Roma - In Italia la vendita della cosiddetta "cannabis light" potrebbe essere vietata, nonostante il giro milionario che genera. L' "erba" da fumare a bassissimo contenuto di principio attivo che oramai si trova anche al tabacchino, dunque, potrebbe non essere più consentita nel nostro Paese. Il Consiglio superiore di sanità (Css) si è infatti espresso contro la commercializzazione di questo prodotto. In un parere richiesto a febbraio dal segretariato generale del ministero della Salute, l’organo consultivo raccomanda. Un colpo ferale per un mercato in pieno boom: quello degli spinelli "leggeri", venduti sia nei negozi veri e propri che su internet. Il ministero potrebbe ora intervenire con una apposita norma. E mentre in tutto il mondo la vendita di cannabis light è una cosa normale, consentita da decenni, in Italia no.
Al Css sono stati posti due quesiti: se questi prodotti siano da considerarsi pericolosi per la salute umana, e se possano essere messi in commercio ed eventualmente a quali condizioni. Ebbene, riguardo alla prima domanda, il Consiglio «ritiene che la pericolosità dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa, in cui viene indicata in etichetta la presenza di 'cannabis' o 'cannabis light' o 'cannabis leggera, non può essere esclusa».
Questi i motivi: «La biodisponibilità di Thc anche a basse concentrazioni (0,2%-0,6%, le percentuali consentite dalla legge, Ndr) non è trascurabile, sulla base dei dati di letteratura; per le caratteristiche farmacocinetiche e chimico-fisiche, Thc e altri principi attivi inalati o assunti con le infiorescenze di cannabis sativa possono penetrare e accumularsi in alcuni tessuti, tra cui cervello e grasso, ben oltre le concentrazioni plasmatiche misurabili; tale consumo avviene al di fuori di ogni possibilità di monitoraggio e controllo della quantità effettivamente assunta e quindi degli effetti psicotropi che questa possa produrre, sia a breve che a lungo termine».
Ma lo stop non è previsto che sia immediato. Il ministero della Salute, infatti, ha anche richiesto un parere all’Avvocatura dello Stato, che non sarebbe ancora arrivato. «Aspettiamo ancora la decisione dell’Avvocatura dello Stato» ha detto infatti il ministro della Salute, Giulia Grillo.