Palermo - Duecento venti anni fa la Sicilia poteva diventare una Repubblica e cambiare il corso della sua storia e della Storia. Poteva, ma non diventò. E la Storia, oltre che la storia di Sicilia, prese altre strade, le attuali. E del resto nulla è più affascinante quanto inutile di fare la storia con i “se” ed i “ma”.
Quanto è certo e documentato è che nel 1795 si era preparata una rivoluzione che avrebbe dovuto abbattere la monarchia (allora quella dei Borbone delle Due Sicilie) e introdurre la Repubblica, sulla scorta dell’esempio francese.
Il tentativo di rivolta repubblicana era stato progettato da un gruppo di siciliani guidato da Francesco Paolo Di Blasi, un nobiluomo palermitano nato nel 1753 che era ben inserito nelle alte sfere della macchina organizzativa del Regno di Sicilia. Ma appunto nel 1795, affascinato dalle idee giacobine ch’erano esplose a Parigi, progettò una nuova era, una Sicilia repubblicana che avrebbe dovuto esaltare la uguaglianza tra gli uomini, e poi anche la libertà e la fratellanza.
Il tentativo di rivoluzione venne sventato poche ore prima del momento fissato, per colpa – more solito – di un delatore. Indicato come capo dell’insurrezione, Francesco Paolo Di Blasi venne arrestato. Torturato, non dichiarò mai i nomi degli altri congiurati. Dopo il processo venne condannato per il reato di congiura e decapitato nel Piano di Santa Teresa, oggi Piazza Indipendenza a Palermo.
Interessante leggere, seppure in estrema sintesi, quanto scrisse – all’indomani della decapitazione del patriota siciliano (Di Blasi era – oltre che raffinato giurista – anche un appassionato linguista e convinto assertore della necessità di coltivare e perpetuare la lingua siciliana) – l’arcivescovo (sic!) e Vicere di Sicilia Filippo Lopez de Royo, leccese di chiarissime origini spagnole, al Presidente della Regia Gran Corte: “Il re (Ferdinando Primo delle Due Sicilie, ndr), dopo ave esaminato le carte del processo contro Di Blasi reo della cospirazione di Stato, aveva osservato “con piena soddisfazione” l’esecuzione della sentenza, avendo essa sortito “nel popolo quella giusta impressione, che deve fare la punizione di così esecrando delitto”. Il sovrano si era inoltre felicitato “di veder subito troncato dalle radici qualunque benchè minimo germoglio di sedizione, e turbolenze in cotesto Regno di Sicilia”.
La Sicilia rimase parte di un regno con capitale Napoli e il resto lo conosciamo (o dovremmo conoscerlo).
Francesco Paolo Di Blasi e la Sicilia Repubblicana in stile francese
Rivolta
di Saro Distefano
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