Scicli - Conosco da una vita Stella Savà. E prima di me la conoscevano i miei dal tempo in cui, sotto la minaccia dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, assieme a molti altri sciclitani, erano risaliti sul colle San Matteo per rifugiarsi nelle antiche necropoli.
Una donna semplice, di bassa statura.
Abita ancora a qualche metro dalle rovine di quella che fu la Porta di Modica, antichi propilei, in effetti, attraverso i quali si accedeva un tempo e ancora oggi si accede all’acropoli sciclitana dominata dal Duomo sconsacrato gesuitico e severo.
La sua voce, a volte querula, agita come vento i silenzi sepolcrali della Storia e sulle pietre antiche della città morta, trasudanti memorie, vola come dolce lamento o supplice preghiera.
Angelo e custode di un passato millenario, da sola ricapitola nella sua carne stratificazioni di civiltà e di uomini.
Di un uomo, però, Stella è invaghita fino a perdersi. E non poteva non essere che un Uomo speciale, l“Uomo Vivo” di Scicli.
Lo aspetta trepidante, come vergine fedele e casta, una volta all’anno da tutta una vita. Lo attende sull’aereo sagrato della Chiesa della Consolazione di Scicli col canestro colmo di fiori e il profumo di una fede semplice e sincera.
Neanche in questa Pasqua poteva mancare all’appuntamento.
L’ho rivista invecchiata eppure sempre animata da un amore ardente, affiancata da altre donne che ne condividevano la passione e il sogno. I capelli ora bianchi e radi erano scomposti dal vento ma gli occhi rapiti e il volto radioso erano gli stessi di Maria Maddalena.
In un incontro intimo, tuttavia consumato al cospetto di una vera moltitudine, il Cristo era sollevato da mille mani frementi fino alla sua che gli dispensava petali di rosa come se fossero state amorevoli carezze.
La sua voce si confondeva con quella dei portatori, lo interpellava, lo interrogava, lo richiamava come le parenti di San Gennaro usano fare a Napoli col santo.
Lo pregava come il Signore dei poveri che in un giorno, di cui non è dato sapere, improvvisamente cambiò tutta la sua vita.
Stella è ognuno di noi, fa parte ormai del nostro patrimonio etnico e culturale. E’ l’icona vivente di una città, Scicli, che si riconosce nel “suo” “Gioia”. E’ il frutto genuino di una pietà popolare che ha saputo interpretare, utilizzando le uniche corde del cuore, la Resurrezione del Cristo come mai nessun popolo aveva osato fare prima.
Ph. Renato Iurato