Cultura Ragusa

Mario Venuti, l’ultimo romantico al Teatro Donnafugata

Ragusa brucia ancora

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Ragusa -  Si autodefinisce “L’ultimo romantico” il cantautore siciliano Mario Venuti. E con questa etichetta, che intitola il suo ultimo lavoro discografico, il Donnafugata di Ibla chiude la stagione teatrale. Affidando un saluto musicale alla voce virtuosa di Cassandra Raffaele, che ha aperto lo spettacolo di Venuti, sabato sera e domenica.

Incontriamo il musicista e avviamo la conversazione con un avvicinamento alla sua personalità, risalendo la linea del tempo fino agli anni della sua formazione, l’infanzia siciliana, le prime esperienze musicali entro cover band, la svolta del 1982, coi Denovo.

«Sono nato a Siracusa, ma mi sono trasferito a Catania a nove anni, dunque le cose più importanti, la mia crescita culturale, musicale, sono avvenute a Catania, dove ho cominciato a suonare a quattordici anni».

Quale il legame con la sua terra?

«Non me ne sono mai andato dalla Sicilia, con la quale coltivo un legame anzitutto umano molto forte. Questa terra, con tutte le sue contraddizioni, mi ha dato linfa vitale e creativa. Sono qua e non penso che me ne andrò. Viaggio molto, ma alla fine ritorno sempre».

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Se dovesse enucleare gli elementi della sua personalità artistica ai quali affida la forza e la riconoscibilità del suo ‘messaggio’ al mondo – i colori sudamericani delle sonorità, combinate al pop, al rock, la corda intimista –, come presenterebbe la sua figura?

«Qualcuno ha trovato che la mia musica esprime una specie di gioia mista a una sorta di nostalgia per un’innocenza perduta. Una grande vitalità mista a una vena malinconica, che deriva dalla consapevolezza che il tempo passa, che certe cose si perdono. Classicamente, noi siciliani abbiamo un rapporto importante con la memoria, tendiamo a incensarla. Pensiamo ai nostri scrittori, a Bufalino. Non abbiamo un buon rapporto col presente, né tanto meno col futuro, ma valorizziamo il sogno della memoria, che assume col tempo sempre un’aura di epoca magnifica».

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Lei scomoda matrici letterarie, certo alla base della cifra di Venuti. Tornando al suo vissuto, vorrebbe commentare la qualità delle sue collaborazioni musicali, tra le quali ricordiamo Carmen Consoli, Antonella Ruggiero, i Denovo (specie Madonia), gli Arancia Sonora?

«La collaborazione che ricordo forse con più intensità è quella con Carmen Consoli. Con lei ho fatto tante cose, tra le quali “Amore di plastica”, di cui sono coautore. Abbiamo lavorato molto insieme, in studio, sul palco. Anche a distanza, dopo anni, attraverso la nostra musica, abbiamo continuato a lanciarci dei segnali in codice: dialogavamo così».

Lo spettacolo di Ragusa, al Donnafugata di Ibla. Ci prepara ai temi, alle forme?

«Sono solo col pianoforte, sul palco di questo teatrino, che ha una dimensione molto intima, una bomboniera all’interno di un palazzo nobiliare. Sono solo con la mia chitarra, con il mio pianoforte, con la mia musica nuda, però mossa in tutta la sua forza per la scrittura, per la tessitura melodica. Sono anni che faccio concerti da solo, perché, per fortuna, le mie canzoni si reggono bene anche da sole, senza bisogno di tanti arrangiamenti. Togliendo tanti orpelli, credo che la mia musica, anche dal punto di vista emozionale, arrivi più dritta al cuore. Molti appassionati, che mi seguono, affermano di preferirmi nella versione solitaria. Mi sento anche libero da condizionamenti stretti, libero di cambiare scaletta. È un po’ come passare una serata con gli amici, nel salotto di casa mia».

La Sicilia


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