Cultura Bologna

L’omaggio bolognese del Gruppo di Scicli a Vermeer e alla Gioconda Olandese

"La ragazza con l’orecchino di perla”

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Bologna -  “La Gioconda olandese”, qualcuno la chiama così. Ma i valori che ci catturano della fanciulla vermeeriana non sono quelli di Leonardo, che nel sorriso di Monna Lisa espresse geniale la coscienza del proprio tempo, la metafora viva della svolta epocale rinascimentale, del dominio dell’uomo sul mondo che sovrasta.

Il fascino della “Ragazza con l’orecchino di perla” è tutto umano, è il distillato sapiente di femminilità. La torsione del volto porta i suoi occhi dritti nei nostri, che ci seguono e ci attraggono dentro ognuno dei particolari che compongono alchemicamente le suggestioni dell’opera, le labbra socchiuse e umide, il ceruleo brillante degli occhi e quello misterioso dei capelli, chiusi in un turbante blu oltremare. E poi la perla, quel particolare prezioso dato da poche intense pennellate, echi meravigliosi dei passaggi impercettibili di colore e luce nel volto.

Parte della prestigiosa collezione del Mauritshuis de L’Aja, oggi la Ragazza è in Italia, a Bologna, dove costituisce il fulcro estetico di uno degli eventi espositivi più rilevanti dell’anno, la mostra “La ragazza con l’orecchino di perla”. Il mito della Golden Age. Da Vermeer a Rembrandt. Capolavori dal Mauritshuis”. Unica tappa italiana di un tour mondiale della fascinosa fanciulla, che ha lasciato temporaneamente casa, assieme a trentasei opere del celebre museo olandese, al momento in restauro, alla volta del Giappone, degli Stati Uniti e di Bologna. Artefice della trasmigrazione italiana è Marco Goldin, che, forte del suo prestigio internazionale, ha guadagnato il prezioso prestito e creato una duplice esposizione, a Palazzo Fava, l’una comprensiva della Fanciulla col copricapo colore del cielo, e l’altra pensata da Goldin “Attorno a Vermeer. I volti, la luce le cose”. Coinvolge ventisei pittori italiani, quest’ultimo evento, nato – come afferma lo stesso Goldin, dalla memoria di un pastello di Piero Guccione, “Piccola veduta di Delft”, un omaggio che l’artista aveva tributato a Vermeer nel 1986. Ed è manifesto della mostra quella veduta-visione così guccioniana e insieme così vermeeriana, nell’esaltazione implicita di luce e silenzi, dell’intuizione di vita dentro l’invenzione dell’arte.

L’invito di Goldin è stato rivolto a una significativa parte del Gruppo di Scicli. Colombo, Polizzi, Puglisi, Sarnari, Zuccaro, questi i maestri che l’Italia ammira nelle pareti di Palazzo Fava, meta di migliaia di visitatori della mostra. Silenti ed essenziali si stagliano icastiche le figure di Giuseppe Colombo, che invocano luce dalla monocromia, dal tutto colore o da un vuoto di raffinata sospensione. In Franco Polizzi il carico aureo della memoria, le sue preziose interazioni col presente sono moderna tessitura di passato in una sensibilità contemporanea, come dice il taglio che isola particolari luministici del cosmo vermeeriano, come spiega la reinvenzione estrema – in limine con l’Espressionismo – della “Ragazza”, innestata in una novità di rosso che enfatizza l’eloquente sbavatura della bocca, in una magnificazione dei valori pittorici. Baluginii incantati di luce, in una gamma suadente di blu, nelle opere sempre virtuose di Giuseppe Puglisi, che porta il cielo in una stanza, con la magia dell’Astronomo. È nella interruzione e ricreazione il magistero di Franco Sarnari, che omaggia Vermeer con quattro Cancellazioni”, che esaltano l’inarrivabilità della perfezione con la sua simbolica ‘cancellazione’. E dicono d’un mondo cucito di gemme gli interni materici di Piero Zuccaro, vibranti dell’essenza recondita vermeeriana, colore, luce, profondissima arte.

La Sicilia

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 In apertura, Dentro il rosso di Vermeer, Franco Polizzi.

A seguire, Cancellazione (da Vermeer), Franco Sarnari.

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Lezione di Musica, Giuseppe Colombo

 Dialogo vermeriano, L'Astronomo, Giuseppe Puglisi

Signora alla spinetta e gentiluomo, interno da Vermeer, Piero Zuccaro

Piccola veduta di Delft (da Vermeer), Piero Guccione


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