Cultura Ragusa

Santi, agitatori e Re nella Ragusa distrutta dal terremoto del 1693

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Madrid - In una delle mie frequenti incursioni nel mare magnum dell’ “Archivo Histórico Nacional” di Madrid, ho avuto la fortuna di trovare fra le carte della Sezione “Estado”, “Consejo de Italia”, Segreteria di Sicilia, due documenti riguardanti la città di Ragusa.

Ne do notizia a quanti, storici e appassionati di storia locale, volessero aggiungere un’ulteriore tessera al mosaico, tuttavia ancora molto incompleto, delle vicende che caratterizzarono la ricostruzione della città dopo il terribile terremoto del 1693 che la distrusse.

Sono due memoriali, redatti, il primo il 10 settembre del 1703 e il secondo il 17 dicembre dello stesso anno, dal segretario del Consiglio d’Italia (uno degli organismi che componeva, appunto, la sezione Estado) per il re Filippo V, erede designato dal re Carlo II a succedergli sul trono di Spagna.

L’anno 1703 è una data molto importante per la storia non solo spagnola ma dell’Europa.

Il sospetto che il testamento del fragile re Carlo, soprannominato l’”hechizado” (= stregato, affatturato), fosse stato abilmente manipolato dal Cardinale di Toledo Portocarrero, uomo di Luigi XIV (nonno del giovane Filippo, figlio secondogenito del delfino di Francia, duca d’Angiò), era una quasi certezza.

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L’Arciduca Carlo d’Austria, che si riteneva l’erede legittimo al trono di Spagna, mosse subito guerra, infatti, al cugino francese Filippo, dandogli filo da torcere in seno alla stessa corte madrilena attraverso persone di sua fiducia. Tra queste, forse il più acceso tra i suoi sostenitori, fu proprio il conte di Modica, l’Almirante di Castiglia, don Juan Tomás Enríquez de Cabrera.

Il conflitto si radicalizza proprio in questi anni (1701=Alleanza dell’Aja) con l’intervento dell’Inghilterra a favore dell’Arciduca Carlo. Intervento giustificato dalla paura fondata di un possibile accorpamento della Corona spagnola al Regno di Francia.

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Ebbene, in tutto questo marasma, il povero Filippo V, re nuovo di zecca, tra le tante preoccupazioni s’interesserà anche alla città di Ragusa.

E lo farà bene e in un modo serio.

Sempre nel 1703 la carica di viceré di Sicilia passa dalle mani del Duca di Escalona Juan Manuel Fernández Pacheco y Zuñiga a quelle del Cardinale Francesco del Giudice (Iudice), poi arcivescovo di Monreale.

Sarà proprio il cardinale Iudice, anche lui nuovo nel suo ruolo, ad affrontare il “caso” Ragusa.

Non si era spenta del tutto l’eco della “concordia” avvenuta, dopo tremende liti, tra le due chiese principali di Modica, la chiesa di San Giorgio e l’altra di San Pietro, entrambe rivendicando la matrice, che ne scoppia un’altra, ugualmente terribile, fra la chiesa di San Giorgio e l’altra di San Giovanni di Ragusa per un motivo quasi analogo.

Sorrido al pensiero che eminenti storici locali, in loro diverse pubblicazioni, accentuino, esagerando, i disordini riguardanti la processione delle reliquie di San Guglielmo a Scicli e sfumino invece questi altri molto più devastanti e imbarazzanti al punto tale da doversene occupare il re e la Santa Sede.

Il cardinale Iudice il 5 maggio del 1703 presenta al Consiglio d’Italia un memoriale che è ricopiato il 10 settembre del 1703 nell’altro, redatto dal Consiglio, compilato per il re.

In buona sostanza, il cardinale Iudice informa il re che dopo l’infausto terremoto del 1693, la città di Ragusa, ridotta un cumulo di rovine, fu divisa in due pensando così di sanare l’antico conflitto che opponeva la vetusta chiesa di San Giorgio della città vecchia alla chiesa di San Giovanni Battista della città di più recente costruzione.

