Atterrai all’aeroporto Fontanarossa di Catania alle due del pomeriggio. Era una splendida giornata di sole e all’uscita mi aspettava Lorenzo, l’amico inseparabile delle mie estati siciliane. Ci abbracciamo ridendo,
<<Finalmente. E’un’ora che ti aspetto. Dai, sbrigati, che ti porto a mangiare in un posticino vicino al mare dove fanno una frittura di pesce che è una cannonata>>. Lorenzo, l’uomo più divertente e viziato della terra. Era come un fratello per me e, anche se aveva qualche anno in più, ci intendevamo a meraviglia. Eravamo cresciuti insieme perché la sua famiglia abitava in campagna, nella casa accanto alla mia, ed essendo entrambi figli unici, era inevitabile che diventassimo amici per la pelle. Quante risate, quante cadute da bicicletta, quanti calci al pallone in un campetto improvvisato con la porta fatta con i nostri cappellini. Ci perdemmo di vista quando mio padre fu assunto alla Fiat di Torino e io e mia madre fummo
costretti a seguirlo.
<<Mario, ma a cosa stai pensando? Hai la testa fra le nuvole> mi scrollò dai miei pensieri Lorenzo mentre eravamo seduti al ristorante.
<Che nostalgia. Questi profumi, quanti sapori. Lorenzo, la Sicilia mi manca> dissi davanti a un piatto di calamari, gamberi e alici fritte che erano un capolavoro e a un bicchiere di vino bianco, freddo al punto giusto.
<<E che problema c’è? Puoi sempre ritornarci, tanto un tetto sulla testa ce l’hai>> ribatté Lorenzo con il solito ottimismo che rasentava la faciloneria. In effetti, non è che avesse torto: ero venuto in Sicilia per seguire i lavori di ristrutturazione della casa che i nonni materni mi avevano lasciato in eredità e per metterla a posto mi ero affidata proprio a Lorenzo, titolare di un’avviata impresa di costruzione che partecipava spesso agli appalti pubblici.
Quasi leggendomi nel pensiero, aggiunse: <I miei ragazzi hanno iniziato i lavori da una settimana. La casa è vecchia e c’è molto da fare. L’impianto elettrico, quello idraulico, i bagni, la cucina. Dai, finiamo di mangiare che ti porto a vedere a che punto siamo>.
La casa era un campo di battaglia. C’erano polvere, detriti e macerie ovunque. In cucina, dove una volta la nonna preparava arancini e pizze tutte le domeniche, dei muratori stavano staccando le piastrelle di ceramica mentre altri due operai davano martellate per demolire il muro che una volta separava la stanza della nonna da quella di mia madre. Respiravo e mangiavo polvere che ormai mi aveva imbiancato tutti i vestiti. Mi allontanai e mi affacciai dal balcone e, mentre guardavo dall’alto l’andirivieni di persone che passeggiavano sul corso principale, sentii qualcuno chiamare il mio nome. L’operaio addetto alla demolizione si avvicinò:<<Signor Mario, ho trovato questa busta>> disse consegnandomi un plico di colore giallo.
<<Che cos’è, la mappa del tesoro?> mi canzonò Lorenzo che aveva seguito la scena ,<Vedi che tutte le fortune capitano a te?>. Risi rispondendo con una battuta ma non aprii la busta davanti a loro anche se la curiosità mi tentava. La misi in tasca e mi ripromisi di leggerla in albergo, un piccolo hotel senza pretese, dove avevo prenotato una camera per due settimane, a dispetto delle proteste di Lorenzo che voleva ospitarmi a casa sua ad ogni costo.
Tornai in albergo, feci una doccia e chiamai mia moglie per aggiornarla sullo stato dei lavori della casa. Ero strano, mi ero alzato presto. Mi stesi sul letto per riposare ma d’improvviso mi ricordai della busta. Mi alzai di scatto, misi la mano in tasca e la aprii delicatamente, quasi avessi timore di sgualcirla. Il plico conteneva due lettere legate con uno spago.
Lessi la prima, era datata 14 febbraio 1978, ma non era mai stata spedita. Riconobbi subito la calligrafia di mia nonna.
