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Simonetta Agnello Hornby: in tv con mio figlio malato di sclerosi

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Agrigento - Simonetta Agnello Horby è tra i protagonisti del palinsesto autunnale di Raitre. Il programma, prodotto da Pesci Combattenti, è stato annunciato tra le molte novità dei palinsesti Rai. Sarà un viaggio a tappe da Londra alla Sicilia compiuto dalla scrittrice e dal figlio George, che a 30 anni si è ammalato: “La malattia di mio figlio è la sclerosi multipla primaria progressiva, purtroppo è la peggiore, ma mio figlio è molto coraggioso e ha deciso di farlo perciò io sono molto fiera. Non lo so perché ha deciso di farlo, io penso perché vuole lasciare ai figli questo ricordo, che lui ha lottato per essere normale. Non me l’ha detto ma non c’è bisogno di dirle queste cose.” Spiega Simonetta, che sostiene di non aver cambiato il suo rapporto con George dopo la scoperta della malattia. “Giorgio e io abbiamo lo stesso carattere e dunque ci bisticciamo sempre, è cambiata la situazione in cui siamo. Questa malattia è accettata, è un altro elemento di lui ma non ha cambiato il rapporto. Certo, sto più con lui, non ho scelta. Credo che sia piuttosto sano.”

Un viaggio attraverso l’Italia con degli incontri importanti, anche con scrittori: “Incontreremo Andrea Camilleri che è il più grande scrittore siciliano del dopoguerra che ho l’onore di avere come amico, che già ha conosciuto George ed è stato affettuosissimo. Si vogliono bene. Per il resto il palinsesto non è fatto, ma incontreremo molte persone”.

A parte l’amicizia con Camilleri, il rapporto della Agnello Hornby con il mondo degli scrittori italiani, è piuttosto occasionale: “Io sono un poco una scrittrice capitata per caso. Il 2 settembre del 2000 mi venne questa immagine della Mennulara e l’ho scritta, mi venne come film, ma io non è che amassi la scrittura o tenessi a conoscere scrittori. A me piace la gente tutta a dire la verità, mi entusiasma conoscere il portiere dell’albergo quanto l’ambasciatore. In questo sono un poco strana, forse.”

I molti incontri nel corso del viaggio, attraverso l’Inghilterra e l’Italia con George, sono anche altrettanti approcci con un disabile: “L’approccio delle persone è che a volte sono confusi, cioè non sanno come dargli la mano. George in genere li mette a loro agio, è bravo. Io in genere avviso prima, dico ‘Questo è mio figlio, vedi che non si può alzare’. Io credo che questa malattia la reggiamo prendendola come normale. Al ristorante tiro fuori le sue posate come se nulla fosse. Io ho una fortuna, se fortuna si può chiamare, mio padre aveva una gamba sola negli ultimi anni della sua vita, per cui un disabile in casa lo avevamo. I miei figli quando erano piccoli, vergognosamente, gli davano calci nelle gambe, dicevano ‘Nonno, qual è quella di legno’. Non dovevano, però il nostro atteggiamento è questo, quello di sdrammatizzare. Siamo abituati, purtroppo, a prendere queste disgrazie come vengono e a dire, ad esempio, per fortuna che ci vedi, meglio così che non vederci. Perché l’altro tipo di sclerosi multipla, che si può curare meglio, porta cecità. Brutto è brutto, non c’è che fare.”

E ci sono, ovviamente, argomenti tabù: “Non si parla di quando si muore. Questo sì. Non si parla di quando George dovrà essere nutrito, si vive alla giornata. Questo mondo per i disabili è meraviglioso. Giorgio ascolta libri, perché non può sfogliare le pagine, è diventato coltissimo. Con l’internet riesce molto per cui guarda il mondo. Tutti gli autobus di Londra e credo dell’Inghilterra hanno una pedana per lui, per cui può letteralmente uscire solo e girare. E’ straordinario. E lui non si secca, non lo disturba quando la gente lo guarda. Queste cose non le chiedo, ma non ho mai notato che lui si gira seccato. Però ricordando papà, anche lui era molto disinvolto e faceva le commissioni agitando il bastone fuori dal finestrino della macchina e facendo uscire in strada tutti i negozianti. Noi la malattia la vediamo come una sfida, una cosa normale, una cosa che capita e capitò a noi. Mia madre ha sempre detto che le disgrazie cadono sulle spalle che le reggono. E’ una frase così brutta, ma è vera, nel senso che con difficoltà, perché ho momenti bruttissimi, ma io le reggo. Forse chi non le regge non le ha. Chi lo sa…”