“I parrocchiani delle due parrocchie di San Giorgio e di San Giovanni Battista, –scrive il cardinale- chiese entrambe insigni ed esistenti prima del terremoto, oggi totalmente distrutte, hanno ritenuto che fosse più opportuno dividere, dopo il terribile sisma del 1693, la città in due e, in effetti, così fu fatto. Si pensava di risolvere in questo modo il problema della matrice, di calmare gli animi esagitati e ripristinare finalmente la pace. Purtroppo questo non avvenne. Tale decisione scatenò una guerra civile e intestina che frammentò il popolo in fazioni, aumentò l’odio e i litigi al punto tale da spendere tanto di quel denaro in cause che neppure un grano ancora era stato destinato alla ricostruzione. Anche il denaro necessario al culto divino era stato sperperato!”

Il cardinale continua nella sua relazione affermando di aver ricevuto dai giurati della città una preoccupante lettera nella quale lo invocavano a metter fine a quelle lotte fratricide pena, in caso contrario, il totale annichilimento della città stessa.

Il cardinale, uomo saggio, a questo punto spedisce a Ragusa il giudice Don Pedro Giuseppe Lagrava che proprio in quel tempo si trovava a Modica.

Il giudice pondera il desiderio dei giurati di riunire nuovamente le due città in una, tenendo anche in conto l’effimera distanza che le separa. Rileva che i litigi tra i parrocchiani delle due chiese hanno origine lontana. Le due chiese, infatti, - spiega il Lagrava, citato in seguito dal cardinale - erano insigni anche prima del terremoto e di cospicue fabbriche, ormai purtroppo totalmente distrutte. Della prima, cioè di San Giorgio, erano parrocchiani i nobili e gli abitanti più radicati nel territorio, le case di entrambi, infatti, ricadevano dentro i confini della parrocchia; mentre, invece, borghesi e gente di campagna erano parrocchiani dell’altra (che risulta molto più estesa).

Il vero motivo del contendere verteva sul riconoscimento della “matrice”. Alcuni pretendevano che la matrice fosse la chiesa di San Giorgio per cui questa aveva precedenza nel suono delle campane, da questa erano distribuiti gli oli santi e le attribuivano vari privilegi riguardanti le processioni che spesso scadevano in veri scandali. Altri, i borghesi, lamentavano la scarsa presenza nel governo della città, i cui ufficiali erano principalmente nobili e parrocchiani della Chiesa di San Giorgio.

Il giudice, nella sua relazione, non fa mistero riguardo alla pericolosa commistione della politica con la religione e suggerisce di riunire senza possibilità di appello le due città sotto un unico Magistrato, un solo Patrimonio, una comune giurisdizione, facendo attenzione ad assegnare cariche pubbliche tra Ragusa la vecchia (non Ibla, sic! ndr), parte del nuovo abitato e parte del quartiere degli Archi, che – c’informa - è l’antico perimetro della parrocchia di San Giovanni. Per ultimo, consiglia d’imporre il perpetuo silenzio sull’argomento perché si possa finalmente ottenere una convivenza pacifica.

A questo punto il cardinale incarica il Tribunale del Patrimonio perché dia le necessarie istruzioni e fissi nuove regole in merito alla riunione delle due città in una. “Città più distrutte dall’immaginaria divisione dei loro limiti che dal terremoto stesso” chiosa.

Eseguirà questo compito don Antonio Negri che aveva sostituito intanto il Lagrava nel governo della contea.

Il Negri mette in pratica gli ordini ricevuti, redige un bando pubblico che disciplina l’assegnazione degli incarichi in maniera equa e lo fa affiggere ai muri della città con sollievo di tutti. Eccetto “quattro ecclesiastici discoli”, conclude maliziosamente il cardinale, i quali avendo fomentato la guerra si rifiutavano ora di accettare la pace. 

Ma c’è un “ma”.

Pende tuttavia la causa presentata presso la Sacra Congregazione di Roma.

Per questo il cardinale, preoccupato, decide di scrivere al re perché possa intercedere presso il Santo Padre per il tramite del suo ambasciatore e chiudere questa lite canonica.

Il Consiglio, appoggiando l’operato del cardinale, sottomette la richiesta al sovrano il quale, a sua volta, si rimette al parere del Consiglio, quindi, in poche parole, ratifica l’azione del cardinale e accetta l’intermediazione diplomatica presso la Santa Sede.