“Padre, anche stanotte non sono riuscita a chiudere occhio. La situazione di mia figlia mi fa stare male. Lei conosce la situazione, questo scandalo rovinerà il nome della mia famiglia. Non so cosa fare. Non posso confidarmi con nessuno. Ho bisogno dell’aiuto di Dio, ho bisogno del suo aiuto”.
Presi la seconda lettera. Il timbro recava la data del 22 marzo del 1979, il mittente era un prete di cui non avevo mai sentito parlare, un certo padre Domenico, parroco di una chiesa vicina.
“Ho pregato per te e il Signore mi ha ascoltato. So che tua figlia si sposa e questa è una bella notizia. La fede ti ha premiata, lasciati tutto alle spalle. Adesso devi solo preoccuparti dei nipoti che arriveranno presto“.
Ero sorpreso: a che cosa si riferiva mia nonna quando parlava di mia madre? E di quale scandalo si trattava?
La mattina dopo pioveva a dirotto, ma non rinunciai al proposito di andare a cercare Padre Domenico per chiedere spiegazioni. Esercitava ancora, nonostante avesse superato i settant’anni. Salii le scale che portavano al sagrato ed entrai. In chiesa non c’era nessuno, sentivo solo il rimbombo dei miei passi. Avanzai incerto guardandomi intorno. C’era un forte odore di cera e di incenso. D’un tratto avvertii dei rumori provenire dal confessionale. Mi avvicinai e vidi uscire padre Domenico. Aveva il volto solcato da rughe ma i suoi occhi erano ancora vispi e pieni di vita.
Non sapevo come affrontare l’argomento, il mio sguardo tradiva imbarazzo e il parroco lo capì.
<<In cosa posso esserti utile, figliolo?>> disse rivolgendosi a me con gentilezza.
<<Padre, sono il nipote di Carmela Greco, una sua parrocchiana morta qualche anno fa. Lei certamente se la ricorderà, era molto devota>. Annuì, guardandomi con occhi indagatori.
<<Si starà chiedendo perché sono qui, ecco...durante i lavori di ristrutturazione della casa della nonna, in un anfratto del muro, gli operai hanno trovato delle lettere risalenti a 40 anni fa. E una porta la sua firma>>.
Gliela porsi, lui la lesse velocemente e me la restituì.
<<Riconosco la mia scrittura ma, in verità, non ricordo in quale circostanza l’ho inviata a tua nonna. Sono passati tanti anni, ero un giovane parroco nel 1979 e ormai la memoria mi ha abbandonato>>.
Si capiva chiaramente che mentiva, era diventato rosso in viso e la fronte cominciava ad essere bagnata di sudore. <Padre>> replicai duro, < <non si mente davanti a Dio. So che lei e mia nonna condividevate un segreto che riguardava mia mamma>>.
<< Figliolo, ti stai sbagliando > mi interruppe.
<<No, padre, sono certo di quello che dico perché ho trovato la copia di un’altra lettera che mia nonna voleva spedirle e che poi non ha fatto. Faceva riferimento a uno scandalo che avrebbe gettato fango sulla famiglia >.
Era con le spalle al muro. Non negò, disse semplicemente: <Mi dispiace, ma non posso parlarne, E’ una faccenda delicata che deve rimanere segreta>>.
Mi infervorai, gli feci presente che conoscere quel passato oscuro forse avrebbe cambiato il mio futuro, ma non ci fu verso. Si allontanò velocemente salutandomi a stento.
Mi sentivo deluso e amareggiato, ed ero anche inzuppato d’acqua. Dopo il colloquio con Padre Domenico, ero deciso più che mai a non mollare. Padre Domenico non aveva il diritto di temermi all’oscuro di un segreto che riguardava la mia famiglia. Tornai la mattina dopo, e quando mi vide il parroco sbiancò in volto. Sapeva benissimo perché ero lì.
<<Padre, non voglio infastidirla ma devo sapere la verità!>>.
<<Non posso farlo, lo sai bene>>.
<<Mi dica una cosa: mia nonna le ha rivelato il segreto durante la confessione?>>.
<<No, venne da me per farmi una confidenza. Sapeva di poter contare sulla mia discrezione>>.
<<E allora non è obbligato a mantenere il segreto...> insinuai.
