Chiaramonte Gulfi - In questi stranissimi anni Duemila, talmente veloci da far perdere il passo, in cui sembra essere svanita la categoria degli intellettuali e dei fustigatori di costumi, uno scrittore figlio della nostra terra come Leonardo Sciascia ci manca.
Non è un segreto la grande amicizia fra lo scrittore di Racalmuto e il comisano Gesualdo Bufalino. Meno noto è il grande interesse che Sciascia ha manifestato per la provincia di Ragusa, in particolare per quella Contea di Modica che lui aveva imparato a conoscere a fondo tramite gli scritti di Serafino Amabile Guastella, “il barone dei villani”, tanto per riprendere la definizione che Italo Calvino diede allo scrittore Chiaramontano.
In almeno due occasioni Sciascia si è recato a Chiaramonte, entrambe nel 1986.
La prima visita avvenne in estate, in occasione della consegna dell’Ulivo D’argento, un premio che veniva dato ai siciliani illustri e che era un evento un po’ in tutta la provincia, non solo a Chiaramonte. In quell’occasione conobbe il pittore Giovanni De Vita, così come ricorda lo storico chiaramontano Giuseppe Cultrera: “Nell’estate del 1986 incontrò un altro affabulatore che amava più scrutare ed ascoltare, che parlare. Leonardo Sciascia volle conoscere quel tipo taciturno che la sera precedente era stato premiato come siciliano insigne, poco prima di lui e che gli sedeva accanto”.
Il giorno dopo, racconta lo storico, Sciascia volle visitare lo studio di De Vita in via Castello. Lo scrittore era seguito da un gruppo di amici, giornalisti e curiosi. De Vita, uomo schivo, gli tese la mano e si scusò per il disordine. Poi, Sciascia gli chiese: “Se vuole posso interessarmi per farla esporre a Palermo, conosco qualche gallerista, ho amici. Mi interesserò io stesso per la presentazione”. Ma De Vita rifiutò. Disse che non doveva prenderla male, ma ormai si sentiva vecchio e stanco e che ormai era passato il tempo della fama. Gli bastava la vita tranquilla di paese. Ci tenne, però, a regalare allo scrittore un acquerello, la tecnica preferita di De Vita. Sciascia confiderà più tardi che sulle prime c’era rimasto male, ma poi aveva compreso e ammirato quell’uomo di paese. Questo è il primo episodio documentato del passaggio di Sciascia a Chiaramonte. Il secondo, invece, riguarda un avvenimento formale in cui lo scrittore fu presidente del convegno di studi su Serafino Amabile Guastella, svoltosi a Chiaramonte dal 6 all’8 dicembre 1986.
Gli atti del convegno sono stati raccolti nel libro “Serafino Amabile Guastella” di Giuseppe Cultrera, edito nel 1991. Fu un momento di grandissimo spessore culturale, come pochi ormai se ne vedono: oltre a Sciascia, infatti, relazionarono Sebastiano Addamo, Dino Barone, Gesualdo Bufalino ed Emanuele Mandarà. Fra i relatori c’erano anche Enzo Siciliano, Vincenzo Consolo, gli storici Villari e Giarrizzo, gli studiosi Nigro, Tropea, Musumarra e Di Grado, tutti dell’università di Catania, oltre a Tedesco e Guggino dell’università di Palermo, Lombardi - Satriani dell’università di Messina e Claude Ambroise. Il convegno fu anche corredato da mostre fotografiche di Giuseppe Leone e da alcune fotografie trovate personalmente da Bufalino in archivi privati sulla vita contadina della fine dell’’800 e degli inizi del ‘900: si tratta dei fotografi Carmelo Arezzo di Trifiletti di Ragusa, Gioacchino Iacono e Meli di Comiso e Antonio Bentivegna di Chiaramonte. Le foto del convegno, invece, sono state scattate dai fratelli Giuseppe e Vincenzo Cupperi di Chiaramonte. Il grande amore di Sciascia per “La contea di Modica”, però, è riscontrabile anche nella collaborazione con il fotografo ragusano Giuseppe Leone. In un libro di Leone del 1983, intitolato proprio “La contea di Modica”, Sciascia in prefazione racconta la storia della Contea e cita proprio Guastella come fonte primaria. Lo scrittore parla con grande amore e rispetto di questa parte della Sicilia: “Tanto babba da godere (o di avere fama di godere) di tranquillità economica e sociale, di un benessere, di un tipo di vita fatto di probo lavoro, di sicuri e pacifici rapporti, di serene abitudini che il resto dell’Isola non conosce e sembra rifiutare nel momento stesso in cui ne fa apprezzamento. Curiosa contraddizione: di considerare stupida, e particolarmente stupida, questa parte della Sicilia di cui contemporaneamente si esalta la tranquillità del vivere, il benessere, l’eccellenza dei prodotti”.