La preoccupazione che spinge Filippo V a chiudere la controversia è, in effetti, di natura economica e riguarda, soprattutto, la mancata ricostruzione. In quel momento particolare bisognava tagliare le spese e non erano consentiti contributi e provvidenze. Tanto più che qualsiasi litigio in sé non dà mai buoni frutti.

Il 24 settembre di quell’anno la lettera del Consiglio è recapitata all’ambasciatore di Spagna presso la Santa Sede Don Giovan Francesco Pacheco, Duca di Uzeda, viceré di Sicilia durante il terremoto.

Il Duca di Uzeda, con una sua lettera, risponde da Roma al Consiglio che si farà carico della cosa presso il Santo Padre.

Il Consiglio il 17 dicembre scrive un altro memoriale per il re, aggiornandolo sulle ultime novità in arrivo da Roma. Il sovrano questa volta si ritiene soddisfatto.

Le due città purtroppo continuarono a rimanere divise ancora per molto tempo, forse per la volontà di quegli ecclesiastici discoli che non volevano la pace, né religiosa né sociale.

Dove un re spagnolo, erede di un impero nel quale il sole non tramontava mai, non riuscì, riuscì invece un piccolo dittatore.

Complici il fascismo e l’anima ragusana secolarmente divisa.

Il fascismo fece di più. Pur nascendo nella città nobile e vecchia, scelse la nuova, tradizionalmente rossa e antifascista, per costruire in essa la città littoria moderna e perfetta con i suoi palazzi del potere.

Ragusa la vecchia fu dimenticata e abbandonata in un letargo dorato dal quale solo recentemente il cinema e la televisione l’hanno ridestata.

Restano le carte, queste, a testimoniare una volontà che la Storia, con la spietatezza del suo linguaggio, ha poi inflessibilmente confermato.

Trascrizione degli originali

CONCORDIA entre las iglesias de San Jorge y San Juan de Ragusa

 

Sicilia                                                            A 10 de septiembre de 1703

                                                                      Aceptada en 7

El Consejo de Italia pone en la Real noticia de su Magestad la que da el Virrey Cardenal Judice de las antiguas discordias entre las Iglesias de San Jorge y San Juan de Ragusa y sus moradores y motines que ha tenido para unir las dos Ciudades en una. Siendo de parecer se le aprueve lo que ha executado y se escriva al embajador en Roma como propone, afin de asegurar él que esta materia quede del todo compuesta y concluida.

Respuesta de su Magestad:

