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30/04/2017 14:56

I vermi siciliani, i più antichi del mondo

I serpulidi

di Redazione

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Serpulidi
Serpulidi

Palermo – Importante scoperta scientifica a Palazzo Adriano, nel palermitano. Nella zona del Sosio sono state ritrovate nel 2015 sei nuove specie appartenenti ai resti più antichi di vermi serpulidi. La scoperta è stata effettuata da un team di paleontologi italiani, nei calcari del Permiano del Sosio. I serpulidi sono anellidi policheti, un gruppo di animali molto primitivi. Vivono all’interno di uno scheletro calcitico di forma tubulare, l’unica parte che normalmente fossilizza. Il loro riconoscimento in paleontologia si basa su vari caratteri del tubo, che può avere sezione circolare, triangolare o quadrata, oltre che differenti ornamentazioni come annulazioni, carene e spine. L’apertura ha differenti forme ed è spesso chiusa da un opercolo, raramente mineralizzato, che protegge il verme quando si ritira dentro il tubo in caso di pericolo. Fossili tubulari di attribuzione problematica avevano attratto l’attenzione di Agatino Reitano e Gianni Insacco del Museo Civico di Storia Naturale di Comiso, durante una missione scientifica effettuata con il patrocinio dell’Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana, lungo la valle del torrente Sosio. I “tubicini” incrostavano spugne e altri invertebrati fossili all’interno di grossi blocchi di calcari permiani, scoperti alla fine dell’ottocento dal paleontologo Gaetano Giorgio Gemmellaro. “Erano reperti particolarmente insoliti” raccontano i due paleontologi che, riconosciuta l’importanza dei reperti, li hanno poi studiati in collaborazione con le paleontologhe Rossana Sanfilippo e Antonietta Rosso del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania.

Il primo frammento ritrovato aveva destato una certa incredulità e, sebbene alcuni caratteri ne suggerivano l’affinità con i serpulidi, la sua attribuzione era rimasta problematica. Successivi ritrovamenti, invece, hanno permesso di riconoscere caratteri che hanno fugato ogni dubbio sulla loro effettiva appartenenza a questa famiglia di vermi marini incrostanti.
Lo studio di questi antichi fossili, ora conservati presso il Museo Civico di Storia Naturale di Comiso, di cui Gianni Insacco è il direttore scientifico, è stato pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Acta Palaeontologica Polonica.

“Nulla lasciava presagire il ritrovamento di serpulidi nei blocchi del Sosio”, spiega Rossana Sanfilippo “infatti questo gruppo di policheti era finora conosciuto solo a partire dal Trias medio, circa 30 milioni di anni più tardi! Inoltre le prime forme note avevano tutte tubicini lisci e sottili. E’ sorprendente, quindi, che le specie del Sosio abbiano grandi dimensioni e ornamentazioni varie e complesse, caratteri finora ritenuti tipici di forme evolute, oltre a far parte di un’associazione già ben diversificata. Questa scoperta non solo sposta il limite inferiore di distribuzione dei serpulidi nel Paleozoico, ma ci indica che questo gruppo fu capace di superare l’estinzione permo-triassica, la più grande nella storia della vita sulla Terra. Oltre il 90% degli organismi paleozoici scomparve e i pochi gruppi sopravvissuti sarebbero tornati a diversificarsi solo più avanti.”

Insieme ai serpulidi, sono state ritrovate anche due specie di Glomerula appartenenti agli affini Sabellidi, policheti che posseggono tubi agglutinati, la cui conoscenza è stata così incrementata.
“Tutti questi anellidi vivevano nel caldo mare tropicale del Permiano, fra 265 e 268 milioni di anni fa. Colonizzavano spugne e crinoidi in un habitat di scogliera lungo il margine occidentale dell’antico Oceano della Tetide” aggiunge Antonietta Rosso. “Reef e sedimenti formati in quel tempo remoto costituiscono oggi parte del territorio montuoso della Sicilia occidentale“.