settimana abbiamo cominciato con una ricetta facile facile: i biscotti di meliga. Consideriamo che abbiate tutti superato la prova, e questa settimana vi invitiamo a cimentarvi con noi in una ricetta più impegnativa:
RAVIOLI DI RICOTTA E BORRAGINE CON RAGU’ DI CERNIA
I ravioli sono un bel banco di prova per cucinare in coppia. Richiedono dedizione, pazienza, visione d’insieme, e un sacco di passaggi preliminari: cercare gli ingredienti, fare la pasta, preparare il ripieno, il ragù… praticamente, chi non ha un ristorante, si deve prendere una giornata di ferie.
Si comincia la mattina presto, andando a raccogliere la borragine (“fare borraini”, come dice Antonio, che ha la curiosa abitudine dei siciliani: quando esce, dice sempre «sto tornando»). Poi ci vuole un bel giro al mercato del pesce, perché non è che le cernie ti aspettino a branchie aperte, ci vuole fortuna a trovarne una come si deve, soda e carnosa…
Per me, che sono del nord, vale il principio di Nadia Santini, una delle rarissime cuoche premiate in Italia con tre stelle Michelin, grande maestra di cucina e di vita, che ho voluto inserire nel mio libro Le cuoche che volevo diventare, pubblicato da Einaudi: «I ravioli devono essere ricchi, color dell’oro» dice Nadia, e l’unico mezzo per riuscirci è abbondare con le uova…
Ma in Sicilia, ho imparato che le uova sono off limits, e che la pasta, anche quella fatta in casa, è povera, e pallida. Perfettamente adatta al clima, però. E mi sono adeguata.
LA PASTA. Niente uova, siamo tradizionali: impastiamo 500 g di semola di grano duro con tanta acqua quanto serve a ottenere un impasto sodo, e un pizzico di sale. Il plurale è narrativo: ci vuole forza, è cosa di Antonio, che in una decina di minuti ottiene un impasto vellutato ed elastico, che mettiamo a riposare nella pellicola trasparente per circa un’ora.
LE BORRAINI. Si scelgono solo le foglioline più piccole e tenere di una borsata di borragine. Si lava con cura, si lessa in acqua leggermente salata, si strizza e si tagliuzza. La borragine punge quand’è cruda, ma come avviene per le ortiche, quand’è cotta è una delizia del tutto innocua alle papille. Notizia salutista en passant: pare che una dieta ricca di borragine renda il seno femminile più turgido. Tentar non nuoce… di sicuro costa meno di un chirurgo plastico!
IL RIPIENO. Mezzo chilo di ricotta del giorno prima, si mescola con delicatezza con le borragini lessate, strizzate e tagliuzzate. Antonio, che è il vero esteta della cucina, procede all’operazione: bisogna fermarsi in tempo, quando si ottiene un ripieno bianco e verde. Se si rimesta troppo, il colore diventa omogeneo, verdino pallido. Noi invece lo vogliamo bianco, punteggiato del verde intenso della borragine!
I RAVIOLI. Mettete via l’orologio e non guardate quanto tempo ci mettete. Stendete la pasta, ritagliate 16 cerchi del diametro di circa 5 centimetri. Spennellatene 8 con acqua, adagiate un cucchiaino di ripieno, coprite con gli altri 8 cerchi, pigiando bene per fare uscire l’aria (che farebbe scoppiare il raviolo in cottura) e per far aderire i due lembi di pasta in uno solo. Nell’operazione, il raviolo può sformarsi un po’: ritagliatelo di nuovo con il tagliapasta rotondo. Volendo, potete zigrinare i bordi con la forchetta. Non serve solo per bellezza! Così, il sugo si trattiene meglio sui bordi del raviolo cotto. Certo, ci si mette un po’ di tempo… noi ve l’abbiamo detto prima, di non guardare l’orologio! Procedete così, otto ravioli per volta, fino a esaurimento degli ingredienti, o della pazienza, o del tempo a disposizione. L’ingrediente segreto, ma non è in vendita, è il divertimento. Noi ci divertiamo un sacco.
Con i ritagli di pasta, formate delle tagliatelle o dei cavati (da condire in seguito con un bel sugo di maiale, viva la tradizione!).
IL RAGù DI CERNIA. Al ristorante, con la testa e la lisca della cernia facciamo un brodetto che usiamo per sfumare il ragù. Antonio taglia la polpa della cernia a dadini (calcolate 600-700 grammi per 10 persone), fa un soffritto con un mazzetto di aromi (maggiorana, timo, etc) e aglio, aggiunge la cernia, elimina il mazzetto aromatico e l’aglio, sfuma con poco vino bianco, e poi irrora con qualche cucchiaiata di brodo. Vietato l’ingresso al pomodoro! Troppo aggressivo, mentre noi vogliamo un gusto delicato, che faccia sentire tutti gli ingredienti.
Lessate i ravioli, scolateli pochi per volta con la schiumarola, spadellateli con il ragù, e servite subito.
Un po’ di sano realismo in cucina. Il ragù di cernia mi fa venire in mente Eugenie Brazier, una cuoca lionese della prima metà del Novecento, che nel dare la ricetta della sua famosa gallina ripiena, avvertiva: «Bisogna cucinarne ventiquattro tutte insieme, se no non ha sapore». Con la cernia si ripete una storia simile: al ristorante si cucina in ingenti quantità; ma a casa, realisticamente, in tempi di crisi, uno si compra una sventola di cernia per poi doverne congelare metà?
Meditate, gente, meditate. Tanto più che i ravioli di ricotta e borragine al ragù di cernia sono una delle opzioni del brunch ibleo che serviamo la domenica al Consiglio di Sicilia…
Il Consiglio di Sicilia è a Donnalucata, in via Casmene 79, tel 340 94 48 923. Seguitelo su facebook: Consiglio di Sicilia Donnalucata.
© Riproduzione riservata