Como parece

Presente en 14


Consejo de 7 de septiembre de 1703

señores: todos

                                                   S e ñ o r

El Virrey Cardenal Judice en carta para Vuestra Magestad de 4 de mayo; dice que las antiguas discordias de los naturales de Ragusa originadas de la matricidad que pretenden las dos Iglesias Parrochiales de San Jorge y San Juan Bauptista ambas insignes antes del terremoto, y hoy totalmente destruidas, motivaron que el año de 1693 después de subcedido el fatal terremoto se pensase en dividir la Ciudad, formando dos de una, como en efecto se executó creyendo que la division en lo material facilitaría la union en los animos, y quedando fin a los litigios se establecería la quietud y reposo de aquel Publico, pero que la experiencia mostró que el medio que se pensó para la Paz, paró en una guerra civil e intestina, viniendo aquellos naturales divididos en facciones y con reciproco odio y mala voluntad, y en una inquietud que los conducía a su ruina, consumiendo ambas Ciudades  sus patrimonios sin haver aplicado un grano a la reedificacion de iglesias y combentos, y combirtiendo lo que estaba aplicado al culto divino, en litigios que han seguido con tanta ostinación. Que enterado de los daños que ocasionó la imaginaria división de aquella Ciudad por el memorial de los Jurados (Capitán, Sindico, Barones y Clero) en nombre de aquel publico cuya copia incluye de los incombenientes que resultan al publico de la Ciudad y que será su total destruicion la división de las dos Ciudades una con el titulo de Ragusa la nueva y otra la antigua, espresandolos lacramente, tubo por comveniente que el abogado fiscal don Pedro Joseph Lagrava que a la sazón se hallava en Modica, se transfiriese a aquellas dos Ciudades  y que reconociendo la distancia de la una a la otra informase de los incombenientes ponderados en el citado recurso de los Jurados, como en efecto lo executó con toda distinción como se reconoce de la  copia de su representación en que expresa son muy antiguas las discordias de aquellos naturales por la emulación entre las Iglesias Parrochiales de San Jorge y San Juan Bauptista ambas insignes antes del terremoto por lo material de los edificios pero arruinadas hoy, que de la primera serán y son parciales los nobles y ciudadanos antiguos por tener casi todos las abitaciones en el recinto de su parrochia, y por la mesma razón de parrochianos han ido siempre apasionados de la de San Juan (que es más dilatada) los burgueses y gente del campo, cuyas diferencias de estas Iglesias se reducían por lo pasado  así: la de San Juan havía de reconocer por Matriz a la de San Jorge en el sonar de campanas, recibir de ella el olio santo, y otros puntos de procesiones que trascendiendo a los parrochianos motivaban algunos escandalos, en que también iba cubierta la poca satisfación de los burgueses por no tener parte en el gobierno de la Ciudad cuyos oficiales por lo regular eran nobles y ciudadanos de la parrochia de San Jorge, y pondera los incombenientes que han resultado de la división de las dos Ciudades, y el odio que unos a otros se tienen, cuyo remedio se hace dificil por la conplicación de lo politico con lo espiritual de las Iglesias, que será bien volver a unir estas Ciudades reduciendolas a un solo magistrado, patrimonio y jurisdición todas las veces que parte de los ofiziales se hicieren de Ragusa la vieja, parte del nuevo abitado, y parte del cuartel de los Arcos que es el recinto antiguo de la parrochia de San Juan; aunque no cesarán las discordias entre unos y otros hasta que se ponga perpetuo silencio a las competencias de las Iglesias por las razones que enuncia; en cuya inteligencia Dice el Cardenal encargó al Tribunal del Patrimonio despachase por aquella via las ordenes convenientes para que se reuniesen de nuevo aquellas dos Ciudades, más destruidas con la imaginaria división de sus límites, que con las ruinas del terremoto pasado, afin de lograr la tranquilidad y buena armonia de aquel público; y que haviendo despachado el Patrimonio las necesarias a don Antonio Negri que en lugar de Lagrava havía pasado a Modica por Gobernador de aquel estado para la dirección de las materias y dar el metodo y regla que en adelante se debía observar, se confirió luego a dichas Ciudades de Ragusa, y publicando un bando ejecutó la reunión nombrando ofiziales con la discretiva de los lugares con universal consuelo y aplauso de todos, fuera de quatro eclesiasticos discolos que haviendo vivido con la guerra no gustaban de la Paz, como todo se comprueba de la carta y bando de dicho don Antonio Negri que se reduce a espresar lo mesmo que dice el Cardenal, el qual juzga en estas circustancias y en la de tratante de negocio de tanta importancia de su obligación pasarlo todo a la Real noticia de Vuestra Magestad para que su inteligencia se digne aprovar lo executado y que se ponga perpetuo silencio en esta materia, a cuyo fin combendrá que Vuestra Magestad mande despachar las ordenes al embaxador en Roma para que haga instancias a su Santidad en orden a que se termine quanto antes la causa que hoy pende en la Sacra Congregación sobre querer algunos se ejecute la division en lo espiritual, pues esta pretensión se hace hoy impraticable haviendo faltado la division en lo temporal conforme lo repinta el Tribunal del Patrimonio en la consulta que incluie y mereciendo esta importancia la Real aprovación de Vuestra Magestad aplicara también el Cardenal por su parte todos los medios posibles así alla, como en Roma, para que terminadas las discordias se logre la Paz y quietud de aquellos Naturales que tanto importa al servidor de Vuestra Magestad.

