Non solo Napoli e Roma, tante le categorie di lavoratori spaventate dal futuro di incognite
di Redazione

A differenza del primo, accettato da tutti senza grosse sollevazioni, lo spettro del lockdown 2 è, come si temeva, accompagnato da proteste di massa che, un po’ come i focolai del Coronavirus, stanno scoppiano a macchia d’olio in queste ore sulla penisola, raccogliendo differenti categorie di lavoratori nelle piazze, accomunate non tanto dalla contrarietà alle ultime limitazioni quanto dalla sfiducia verso l’aiuto che le istituzioni forniranno, a breve termine, al sostentamento delle famiglie che devono mantenere.
Oltre 180 taxi hanno occupato da questa mattina piazza Castello a Torino, davanti al palazzo della Regione, per contestare il coprifuoco in Piemonte: “Se in città tutto è chiuso chi prenderà i taxi? – dicono i taxisti -. Ci servono aiuti e incentivi per coprire le perdite”. Decine di auto si sono incolonnate alle 8.30 partendo dall’Allianz Stadium. Nel volantino distribuito si legge: ”Ci siamo sempre stati, abbiamo garantito un servizio 24 ore su 24 mettendo a rischio la nostra salute e quella delle nostre famiglie. Le briciole stanziate per questo settore non sono bastate neanche per pagare quelle tasse mai sospese o abbuonate. Piuttosto che coinvolgerci nel trasporto degli studenti si preferisce ammassarli nei bus, metro e treni come carri bestiame violando spudoratamente le regole sul distanziamento sociale e mettendo a rischio la salute dei nostri ragazzi. Nel dpcm di agosto sono stati approvati 35 milioni destinati ai buoni taxi per le famiglie meno abbienti. Dove sono finiti?”.
Diverse centinaia di persone hanno manifestato ieri sera anche a Catania e Terni al grido di “Libertà, libertà”. In strada insieme non solo titolari e impiegati della lunga lista di attività e professioni costrette a chiudere i battenti a tempo indeterminato, senza sapere se e quanto percepiranno i prossimi mesi. Ma anche l’indotto collegato a questi business, come appunto i taxi. Tra le proposte avanzate, quella dello “sciopero fiscale”, ma c’è stato anche chi si è detto pronto a contravvenire alle regole, lasciando aperto il proprio locale oltre le 18.
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