Ispica - Sono rimasti soltanto 10 cani al canile fai-da-te del defunto sig. Giovanni Lucenti di Ispica. Alla sua morte ne aveva lasciati 73, che sono stati accuditi da alcuni volontari, mentre il Comune, divenuto proprietario dei cani data la rinuncia degli eredi Lucenti, ha provveduto all’acquisto del mangime. Sedici pelosi si trovano da tempo nei canili del ragusano Coop. Maia e Dog professional, una quindicina sono morti tra precarie condizioni e sbranamenti, e la gran parte venerdì pomeriggio è partita alla volta del Nord. Andrà al canile di Calderara del Reno (BO). Per quelli rimasti si stanno prendendo accordi per altra destinazione al Nord.
Sarebbe bello potere dire che il caso è chiuso. Invece, si apre un capitolo di disaccordi, inimicizie, mancata concertazione tanto che venerdì i volontari che hanno accudito sinora i cani hanno chiamato i carabinieri per un controllo sulla partenza e sui cani. “Niente vaccinazione – dice una volontaria -. Come si fa a fare partire in questo modo i cani?”.
I volontari che hanno badato ai quattrozampe non erano stati informati della partenza dei cani concordata tra Comune e altro gruppo di volontari. E così c’è chi chiede spiegazioni, chi denuncia, e chi invece, come l’Oipa, elogia l’operato di “Comune, volontari, Asp, Nas, polizia municipale, privati cittadini, organi di informazione e organi istituzionali”, rammaricandosi, comunque, “delle lungaggini burocratiche e non, e della scarsa collaborazione di alcuni, i soliti e pochi per fortuna – scrive l’Oipa prov.le Ragusa - che hanno contribuito a tardare il regolare svolgimento delle operazioni. Il caso poteva già essere risolto da tempo”.
C’è stato forse, a osservare dall’esterno, uno spreco di energie. I volontari hanno agito in maniera scissa fra loro, tanto che il gruppo che ha accudito i pelosi fino alla fine e che sta continuando a farlo con gli ultimi rimasti era, come anzidetto, all’oscuro della partenza e attendeva gli esiti dei test di leishmania effettuati sui cani per potere spostare i pelosi in quei rifugi che avevano dato loro l’ok. E così si cercavano posti per i cani dall’una e dall’altra parte, quando forse sarebbe stato più utile concordare e convogliare semmai le energie su altri casi. Troppi forse, magari non eclatanti come quello Lucenti, ma numerosi se si considera che ancora oggi il cittadino che chiama gli organi preposti di gran parte dei comuni iblei per segnalare un cane vagante o cucciolate abbandonate vede propinarsi come giustificazione l’inadempienza di non avere un rifugio comunale né una convenzione con canile privato o di non avere soldi in capitolo, e in alternativa che i posti sono tutti occupati in canile. Eppure la legge parla chiaro e i comuni devono provvedere alla raccolta e rifugio dei randagi per innescare quel circolo virtuoso ancora non attuato di raccolta e reimmissione ove possibile, e campagne di adozione, sterilizzazione e quant’altro.
“Hanno agito a nostra insaputa – dice Fabiola Modica, dell’associazione Hachiko -. Attendavamo che i cani fossero idonei alla partenza, con vaccini e, per quei rifugi che ne hanno fatto richiesta, con il test leishmania. Abbiamo faticato per ottenere la disponibilità di associazioni ad accogliere i cani, per cui resta l’amarezza di essere stati tenuti all’oscuro mentre ci spendavamo. Saremo felici se sapremo che i cani sono arrivati a destinazione e stanno bene”.
Alcuni volontari paventano per domani una nuova denuncia, in quanto ritengono che i cani non potessero partire in quelle condizioni. Dall’Asp sottolineano che la priorità era quella di spostare i quattrozampe in un rifugio idoneo e che non si sarebbero potute effettuare le cure necessarie a casa Lucenti.
di Valentina Raffa
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