La Consulta del Patrimonio se reduce a referir los antecedentes de esta materia que quedan espresados, y que se de cuenta a Vuestra Magestad de todo para que se sirva aprovar lo executado, y se solicite en Roma que la Sacra Congregacion termine la causa que está pendiente e la division de lo espiritual que pretenden unos e impugnan otros, debiendose poner hoy perpetuo silencio en ello por haver faltado la division de lo temporal en que estaba apoyado este litigio, pues por este medio se establecerá la quietud y reposo de aquel pueblo y cesarán las continuas discordias y excesivos gastos que con tanto escandalo ha avido en lo pasado.

El Consejo pone en la Real noticia de Vuestra Magestad el contenido de la carta referida del cardenal y papeles que cita, siendo del parecer se le aprueve todo lo que da executado en esta materia, y que se escriva al embajador en Roma solicite se termine quanto antes la causa que está pendiente en la Sacra Congregación de la división en lo espiritual de estas dos Iglesias, pues haviendose unido lo temporal en que se apoyava, se hace impracticable esta instancia, de algunos, que otros impugnan, y por este medio se asegurará la quietud como dice el Virrey y Tribunal de Patrimonio.

Vuestra Magestad en inteligencia de todo mandará lo que más fuere servido.

Madrid a 10 de septiembre de 1703


                                             II  DOCUMENTO

 

Sicilia                                                                    a 17 de diziembre de 1703

                                                                               aceptada en 14

El Consejo de Italia pone en la Real noticia de Vuestra Magestad la que da el embajador en Roma, de la determinación quedando antes de la causa pendiente en la Congregación de Cardenales entre los parrochianos de las Iglesias de San Jorge y San Juan Baptista de Ragusa, siendo de parecer se le responda queda Vuestra Magestad enterado, y que avise de la resolución de esta dependencia.

respuesta de su Magestad

Está bien

Presente en 19


Consejo de 14 de diziembre 1703

Reg.

señores:

Guerrero

Iurado

Rubino

Zarate

Jopulo

                                                    S e ñ o r

 

En carta para Vuestra Magestad de 5 de mayo pasado dijo el virrey cardenal Judize que las antiguas discordias de los Naturales de Ragusa originadas de la matrizidad que pretenden las dos Iglesias parrochiales de San Jorge y San Juan Baptista, motivaron que el año de ‘93(después de succedido el fatal terremoto) se pensasse en dividir la Ciudad formando dos de una, como en efecto se executó, que crezendosse que esta división en lo material, facilitaría la union en los animos, y se establecería el universal sosiego, mostró la experiencia, que este medio que se eligió para la Paz, encendió una guerra civil en aquellos individuos, que con reciproco odio los conducía a su ruina, y enterado de los graves inconvenientes y perjuicios, que havían resultado de esta división, resolvió se volviessen a unir las Ciudades, reduciendolas a un solo Magistrado, Patrimonio y Jurisdicción, precaviendo la forma en que se havían de nombrar los offiziales y expidiendo las ordenes para ello se executò la reunión con universal consuelo y aplauso de todos, pareciendole azertado que Vuestra Magestad mandasse decir al embajador en Roma hiciesse instancias a su Santidad acerca de que quanto antes se terminasse la causa, que pende en la Sacra Congregación, requeren algunos se execute la división en lo espiritual de las referidas dos Iglesias, que hoy se haze impraticable haviendosse unido lo temporal en que se apoyava la pretensión, de que en consulta de 10 de septiembre pasado, dio quenta a Vuestra Magestad el Consejo, siendo de parecer se aprovasse al Cardenal todo lo executado en esta materia, y se escribiesse al embajador en Roma en la conformidad que expresava; y haviendosse conformado Vuestra Magestad, se remittió el despacho al Duque de Uzeda en 24 del mismo, a que responde en carta para Vuestra Magestad de 3 del pasado diciendo pasaría con el Pontifize y cardenales los officios que se le mandavan, para que se viesse luego la causa que queda enunciada, a cuyo fin estava señalado el día 17 del dicho año.

El Consejo lo pone en la Real noticia de Vuestra Magestad estimando se podrá responder al embajador queda Vuestra Magestad enterado de lo que participa encargandole avise la determinación de esta dependencia.

Vuestra Magestad mandaralo que fuera servido.

Madrid a*   de diziembre de 1703        

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