Il 19 giugno
di Redazione


Ragusa – Il 19 giugno nella cattedrale di Ragusa il Festival delle Relazioni ospiterà l’anteprima nazionale di “Spirituality”, il nuovo progetto musicale di Juri Camisasca e Rosario Di Bella. Spirituality è il punto d’incontro di due percorsi radicali e unici, guidati dall’urgenza della ricerca di un “totalmente Altro” nel campo della musica e della consapevolezza spirituale. In un’epoca logorata dalla fretta, dall’incertezza e dallo smarrimento, da una crisi di valori, l’indagine di Camisasca e Di Bella restituisce centralità alla crescita dell’individuo, passando senza dogmatismi attraverso l’esperienza delle religioni e delle culture dello Spirito.
Ne scaturisce un progetto misterioso e affascinante, intimo e solenne, animato da un’energia profonda e da una tensione verticale, capace di mettere in relazione il misticismo del canto gregoriano con le nuove tendenze dell’elettronica, la cantabilità del pop con il raccoglimento della meditazione, suonando contemporaneo eppure senza tempo.
Come nasce il progetto che state preparando e che presenterete in anteprima al Festival delle Relazioni di Ragusa? Cosa vi accomuna?
JC: “Io e Rosario siamo vicini di casa e a lui è venuta l’idea di fare qualcosa insieme. Nello specifico, il progetto “Spiriruality” è nato mettendo a confronto la nostra vocazione musicale ed esistenziale. Basti pensare che entrambi viviamo da soli, alle pendici dell’Etna. Questo dice molte cose: amore per il silenzio, desiderio di vivere a contatto con la natura, necessità di esplorare gli spazi dell’interiorità. Ma in sintesi direi che ciò che ci accomuna è l’amore per una vita semplice”.
RD: “Stavo lavorando ad un disco concept sugli Arcangeli e pensavo di condividere il progetto con un artista che avesse una particolare sensibilità riguardo a certi argomenti. Con Juri ci conosciamo da tempo e mi sembrava la persona più giusta come compagno di viaggio.
Gli ho parlato dell’idea di mettere insieme le mie e le sue canzoni in un unico concerto e così è nato Spirituality. Ci accomuna in parte il modo di vivere ma soprattutto un certo cammino spirituale”.
Quali aspetti musicali e tematici caratterizzano il vostro nuovo concerto?
JC: “La tematica è soltanto una: la ricerca del senso ultimo della vita. A livello sonoro invece utilizziamo atmosfere meditative. Anche le rare pulsazioni ritmiche hanno una natura distensiva e rasserenante”.
RD: “Spirituality è un progetto di musiche e canzoni costruite con una strumentazione elettronica ma con arie e testi senza tempo, con tematiche spirituali e di ricerca interiore. E’ una musica che mi fa bene e mi auguro faccia bene a chi l’ascolta”.
Il tema del dialogo interreligioso appare oggi più cruciale che mai. In base alle vostre esperienze, in che modo sarebbe possibile affrontare la questione per rendere questo dialogo veramente costruttivo?
JC: “Bisogna partire da un’esperienza interiore. E’ solo toccando le profondità della coscienza che possiamo renderci conto di provenire tutti dalla stessa fonte. Deve essere un dialogo della vita con la vita, un dialogo libero dai condizionamenti culturali e dai pregiudizi intellettuali. Il pensiero tende sempre a dividere e non potrà mai raggiungere le dimensioni dell’amore. E’ celebre la frase di Henri Le Saux, che spesso mi piace citare: “Il Dio vivo e vero è al di là del dio pensato”. Non penso che Juan de la Cruz e Sri Aurobindo avrebbero avuto difficoltà ad intendersi. La Verità è superiore a qualsiasi credo”.
RD: “Ognuno guarda il mondo dalla propria finestra ma tutti cerchiamo la stessa cosa. Penso che nel dialogo interreligioso sia fondamentale parlare di ciò che ogni essere umano cerca e non solo della finestra attraverso la quale guarda”.
E’ possibile, almeno in musica, fare incontrare mondi, culture e sensibilità diverse?
JC: “Sì, credo di sì. Io ad esempio ho incominciato ad amare l’India proprio grazie all’ascolto dei raga. Leonard Bernstein diceva che la musica può nominare l’innominabile e comunicare l’inconoscibile. Sono d’accordo. Tuttavia mi permetto una sottolineatura: quale musica? I canti celestiali di Hildegard von Bingen, le composizioni di Steve Reich o certi prodotti che si sentono per radio al giorno d’oggi? Ci sarebbe molto da discutere su questo. Ognuno comprende in base alla propria evoluzione interiore. Una cantata di Bach può farti sentire in armonia con l’Universo se sei su una certa lunghezza d’onda, ma se sei musicalmente insensibile questa può provocarti solo noia. Tutto è relativo”.
RD: “La musica viaggia su strade misteriose ed ha la grande forza di unire tutto ciò che l’uomo, per paura, divide”.
Come vedete, da uomini e da artisti, il fenomeno delle continue migrazioni che vedono protagonista l’Italia e, in particolar modo la Sicilia?
JC: Purtroppo non ho una risposta interessante da darti. Rimango solo sbigottito e disorientato davanti a queste cose. Ti dico solo che il loro dolore è il mio dolore. Vivere una dimensione spirituale non vuol dire passeggiare nei prati sfogliando petali di rose. Gli entronauti sono persone che hanno una sensibilità molto accentuata ed avvertono in maniera acuta i mali del mondo. I migranti, le guerre, bambini che muoiono di fame… Tutto ciò mi lascia esterrefatto! Tuttavia in “Spirituality” io e Rosario abbiamo deciso di escludere le questioni di natura sociale e politica. Possono esserci magari delle risonanze ma il “focus” è tutto da un’altra parte. Ciò che vogliamo comunicare è la grandezza e la nobiltà dell’essere umano. Diceva Paul Eluard: “Ci sono altri mondi ma sono nascosti in questo”. Questa vita non è solo una valle di lacrime; è anche un Mistero incommensurabile di grande fascino e di dolcezza”.
RD: “E’ un fenomeno che si ripete continuamente nell’arco dell’intera storia dell’umanità. Il dramma delle ultime migrazioni ha molteplici e complesse motivazioni. Credo sia un dovere accogliere chi scappa dalla fame e dalle violenze di una guerra dando loro amore e parte di ciò che abbiamo per un benessere comune. Sono principalmente le disuguaglianze a causare la maggior parte dei mali di una società, a generare tensioni e malessere per tutti”.
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