Alfio Scuderi ha messo insieme Calvino e Burri, un binomio perfetto
di Redazione

Gibellina – “Salute a tutti voi, viaggiatori di queste terre remote”.
Leo Gullotta e Claudio Gioè hanno chiuso il 37° festival delle Orestiadi a Gibellina, sull’immenso, bianco Cretto dell’artista umbro Alberto Burri. Un cast tutto siciliano per ricordare uno degli eventi più luttuosi della storia dell’isola, il terremoto del 1968, con la sofferenza, il lutto e gli anni dolorosi che sono seguiti, le baracche, venti anni vissuti nel degrado, e la fuga, l’esodo da quel territorio sfortunato. E quale testo era più adatto de “Le città invisibili” di Calvino che il regista Alfio Scuderi ha adattato per uno spettacolo itinerante, dentro le antiche vie di Gibellina vecchia, camminare dentro al bianco sudario, della città rasa al suolo. Alfio Scuderi ha messo insieme Calvino e Burri, un binomio perfetto per parlare del destino delle città, della loro vita nascosta, di quell’utopia anni ’70, quando tutto era riconducibile alla politica. Scuderi ha scelto le città che parlano della caduta, della frana, del pericolo di morte.
Il cretto di Burri è tornato alla fruizione, dopo un lungo periodo di restauro. L’ultima rappresentazione risale infatti al 2010. Leo Gullotta: “il cretto è un sudario sulle parole, che ci insegna a essere vivi in un luogo di morte”.
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