Di Franco Battiato ho un ricordo bellissimo. L’ultima volta che lo vidi eravamo entrambi passeggeri di un volo che da Roma ci avrebbe riportati a Catania. Era solo. Si sedette a Fiumicino in una panca di fronte alla mia nello spazio antistante al nostro gate d’imbarco in attesa della chiamata. Portava due grandi occhiali scuri. Io non potevo sapere che cosa guardava ma lui sì che sicuramente si sarà sentito puntare dal mio sguardo, solo per un momento però, giusto per la sorpresa di vedermi di fronte un personaggio speciale eppure tanto “normale e semplice” nella sua intimità. Qualcuno dei passeggeri che come noi aspettavano l’imbarco ammiccò alla sua figura.
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Altri un po’ più intraprendenti, gli si avvicinarono per chiedere un autografo. Io mi limitai a finire il mio panino, sforzandomi di non accorgermi di ciò che mi succedeva intorno. Venne l’impiegata della Compagnia al gate, “chiamò” i passeggeri. Salimmo lentamente sull’aeronave, attraversando un lungo finger. Io davanti, lui dietro perché aveva un posto vicino al mio. Ci sistemammo. Ero giusto una fila dietro del suo sedile. I passeggeri arrivavano lentamente con i loro bagagli attraverso un corridoio che subito cominciò a intasarsi. Arrivò tra gli altri una ragazza con un valigione enorme. Era piccola, minuta. Provò a sollevare il bagaglio fino alla cappelliera ma invano. La hostess era lontana e neppure si accorse del suo disagio. Di colpo si alzò lui e con il suo solito garbo discreto le disse “Lasci che la aiuti.” Le prese la valigia dalle mani e la sistemò nella cappelliera. La ragazza non lo riconobbe ma lo ringraziò con un sorriso. Lui ritornò tranquillo al posto assegnato. Lo riconobbero alcuni però e mi guardarono con uno sguardo strano e interrogativo come per chiedere una conferma al loro sospetto. “Ma è proprio lui, Franco Battiato?” Annuii con la testa.
Anche un grande divo prima di tutto è un uomo e se davvero è tale come lo è stato lui lo sarà nel mio ricordo con la “U” maiuscola. Sempre.
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