Attualità Il discorso

Conte e l’ennesimo Dpcm, è mancato il coraggio di chiudere tutto

Sostanzialmente invariate le norme anti Covid: il rapido ritorno alla fase 1, mascherato da mezze misure

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 Sotto il Decreto niente. Tanta attesa - con la conferenza spostata dalle 18 alle 20 e infine alle 21.30 - per un servizio al tavolo dalle 18 e l’invito a pubblico e privato a rivolgersi il più possibile allo smart working. Il discorso che doveva anticipare il lockdown 2 a cui la maggioranza dei cittadini s’è rassegnata, sponsorizzato da Crisanti a Ricciardi, addirittura agognato da industriali e negozianti, ha finito col delegare il pugno duro all’iniziativa di sindaci e governatori. Non s’è capita bene l’urgenza di questo ennesimo Dpcm notturno - frutto di vorticose girandole riunioni tra Stato, scienziati e Regioni - che doveva rivedere quanto pronunciato neanche una settimana fa. Alla fine ha lasciato tutti a bocca asciutta, per la sostanziale impalpabilità dei “nuovi” provvedimenti adottati.

Se la vedano gli amministratori locali con la scuola, dice Conte: noi al massimo avalliamo un’entrata posticipata alle 9 per i ragazzi delle superiori, di dad non se ne parla proprio. Chiudano pure bar e ristorati alle 21: per noi restano aperti fino a mezzanotte. Il problema sarà trovare qualche cliente che ci vada, visto che l’ordinata dei contagi balza ormai di mille casi al giorno. Lo stesso vale per palestre e centri sportivi, che hanno i giorni contati. Nemmeno sfiorati parrucchieri, librerie, estetisti e altre attività commerciali che solo qualche mese fa erano un caso. Non una parola sui mezzi pubblici, veicoli dell’infezione in ogni senso. Da un Decreto d’urgenza era lecito aspettarsi di più. Saggia prudenza o mancanza di coraggio? L’unica è restare esigenti verso noi stessi, più che verso l’esecutivo. E continuare a non abbassare la guardia. 


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