Città del Vaticano - La rivoluzione gentile di Papa Francesco ha conosciuto ieri sera alle 18 uno dei momenti più drammatici della storia della Santa Sede, con le dimissioni di un Cardinale. Giovanni Angelo Becciu (Pattada, Sassari, 1948) ha rinunciato al porporato per evitare che lo stesso Pontefice lo destituisse. Fatto oltremodo irrituale, la comunicazione serale di un bollettino tempestivo e inatteso della sala stampa, per dire che il Cardinal Becciu non era più Cardinale.
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Ma quali sono le accuse che Giorgio Mario Bergoglio ha rivolto al Cardinale sardo, creato dallo stesso Francesco nell'estate 2018? Lo scandalo sul palazzo di Sloane Avenue a Londra (a un prezzo triplicato rispetto a quello iniziale) e il procedere dell’inchiesta penale dei promotori di giustizia vaticana sulla gestione della «banca riservata» dei papi, ovvero la cassa della sezione Affari Generali della Segreteria di Stato, stimata in circa 700 milioni di euro. È il Sancta Sanctorum della Santa Sede, che gestisce anche i milioni di euro dell’Obolo di San Pietro.
La governance della banca segreta del vaticano viene considerata anomala dalla stessa magistratura vaticana già solo per il fatto che si fosse deciso di finanziare operazioni immobiliari (Sloane Avenue è l'ex sede di Harrods) con i denari dell’Obolo di San Pietro, destinando dunque somme possedute con vincolo di scopo per il sostegno delle attività caritatevoli a vere e proprie operazioni speculative.
Bene, dal 2011 al 2018, gli Affari Generali sono stati diretti da Becciu, allora arcivescovo, il quale avrebbe fatto un uso di fondi a favore di attività riconducibili ai fratelli. Nel corso delle indagini sono saltati fuori soldi su fondi speculativi e una vicenda legata ad una cooperativa sarda impegnata nell’aiuto ai migranti, la «Spes» di Ozieri presieduta da Tonino Becciu, fratello di Angelo. Al cardinale sarebbe stato contestato di aver preso 100 mila euro dai fondi riservati per darli (ma non sarebbero ancora arrivati) alla cooperativa presieduta dal fratello. C’è da considerare che Francesco, fin dall’inizio del pontificato, ha avuto parole durissime contro il «cancro» della corruzione: «Meglio peccatori che corrotti».
È il Cardinal Becciu l'autore dell’avventura londinese che tiene ancora impegnato il Vaticano per oltre 350 milioni, secondo i calcoli dei pm del Papa. I promotori Gian Piero Milano e Alessandro Diddi (quelli che nella giustizia italiana sarebbero i Pm) hanno esteso l’indagine all’impiego di tutti i capitali, ad esempio i 50 milioni nel fondo maltese Centurion del finanziere Enrico Crasso, che li ha usati per diventare socio di Lapo Elkann in Italia Independent e per finanziare il film su Elton John.
Becciu non è indagato, ma propose nel 2012 di investire 200 milioni di dollari in una piattaforma petrolifera in Angola. I soldi erano presso il Credit Suisse dove allora lavorava Crasso, banchiere di fiducia della Segreteria. A chiedere di investire era stato l’amico-imprenditore Antonio Mosquito, conosciuto ai tempi della nunziatura in Africa. Per valutare l’affare Crasso chiamò Raffaele Mincione ma il finanziere lo giudicò estremamente rischioso. La soluzione alternativa fu di investire i 200 milioni nel fondo Athena, dello stesso Mincione, che li userà per comprare il 45% del palazzo di Londra e il resto per avventure di Borsa su Carige, Bpm, Retelit e Tas. Ma le speculazioni, anche sul palazzo, andarono male e a un certo punto il fondo comincia a perdere decine di milioni.
Nell’estate del 2018 il Vaticano tenta di uscire dalle sabbie mobili del palazzo londinese. A fine 2018 si raggiunge una transazione con Mincione tramite il broker Gianluigi Torzi. Parte da lì l’intrigo che porterà all’inchiesta con indagati anche due monsignori della Segreteria, Alberto Perlasca e Mauro Carlino e a giugno all’arresto di Torzi. Un’indagine che si allarga sempre più, partita da un’operazione «opaca», come l’ha definita il Segretario di Stato, Pietro Parolin. Accuse da «macchina del fango», era stata la replica di Becciu, che ritiene di avere la coscienza a posto.