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23/09/2013 23:13

Se i cercatori d’oro di Sky venissero a Ragusa

Da National Geographic Channel in terra iblea

di Redazione string(0) ""

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Ragusa – Sulla piattaforma Sky è possibile guardare una lunga serie di canali (per chi è abbonato: dal 400 in poi) specializzati nella trasmissione di programmi che spaziano dai classici documentari naturalistici alle ricostruzioni storiche, passando dalle novità scientifiche a quelle dell’arte. Uno spasso, puro (che a pensare al canone Rai sale fortissima la rabbia).

Sono i vari History Channel, Dove, Marcopolo, Leonardo, Yacht and Sail e National Geographic Channel, uno dei miei preferiti.

Lo dice il nome stesso: è la versione televisiva della celeberrima rivista americana (che quest’anno festeggia i 125 anni di vita; 20 nella versione italiana). I programmi proposti da NatGeo (definizione “ridotta” sovente utilizzata dagli utenti) sono sempre di livello molto alto: costruiti benissimo, durano un’ora con solo quattro interruzioni pubblicitarie di due minuti ciascuna.

Su quel canale ho visto di recente una trasmissione dal titolo – in italiano – “Cacciatori d’oro”. Molto in sintesi si tratta di due trentenni conduttori tipicamente americani che forniti di modernissimi ed efficaci metal detector cercano, appunto, dell’oro. Ma spesso per oro si intende un tesoro, latu sensu, anche se di stoffa o di vetro. E siccome il programma è prodotto in USA, per i produttori trovare un tesoro significa trovare una bottiglia di vetro perfettamente conservata e datata ….. 1850. Proprio così, avete letto bene. Una bottiglia, almeno si spera di wisky, che è possibile far risalire all’epoca delle grandi carovane che da Est andavano in Oregon e in Nevada, per poi proseguire verso la California. Il tutto, appunto, un secolo e mezzo fa.

In quella puntata i due conduttori si trovavano infatti in un punto dello sterminato continente nord-americano, un punto preciso ed importante (per loro): è il punto dove la strada per il Far West si biforca (e c’erano ancora le tracce delle ruote dei carri! Gridavano eccitati i due yankees): da un lato si andava verso l’Oregon, dall’altro verso il Nevada e poi la mitizzata California.

In quel punto, in un solo giorno di ricerche, i due cercatori d’oro hanno trovato anche un mezzo orologio spaccato (ma per loro stessa ammissione poteva anche essere un esemplare degli anni 30 del 900) e addirittura un cerchio di ferro, di quelli che servono a tenere intera la botte. A giudicare dalle dimensioni, la botte doveva essere di quelle piccole, spesso caricate dai carri dei pionieri diretti in California. E non contenti di aver trovato questo pezzo di ferro vecchio di centocinquanta anni, i due si sono messi a ipotizzare del perché c’era solo quel pezzo e non gli altri, e il legno che costituiva la botte. Alla fine della lunga discussione, hanno decretato che la botte era stata spaccata da un pioniera sulla testa di un altro, verosimilmente il fratello, al momento di decidere se andare in Oregon o in Nevada.

Il tutto, lo ricordo, su National Geographic Channel. Ora, anche trascurando il fatto che a questi signori abbiamo affidato l’intero pianeta (non tutti gli americani sono così, si dirà, e anche molti europei vanno in televisione per capire se gli alieni sono già tra di noi), abbiamo una anche solo lontana idea di cosa c’è letteralmente sotto i nostri piedi? E siccome ci dicono tutti (certamente ce lo dicono quelli con fantastici stipendi statali) che soldi per l’archeologia (che sarebbe – a rifletterci – la parte nobile di quel flusso turistico che solo volendo potrebbe farci ricchi) non ne hanno né lo Stato né le Soprintendenze, ma almeno che si invitino i produttori di NatGeo a farli cercare qui da noi i due “cercatori d’oro”, e vediamo quanto impiegheranno i loro metal detector a impazzire.