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Scuola, ingresso alle 9, turni pomeridiani e più didattica a distanza

Scuola, la didattica integrata (parte a distanza, parte in presenza) sarà incrementata

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Roma - «La scuola continuerà in presenza, asset fondamentale»: il presidente del Consiglio fa tirare un sospiro di sollievo a milioni di studenti, genitori e professori annunciando, nella conferenza stampa per presentare il nuovo Dpcm, che la scuola non chiuderà. Alla fine, per alleggerire il peso sul trasporto pubblico, il compromesso trovato e introdotto nel Dpcm è stato quello di modulare ulteriormente la gestione degli orari di ingresso e di uscita degli alunni, anche attraverso l’eventuale utilizzo di turni pomeridiani e di disporre comunque l’inizio delle lezioni non prima delle 9.

La didattica a distanza
Sulla didattica a distanza invece è stato previsto che le scuole superiori possano incrementarla - ma rimane complementare a quella in presenza - solo in caso di criticità delle situazioni sanitarie locali e comunque comunicandolo al ministero dell’Istruzione. Stamane l’incontro convocato dal ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia, era partito in salita. «Il ministro dei Trasporti dice che non si può incrementare ulteriormente l’offerta del trasporto pubblico. E contemporaneamente il ministro dell’Istruzione dice che per rimodulare gli orari e scaglionare l’ingresso e l’uscita degli studenti della scuola superiore, alleggerendo così la pressione sul trasporto pubblico, dovremmo fare incontri con qualche migliaio di dirigenti scolastici. A questo punto, mentre il virus avanza, tra due settimane staremo ancora parlando di cosa fare», era sbottato il presidente dell’Anci e sindaco di Bari, Antonio Decaro. Sulla stessa posizione le Regioni. «Riteniamo possibile e necessario, proprio per salvaguardare la scuola in presenza, soprattutto per le scuole d’infanzia, elementari e medie - ha detto il presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini - incidere maggiormente sugli scaglioni di ingresso e uscita dalle scuole». Sono state le stesse Regioni a chiedere un’indicazione puntuale nel Dpcm sulla possibilità di rafforzare negli istituti superiori, soprattutto per le ultime tre classi, la didattica integrata già sperimentata in questo mese, «perché non rientra nelle prerogative né dei sindaci né delle Regioni organizzare i tempi e le modalità organizzative delle autonomie scolastiche».

L’università
Il ministero dell’Università e della ricerca, dal canto suo, ha costituito una cabina di regia per valutare l’impatto dell’emergenza sanitaria sul sistema della formazione superiore e della ricerca. Le università, sentito il Comitato Universitario Regionale di riferimento, stabilisce il Dpcm, predisporranno, in base all’andamento del quadro epidemiologico, piani di organizzazione della didattica e delle attività curriculari in presenza e a distanza. «Le università sono luoghi sicuri, la didattica è già al 50% a distanza, le lezioni sono controllate, con uso della mascherina e distanziamento, tutto è stato programmato con protocolli specifici e la massima attenzione, è impossibile fare di più all’università», ha evidenziato il ministro Gaetano Manfredi. Intanto il Comitato Priorità alla Scuola ha organizzato per lunedì presidi e flashmob in 13 città di 10 regioni. «La chiusura delle scuole, e il passaggio alla didattica a distanza, sarebbe accettabile solo in caso di un lockdown totale di tutto il Paese», dicono i promotori. «La scuola deve rimanere aperta, è una priorità di questo paese assieme al lavoro», è il parere anche di Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità.


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