Mi guardò con rassegnazione. Poi alzò gli occhi, allargò le braccia e sospirò, <<Che il Signore mi perdoni per quello che sto per dirti. Tua nonna venne da me per chiedermi se conoscevo una coppia che era disposta ad adottare un bambino di pochi mesi>>.
<<Un bambino?>> chiesi confuso. <<Ma perché mia nonna era interessata a questo neonato?>>.
<<Beata ingenuità! Perché era suo nipote, il figlio che tua madre aveva avuto da una relazione con un
uomo che dovette improvvisamente trasferirsi per lavoro>>.
Sgranai gli occhi, incredulo. <<Ho un fratello?>>.
<<Si, hai un fratello. Quando tua madre rimase incinta, la prima preoccupazione di tua nonna fu di evitare uno scandalo che avrebbe disonorato la famiglia e la reputazione di tua madre. Non la fece abortire, ovviamente. Al quinto mese di gravidanza, col pretesto di accudire una vecchia zia ammalata, si trasferì con tua madre Catania, ospite di un istituto di suore. E quando giunse il momento, la fece partorire in gran segreto nell’ospedale dove lavorava sua cugina infermiera>>.
<<E il bambino?>.
<<Lo affidarono alle cure di una coppia di contadini alla quale tua nonna versava ogni mese una piccola somma per le necessità del piccolo. Sembrava la soluzione perfetta e, invece, tornata a casa, Carmela fu assalita da dubbi e dai rimorsi. Si sentiva in colpa per avere abbandonato il neonato nelle mani di persone, sii oneste e di buon cuore, ma inadeguate a offrirgli un’educazione. Tua nonna voleva che crescesse in una famiglia che potesse garantirgli un futuro. Per questo venne da me>>.
<<E mia madre? >>.
<<All’inizio, fece fuoco e fiamme per tenere con sé il bambino. Diceva di infischiarsene del giudizio della gente. Ma, quando conobbe tuo padre, cambiò idea. Se si fosse saputo che aveva un figlio illegittimo, il matrimonio sarebbe saltato e lei si sarebbe preclusa per sempre la possibilità di trovare un buon partito>>.
Rimasi in silenzio. Ero così stupefatto che per qualche secondo pensai di stare sognando.
<<Padre, se ho capito bene, fu lei a segnalare a mia nonna la coppia che adottò mio fratello. E quindi devo
dedurre che conosce l’identità del bambino e della famiglia che l’ha cresciuto>>.
<<Sì>> sussurrò. <<Ma non chiedermi altro. Non posso fare nomi, verrei meno alla promessa che ho fatto a tua nonna. Non insistere più figliolo. Ti ho già detto troppo>>.
Tornai in albergo e rilessi le lettere in cerca di Indizi, ma inutilmente. Ero nervoso e scontroso e a Lorenzo non sfuggì.
<<Mario, c’è qualcosa che non va? Ti vedo strano in questi giorni. Taciturno, distratto>>.
<<No, sto bene >> mentii.
<<Dai, pensi che non ti conosca? Si vede lontano un miglio che c’è qualcosa che non va! Ti faccio una proposta: ne parliamo stasera davanti a un bicchiere di vino. Sono sicuro che dopo ti sentirai meglio>>.
Al ristorante Lorenzo mi incalzò subito con le sue domande:
<<Allora, che cos’è che devi dirmi>> incominciò.
<<Te la ricordi la mappa del tesoro?>>.
<<La mappa del tesoro?>. Scoppiò a ridere. <Sì, certo. La busta che gli operai hanno trovato in casa. E che centra adesso?>>.
<<In quella busta, ho trovato due lettere risalenti a 40 anni. Ho fatto una scoperta incredibile>.
<< Ah sì? Vuoi vedere che davvero hai trovato il tesoro?>>. La sua ilarità cominciava a darmi sui nervi.
<<Lorenzo, smettila di fare il cretino. E’una faccenda seria. Ho scoperto di avere un fratello>> dissi a bruciapelo.
<<Un altro?>> esclamò con un sorrisetto riferendosi al rapporto fraterno che ci legava.
<< Non sto parlando di un fratello acquisito honoris causa, sto parlando di un fratello vero, partorito da mia madre, con il mio stesso sangue!>>.
Alzai così tanto il tono della voce che tutti gli ospiti del ristorante si girarono verso di noi.
