Noto - Spentisi i riflettori sulla celebrazione del decennale del sito Unesco del Val di Noto, è interessante ricordare i passaggi salienti che hanno portato all'inclusione nella World Heritage List.
La possibilità che Noto fosse inserito nel Patrimonio dell'umanità parte da molto lontano, quando nel 1995 l'allora sindaco Raffaele Leone, sognando in grande per la sua città, contattò un'alta funzionaria Unesco a Parigi per avere indicazioni precise circa l'inserimento di Noto nel patrimonio dell'umanità. Il secondo passo fu la sua visita direttamente a Parigi per parlare con la dirigente che qualche mese dopo venne a visitare Noto, invitata dal primo cittadino. Per lei fu amore a prima vista e per il sindaco Leone la certezza che il sogno avrebbe potuto diventare realtà se si tentava il tutto per tutto.
Da lì si può dire che l'iter si mise in moto. Una volta istruita la pratica da parte del ministero dei Beni culturali, (ministri Veltroni e poi Melandri) giunse a Noto in visita ufficiale l'esperto dell'Icomos Ray Bondin che doveva stilare la relazione per l'Unesco e che credette subito nella legittimità della richiesta per l'inclusione del sito fra i beni dell'umanità. In un primo momento la candidatura riguardava soltanto Noto, Scicli, Caltagirone, Modica e Ragusa ibla. Poi fu allargata anche a Palazzolo, Militello Val di Catania e Catania limitatamente a via dei Crociferi per fare meglio risaltare l'unicum che lega tutte le otto città del Sud-Est della Sicilia, ricostruite nello stesso luogo o vicino alle città esistenti, dopo il terremoto del 1693.
Nel 2001 la doccia fredda: l'Icomos bocciava la proposta ritenendo che il sito fosse sovradimensionato. Inoltre mancava il piano di gestione che tracciava le linee guida alle quali gli otto comuni dovevano attenersi. Senza questo indispensabile strumento per la valorizzazione e conservazione dei beni monumentali appariva inutile riproporla al Bureau di Parigi. Nel frattempo con le elezioni politiche, lo scenario mutava. Per l'onorevole Bono, appena nominato sottosegretario ai Beni culturali, questa fu la grossa prima gatta da pelare. Sarebbe stato infatti, il primo caso di inclusione di un sito che non riguardava un singolo luogo o monumento, ma ben otto comuni, seppure legati fra di loro da un unicum architettonico, culturale.
Per prima cosa il sottosegretario convocò a Noto i sindaci degli otto comuni interessati che si impegnarono ad affidare l'incarico per l'elaborazione del piano di gestione. L'onorevole Bono oggi ricorda il lavoro frenetico svolto un anno intero col suo staff per costruire un percorso di superamento delle obiezioni basate sul sovradimensionamento del sito. «Mi sono inventato assieme ai miei collaboratori - dice Bono - un'ipotesi di piano di gestione che avesse in sé anche la capacità di giustificare perché i siti erano otto. Siamo riusciti a dare una risposta convincente»».
I motivi ostativi caddero e nel marzo 2002 il piano fu presentato all'Icomos che diede l'ok. Anche l'Unesco il 27 giugno diceva sì: «Le città barocche del Val di Noto. Sicilia sud orientale" erano incluse nella World Heritage list".
Nella foto, scattata al Teatro di Noto, tre militellesi il giorno del riconoscimento: Baudo, Musumeci e il compianto sindaco Lo Presti.