Roma - Gli asintomatici hanno il divieto di lavorare sempre, anche da casa. Non appena il tampone dà esito positivo scatta la quarantena per evitare la diffusione del contagio. Anche per chi è del tutto senza sintomi non deve lavorare.
A disciplinare la questione sono i decreti Cura Italia e Rilancio, poi convertiti in leggi, oltre al «messaggio» Inps 2584 del 24 giugno e al dpcm 7 agosto del 2020. «Aziende con dipendenti asintomatici disponibili a lavorare da casa si sono rivolte a noi per avere chiarimenti ma la nostra risposta stante la normativa attuale non può che essere “no, non si può fare”», racconta Cesare Pozzoli, partner dello studio legale milanese Chiello-Pozzoli. Stessa risposta ha dato Assolombarda alle imprese che chiedevano chiarimenti. «Tra l’altro — continua l’avvocato Pozzoli— il decreto Agosto ha stabilito che le persone di ritorno da vacanze in zone a rischio debbano stare in isolamento in attesa del tampone. Bene, anche questo isolamento è equiparato alla malattia quindi implica il divieto di lavorare».
La prescrizione, che equipara la positività al Coronavirus alla malattia sempre e comunque, prevista dai decreti e dalle circolari del lockdown, rischia di rivelarsi un vero boomerang in queste settimane di ripresa del contagio. I costi personali (anche retributivi) e professionali per i singoli, quelli delle aziende e quelli dell’economia italiana e delle casse dell’Inps, derivanti da una norma di questa natura possono essere esponenziali in vista della seconda ondata autunnale di contagi.
Nei prossimi giorni il governo incontrerà le aziende e i sindacati per affrontare la questione dello smart working, attivabile senza accordo fino al 15 ottobre. Uno dei temi potrebbe essere proprio la possibilità di far lavorare da casa i positivi senza sintomi.