Ciclismo in lutto

Scarponi, l’aquila di Filottrano, da quell’incrocio è volata per sempre

In morte del ciclista



Il ciclismo è arrivi e partenze, sempre.
Sempre in quel tratto - partenza e arrivo - c’è la precarietà che è la stessa della vita: ci sarà l’arrivo? Non mi riferisco all’arrivo da vincente o perdente, quello sotto lo striscione del traguardo: no! Mi riferisco al ritorno a casa, agli affetti, a quella consuetudine rassicurante e nota.
Tra la partenza e l’arrivo, si svolge un’esistenza. Le gare tra partenza e arrivo, sono imprevedibili, hanno l’improvvisazione del jazz.
Solo uno ciclista vince, tutti gli altri perdono.
Ma in quello che sembra agonismo esasperato, siamo tutti una famiglia. Scesi dalla bicicletta, siamo un popolo unanime. I tifosi del ciclismo si sentono in sella con i loro beniamini … si sentono tutti ciclisti. Niente accade di delittuoso a margine delle corse. Mai!

Per chi scrive di ciclismo e per pratica antica conosce bene questa mistica, mettere in fila parole, sentimenti e sensazioni al ciclismo riferite: è semplice. Basta guardasi dentro e leggere nelle pagine di una vita di passione, esperienze, eventi, avvenimenti e trascrivere sul foglio.
Però scrivere di una perdita, di una dipartita dopo la partenza senza arrivo: è dolore forte, simile a un castigo.

In bicicletta si possono verificare cadute e incidenti in corsa, o anche da soli autonomamente, perché è l’equilibrio su una linea che unisce il filo delle ruote che li determina. Maledettamente sempre più spesso gli incidenti avvengono per strade aperte al traffico, dove l’automobilista distratto, dentro la sua carrozzeria prigioniero, schiaccia il ciclista. Si viene così privati di un famigliare del popolo del ciclismo che, paradossalmente personalmente non si conosce. Ma è l’appartenenza a quella pratica che ci rende persone solidali e intimamente unite e anche diverse da tutto il resto degli sportivi. Noi si è scelto di essere ciclisti, che è un serio impegno. E ciclisti lo si è sempre anche scesi dalla bicicletta.

La sicurezza stradale è una fragilità istituzionale che va affrontata con risolutezza, perché la vaghezza degli automobilisti la pagano innanzitutto i ciclisti, come costituenti deboli del traffico. La strada è per tutti nel rispetto di tutti, sia dei ciclisti che degli automobilisti. Per un minuto di pazienza e di incontenibile insofferenza, si priva una persona della vita. Il padre ai figli, il marito alle mogli, ai fratelli, il nonno ai nipoti. Il provvedimento ‘salva ciclisti’ ora è urgente approvarlo, considerato è stata approvata la legge sull’omicidio stradale.

Qual è l’aspetto che inquieta? Sulla strada, investito da automobili, muore un ciclista circa ogni 35 ore! Non se ne parla e poco si sa. Ma da statistiche è così!

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Michele Scarponi, l’aquila di Filottrano, noi tutti appassionati lo conoscevamo bene per le imprese sportive e per il solare carattere. Lui non conosceva personalmente nessuno di noi. Lo avevo visto proprio in questi giorni in TV in tutte le tappe del Giro del Trentino concluso il 21 aprile scorso. Esuberante e gioioso come suo solito, vincere anche la prima tappa con arrivo in salita, certo di partecipare a un buon Giro da capitano.
Era una persona leggera Michele Scarponi, da scalatore era leggero, ma era profondissimo e saggio nella vita, come tenace in corsa. Aveva un sorriso per tutti e per tutte le occasioni anche di sfortuna o insuccesso.
Sempre uno vince, tutti gli altri perdono, dicevo prima.
La sua generosità ha fatto vincere gli altri compagni di squadra, tanti altri compagni … ma mai si è lamentato per il lavoro svolto senza arrivare al successo. È stato un capitano a disposizione di tutti.
Ha tenuto unite tutte le squadre che ha praticato, con la sua allegria e ilarità. I compagni gli sono stati, anche dopo cambiato casacca, molto amici. Anche ciclisti stranieri che non lo hanno avuto in squadra, oggi lo piangono. A tutti mancherà sia in corsa, sia nella vita senza numero.

Nell’incrocio del suo luogo di residenza a Filottrano alle ore 8 del mattino, un autocarro ha messo fine alla sua giovane vita. Era tornato la sera stessa dal Trentino per stare con sua moglie e i due suoi figli gemelli di 5 anni che adorava. Poteva accadere un imprevisto quella mattina del 22 da tenerlo a casa? Ora le nostre lacrime non laveranno quell’asfalto dal sangue. Lo stesso asfalto dei suoi allenamenti e di tutte le gare, si è macchiato dell’addio alla sua vita: l’aquila di Filottrano da quell’incrocio è volata per sempre.

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Oggi alla gara delle Ardenne, la Liegi Bastogne Liegi, c’era tristezza nell’aria. La gara si è svolta in un comprensibile imbarazzo.
Ha vinto un grande campione spagnolo: Alejandro Valverde. All’arrivo i suoi indici al cielo, erano a indicare e accompagnare l’ultima scalata di Scarponi. Non è riuscito tanto a parlare Valverde nell’intervista, la commozione paralizzava sulle labbra le sue parole. Alla premiazione ho letto un gesto di grande significato proprio oggi. Valverde ha abbracciato i suoi quattro bambini e la moglie, come rilevare del privilegio che hanno ad essere tutti e uniti, perché può accadere un giorno anche a loro di rimanere senza il padre e il marito per incuria di qualcuno.
Un altro campione oggi in una gara in Croazia, Vincenzo Nibali, ha fatto l’impossibile per vincere e fare lo stesso gesto per l’ex compagno di squadra, ma sempre amico. Amico che gli ha contribuito in modo determinante a fargli vincere il Giro nel 2016, mettendosi da parte – con una generosità introvabile se non nel ciclismo - anche nelle vittorie parziali di tappa.

Voglio ricordare la persona di Scarponi: gioiosa e sorridente, disponibile e cordiale sempre. Lo voglio ricordare in allenamento con il pappagallo Frankie sulla spalla: l’aquila di Filottrano con un pappagallo sulla spalla, mi sembra una fantasia gloriosa. Pappagallo che aveva gli stessi colori della sua maglia, erano come compagni di squadra e faceva da gregario anche al volatile multicolore. Con quella maglia, il suo prodigioso corpo riposerà per sempre.

Nella gara di oggi nelle Ardenne, in tutto il collegamento, ho pensato Scarponi fosse in fuga solitaria senza essere inquadrato mai dalle telecamere. Tutti gli altri corridori a inseguire, nella consueta precarietà nell’equilibrio, ma solidi sulla loro “macchina” a pedali.
Perché tutti gli amici ciclisti scomparsi, non sono spariti, sono andati avanti in fuga per la vittoria e ci aspetto altrove. Lì dove tutti possiamo praticare questa devozione senza numero né classifica.
Nella passione condivisa, immagino - nel sole del nostro impegno - dal filo delle ruote, ogni nostra ombra è un amico fuggito dalla compagnia, che ha avuto una nuova partenza senza arrivo a noi noto. Non stanno dietro a ruota, stanno accanto a noi in modo immateriale, delicatamente, con rispetto e soavità, la stessa che Scarponi aveva in ogni rapporto con questo sport e la sua gente.

Foto Domenico Pagnano


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