Ragusa – Scherza col maglione, quello che non aveva e gli hanno regalato, Gianrico Carofiglio (Bari, 1959), in una sera fredda di ottobre, che è anche quella di chiusura di A Tutto Volume Festival. Le temperature rigide di Ragusa Ibla gli hanno fatto battere i denti durante il primo dei due incontri coi suoi lettori, mentre nel secondo, appunto, quello che ha voluto concedere all’overbooking di prenotazioni, ha una cautela in più.
E così, col maglioncino goliardico “Siculamente” sotto la giacca, l’ex magistrato, ex deputato del Pd, lo scrittore che presidia la classifica dei libri più letti in Italia, parla di cose difficili.
Quali? Il rifugio nel passato che non esiste, battezzato dal sociologo polacco Zygmunt Bauman come “Retrotopia”, ovvero una Utopia al rovescio. L’idea cioè che un tempo vivevamo meglio, un tempo fatato e bellissimo, che, guarda caso, corrisponde con la nostra giovinezza. Ragion per cui estendiamo quel periodo speranzoso della nostra vita a una condizione sociale, e politica generale, che è frutto di una personale distorsione percettiva.
I bei tempi del Fascismo, quando si poteva dormire con le porte di casa aperte, ma anche i magnifici anni 90, quando gli omicidi, in Italia, erano duemila l’anno, ma nella nostra percezione si stava meglio, proprio sul piano dell’ordine pubblico.
Cosa è la Retrotopia? E’ la celebrazione di un passato irraggiungibile, tale perché inesistente, fatto di serenità, ordine e legalità, oltre che di una colossale bugia. Perché quel passato non esiste.
Ma perché Gianrico Carofiglio parla di cose difficili?
Perché in questa nostalgia del passato che non c’è, vi è in nuce il successo delle demagogie politiche contemporanee, che propongono al cittadino elettore un modello facile: si stava meglio prima, ora viviamo male, non pensiamo al futuro terribile che ci aspetta, ma vogliamo ricostruire un passato che non esiste.
Oggi i numeri dei crimini violenti sono inferiori a quelli di 30 anni fa, ma è più facile vagheggiare il mito della sicurezza perduta, che costruire e sostanziare la prassi della sicurezza presente.
In cosa risiede il successo di Lega, Cinquestelle, e di Fratelli d’Italia? Carofiglio si guarda bene dal citarli, ma li descrive facendo trasparire in dissolvenza il loro padre nobile, Silvio Berlusconi.
Il segreto del successo è nel cocktail tra ignoranza e manipolazione, e nel gioco degli specchi di chi ci fa e di chi ci è.
Attenti, però: perché il centrosinistra ha una colpa grandissima: quella di aver promesso la parità sociale, o meglio, la fluidità delle opportunità che permette al più sfortunato di salire sull’ascensore e di stare meglio, salvo poi non aver mantenuto la promessa, tradendola.
Come definire la situazione italiana? “Siamo in una fase di anestesia politica, dove ogni possibilità di cambiamento, e di costruzione, viene frustrata dal bisogno di un ritorno al passato che non c’è”, dice Carofiglio.
In questo i mezzi di informazione hanno una grande responsabilità. Quella di ingigantire le paure, di proporre plastici di case del delitto che amplificano i nostri mostri esistenziali, rendendoci più fragili, vulnerabili.
Si chiama ossessione narrativa.
A questa si aggiunge la Bias, ovvero una forma di distorsione della valutazione causata dal pregiudizio della disponibilità. Se tutti i giorni qualcuno ci dice che il Tizio è ladro, saremo portati a pensare che forse il Tizio è ladro. Così, ad esempio per gli immigrati, capro espiatorio di tutti i mali. Nostri.
La politica del secondo decennio del terzo millennio gioca sulla paura sporca, inventata e tossica, che rinuncia al futuro esprimendo rancore e plauso per chi il rancore esprime.
E non c’è bisogno di ricorrere a Gustave Le Bon e alla Psicologia delle Folle, per capire che nel racconto frammentario, nell’odio e nella chiusura, ci sono gli stilemi, le torsioni, gli strumenti linguistici che permettono di modificare la percezione della realtà.
Basta ripetere una frase senza senso perché questa, sol perché ripetuta, diventi consapevolezza comune.
Il suggerimento di Carofiglio? “Abbassate a zero il volume del televisore, guardate le espressioni del viso dei politici intervistati, rialzate il volume e giratevi ad ascoltare la loro mimica clownesca, lo sguardo sbarrato, il lessico contundente, la costruzione delle frasi, senza significato. Ecco, diceva Confucio, se le parole perdono significato, gli uomini perdono la libertà. Per questo dico che il primario contratto sociale di uno Stato di diritto è la fiducia nel linguaggio condiviso. Quando parla il Potere deve esserci corrispondenza tra il discorso e contenuto, se si sgretola il rapporto tra contenente e contenuto, si sfalda la democrazia”.
E la Sinistra?
“Ha tradito il proprio mandato. Col proprio snobismo, con la promessa non mantenuta di uguaglianza, mentre il divario sociale aumenta, e vincono invidia e rancore, in un mondo senza giustizia sociale. In questo una riflessione profonda va fatta sulla funzione del Parlamento, svuotato dall’esercizio della funzione politica, oltre che da comportamenti pedagogici.
Ma fatto ancor più terribile, è la sovversione dell’onere della prova politica. Di chi fa una affermazione durissima che contrasta col sapere acquisito, e chiede poi all’interlocutore di provare il contrario, una pratica insidiosa che rovescia sull’interlocutore la prova della fallacia del ragionamento.
E’ la Fallacia del Fantoccio, di chi dovendo rispondere a un fatto incontrovertibile, prende un argomento, lo modifica, fino a farlo sembrare simile al primo, e dopo averlo trasformato in un fantoccio, lo attacca facilmente.
Ecco, di fronte all’argomento fantoccio evitate l'errore di negare, ma svelate che il vostro interlocutore è solo un baro”.
Come si risponde a tanta malvagità? “Col coraggio e il buon uso della paura, piegando le nostre ansie in energia di trasformazione, in gentilezza. Come nel film L’Attimo Fuggente diciamo: “Scriviamo e leggiamo poesie solo perché siamo esseri umani”.
Carofiglio: un passato inesistente impedisce il desiderio di futuro
La paura sporca, inventata e tossica, che rinuncia al futuro esprimendo rancore e plauso per chi il rancore esprime
di Giuseppe Savà
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