Palermo - In Sicilia è possibile effettuare studi di sieroprevalenza e sieroconversione. Lo rileva il Comitato tecnico scientifico per l'emergenza Covid-19 nell'Isola, in un parere trasmesso all'assessorato regionale della Salute sull’utilizzo dei test rapidi e dei test sierologici.
E intanto, si avvia la campagna nazionale sui test sierologici. Bisognerà attendere tre settimane per la partenza in tutta Italia, con l’obiettivo di arrivare a definire proprio attraverso i test di immunità la percentuale di cittadini che ha sviluppato anticorpi al SarsCov2. Intanto cresce il pressing delle Regioni sul ministero della salute, perché fornisca linee guida chiare, mentre alcuni governatori, in ordine sparso, stanno di fatto già avviando gli esami sulla popolazione.
Secondo gli esperti "ci sono sufficienti evidenze scientifiche che sorreggono la validità e l’utilità di questi test rapidi in ausilio alla sierologia classica e ai tamponi rinofaringei". I componenti del Comitato, facendo esplicito riferimento agli asintomatici, rilevano in particolare che "in questi soggetti - si legge nel parere - andrà eseguito il test rapido con card come prima scelta. Se sia le IgM (immunoglobuline M) che le IgG (immunoglobuline G) risulteranno negative e il soggetto è a basso rischio allora può essere considerato non infetto, con sufficienti probabilità logiche e scientifiche".
La campagna, come già illustrato dal presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli, sarà effettuata a campione sulla popolazione italiana per avere un quadro epidemiologico più chiaro della propagazione del virus. Il campione comprenderà circa 150mila cittadini, divisi per sei fasce di età, genere e profili professionali. Si potrà così 'avere il polsò della pervasività del virus a livello territoriale ma anche in relazione ai diversi settori, definendo un profilo di rischio dei lavoratori in vista della fase 2 di riapertura del Paese a maggio.
A stretto giro arriverà quindi la validazione da parte del Comitato tecnico scientifico dei test sierologici che saranno prescelti e che dovranno garantire elevata «sensibilità, specificità e applicabilità» a livello nazionale. Intanto dai territori arriva la richiesta di indicazioni univoche: «Sarebbe opportuno che il Governo desse delle linee guida sui test sierologici per tutte le Regioni e che lo facesse in fretta, perché altrimenti rischiamo che ognuno vada per conto suo», afferma il presidente della Liguria Giovanni Toti. I test saranno «fondamentali per rimandare le persone a lavorare», dice.
In realtà, però, Regioni e città già hanno iniziato a procedere per proprio conto. La Toscana ha annunciato oggi un accordo con 61 laboratori privati che permetterà di effettuare test sierologici per 400.000 persone, includendo anche i lavoratori dei servizi essenziali. Ed anche il caso del Lazio dove, nei prossimi giorni, partirà una campagna con 300 mila test per tutto il personale sanitario, le Rsa e le forze dell’ordine. In Lombardia, invece, saranno effettuati 20.000 test sierologici al giorno, dal 21 aprile, cominciando dagli operatori sanitari e dai cittadini che devono tornare al lavoro con particolare riferimento alle province di Bergamo, Brescia, Cremona e Lodi. La Campania ha invece deciso lo stop ai test sierologici nei laboratori privati accreditati, perché non potrebbero essere garantite le misure di contenimento.
Si attende comunque un parere del Ministero. E poi ci sono le iniziative dei singoli comuni: Robbio, nel pavese, ha proposto ai cittadini un test sierologico di massa su base volontaria, come sta già avvenendo a Cisliano, nel Milanese, dove stamani almeno 200 persone si sono messe in fila per aderire all’iniziativa.
Potrebbe bastare quindi una semplice analisi del sangue per capire se l'organismo ha gli anticorpi per fronteggiare il virus. Al netto delle differenze tra i vari test in fase di validazione, si tratta di accertamenti più rapidi ed economici rispetto ai tamponi e che richiedono minori norme di sicurezza per chi li effettua perchè il campione da analizzare non prevede il maneggiamento di materiale infetto da virus in forma attiva. La comunità scientifica è però ancora divisa, c'è infatti chi sottolinea anche i limiti di questa metodologia come l'attendibilità che non raggiunge il 100% e il fatto che rimangono test esclusivamente qualitativi. Il risultato quindi non è espresso in valori numerici ma semplicemente come positività o negatività.