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Simonetta, cresciuta in Sicilia, e George, nato e cresciuto a Londra, come vedranno l’Italia? “Giorgio vede l’Italia da straniero come lavoratore. Vede che in Italia si fa tutto di fretta, pasticciato, che non si è organizzati. Questo lo dice e ha ragione. Emotivamente i miei figli sono siciliani perché mia madre è stata presentissima nella loro vita, mio marito adorava mia madre e la Sicilia. Le mie mie nuore mi dicevano che consideravano di aver sposato due ragazzi stranieri, perché l’impronta Agnello e siciliana è potente. I miei suoceri erano vecchi e distanti, mio marito voleva bene (è vivo ma siamo divorziati da una vita) ai figli ma a distanza, non è che muovesse un dito per loro. Hanno preso molto da Martin, ma l’impronta purtroppo è mia. Avrei preferito che fosse metà e metà, non mi fa piacere che le nuore dicano di aver sposato due ragazzi stranieri.”

Per Simonetta è un ritorno in Italia dopo 48 anni: “l’italia la vedo con grande tristezza e con poche speranze. Da cinque sei anni vedo gente che non spera. Ho cercato di portare qui un sistema Scotland sulla violenza domestica, applicato ormai in tutto il Cardiff (Simonetta Agnello Hornby è avvocato a capo di un’importante studio che si occupa di problemi legati alle minoranze e all’immigrazione N.d.R.) che ha diminuito le morti a Londra da 59 a 5 in otto anni. Ho creato un’organizzazione, ho scritto un libro, spero che la provincia di Trento lo prenda ma finora non è successo niente. E’ tutto immobile. Vedo come gli italiani non si sentano italiani, lo si vede dal linguaggio: dai ministri al Governo alla gente comune si dice ‘in questo Paese’, anche al telegiornale. E’ una frase insopportabile, non è mai ‘nel nostro Paese’. E’ un concetto alieno all’italiano. Le racconto un episodio, lo scriva: due mesi fa ero a Roma e ho preso un taxi dalla Rai all’aeroporto. Siamo passati sotto le mura del Vaticano, e ho detto ‘quanto è bella questa città sua’. E il tassista si gira e mi dice ‘Signora si sbaglia, questa non è solo la mia città, è anche sua, perché siamo tutti italiani.’ Non ho mai sentito una lezione di cittadinanza così forte. Mi sono sentita umiliata, ho detto ‘ha ragione, d’ora in poi dirò che sono italiana’. Ho anche la ricevuta di questo tassista, dovrei scrivere un articolo su questo. Ci voleva un tassista per darmi una lezione di civiltà.

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“Da questo programma mi aspetto che sia una trasmissione gradevole, e anche di far vedere molte cose belle dell’Italia. Noi italiani non conosciamo l’Italia, non abbiamo curiosità per quello che non è la nostra realtà ristretta. Andremo nelle carceri, nei posti più inattesi, a vedere i milanesi che aiutano gli altri in modo silenzioso, io amo molto la Milano fattiva e ci tengo che queste cose si vedano.”

E’ una Milano che sta anche aiutando i migranti in questo periodo, e lei è un’esperta della materia, qual è il suo pensiero: “Stiamo facendo tutti le cose sbagliate in testa mia. Il migrante è una ricchezza. Tanto qui in Europa nessuno fa figli ne li farà più. Avere uno di 20 anni, vaccinato e in salute è una ricchezza. Lavora, paga le tasse e mantiene noi nelle case dei vecchi. Dovremo accoglierli, educarli e integrarli, ma c’è tutto un mondo di gente cattiva e sporca che li usa, che si prendono i soldi per portarli come bestie. E’ una storia brutta, con la differenza straordinaria che un emigrante è una ricchezza se è già ventenne, non capisco perché nessuno lo interpreta così. Non vogliono dirlo, perché non vogliono ammetterlo che se ti arriva un emigrante ventenne è economicamente vantaggioso. Anziché dire venite, vi facciamo dei corsi, scegliete i lavori che volete fare e ve li facciamo fare li respingono. Poi io sono emigrante e lo sento molto questo problema". 


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