Lorenzo sbianco in volto.<<Calma Mario, scusami ho bevuto un po’troppo>>.
Ripresi il controllo e gli raccontai in dettaglio tutta la storia.
<<Cosa devo fare?>> gli chiesi.
<<Insistere col prete. Se ha una coscienza, confesserà, è pur sempre un uomo di Chiesa>>.
Mancava solo una settimana alla mia partenza ed ero sulle spine. Lorenzo aveva ragione, dovevo insistere col prete, ma non me la sentivo di affrontarlo nuovamente.
Fu mia moglie a darmi coraggio.<<Va da lui e apri il tuo cuore. Spiegagli che l’amore è tutto e che non puoi vivere con un fratello che il destino non ti ha mai fatto incontrare>>.
“Questo è l’ultimo tentativo che faccio” pensai mentre mi avviavo per l’ennesima volta in chiesa alla ricerca di Padre Domenico. Quando questi mi vide, notai nel suo sguardo tenerezza e compassione come se, per la prima volta, avesse pietà di me.
Mi fece cenno di avvicinarmi. <<Vieni con me figliolo>>. Mi guido fino alla sagrestia.
<<In questi giorni, ho pregato molto per te perché sento la tua sofferenza e ne sono addolorato. Stanotte il Signore mi ha indicato la via e ho capito che dove c’è amore non c’è peccato, che è giusto cercare un fratello smarrito per riportarlo all’ovile>>. Ero sopraffatto dall’emozione, ma non fiatai.
Padre Domenico mi fissò.
<<Conosci già tuo fratello. E’ Lorenzo, il tuo più caro amico>>.
<<Cosa?>> balbettai.
<<Adesso che lo sai spetta a te decidere cosa fare: se dirglielo o tacere. Che il Signore abbia misericordia di te>>. Si congedò e raggiunse il confessionale.
Avevo bisogno di stare solo per riflettere su quello che era appena successo. Cominciai a mettere tutti i tasselli al posto giusto: mia nonna che adorava Lorenzo e lo riempiva di regali, mia madre che non perdeva occasione di invitarlo per farlo dormire da noi. Ora tutto tornava al proprio posto.
Quella mattina dovevo partire per Torino. Le valigie erano già pronte, aspettavo solo la chiamata di Lorenzo che aveva deciso di accompagnarmi all’aeroporto.
<<Ti devo dire una cosa>> gli dissi quando mi telefonò.
<<Un altro segreto, cosa sarà questa volta? Il tuo vero padre è un senatore con il vitalizio?>>.
Rise ma questa volta non mi arrabbiai.
<<E’ una faccenda seria, come quella dell’altra volta>> replicai.
Lui cambiò tono, aveva intuito che dovevo confessargli qualcosa di importante.
<<Allora vengo a prenderti prima, così abbiamo il tempo di parlare>> disse anticipando le mie intenzioni. Lo aspettai al bar vicino all’albergo, l’aria era fresca e il sole splendeva. Non sarei più tornato indietro, ormai avevo fatto la mia scelta. Da lontano vidi il mio amico venire verso di me.
<<Buongiorno! Guarda che qui fanno delle brioches eccezionali. >>.
<<Lo so benissimo, ti ho fatto conoscere io questo bar>> mi rispose ridendo come faceva sempre.
<<Allora Mario, che c’è?>>.
Tossii mentre le parole mi uscivano a fatica dalla bocca. <<Non è facile per me>> farfugliai. Dovevo prendere tempo.
<<Dillo e basta, così è più semplice>>.
Lorenzo non era turbato, solo curioso.
<<Ho parlato col prete, mi ha rivelato il nome di mio fratello...>>.
<<Ah, bene>>, esclamò Lorenzo dandomi una pacca sulla spalla. <<E raccontami, chi è? Lo conosco?>>.
<<Sei tu>> dissi semplicemente.
Lorenzo ammutolì di un tratto e vederlo in silenzio era un fatto più unico che raro. Mi fissò cercando di capire se stessi scherzando. Alla fine comprese come non lo fosse e i suoi occhi diventarono lucidi.
Lorenzo abbozzò un sorriso, mi emozionai anche io. Ci abbracciamo forte, come due fratelli.