Piscine, palestre, teatri, cinema e arene chiudono. E ad arrabbiarsi non sono solo i loro gestori ma anche i tanti clienti e spettatori che avevano già da tempo prenotato corsi, lezioni e posti in poltrona per gli spettacoli, fiduciosi che tutto sarebbe finito bene. Per quanto riguarda concerti e rappresentazioni, i ticket già acquistati su circuiti come TicketOne restano validi per la data a cui sono stati posticipati. Ma, visto che dall’emergenza non si sa quando se ne uscirà, è possibile riavere indietro i soldi in contanti? Il voucher spendibile a fine emergenza resta l’opzione preferita dagli esercenti, per non perdere il poco già incassato (e forse speso), ma la legge attuale prevede che resti un’opzione discrezionale, alternativa al rimborso: può essere cioè offerto ma non imposto al consumatore, che deve restare libero di poter scegliere se riprendersi il denaro sul conto. Esattamente come stabilito qualche giorno fa dall’Antitrust per i voli aerei cancellati.
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La legge 77/2020, entrata in vigore il 19 luglio scorso, prevedeva un mese di tempo per chiedere il rimborso e ulteriori 30 giorni per emettere un voucher. I termini sono quindi scaduti e i cittadini ora possono pretendere il rimborso. Purtroppo se il titolare del servizio o dell’attività si rifiuta, non resta che fargli causa. Direttamente al giudice di pace, in caso di somme inferiori a 5mila euro, altrimenti in tribunale. Rivolgendosi magari ad una associazione di consumatori esperta del campo. Alcune cause sono già partite contro esercizi che non hanno rimborsato nulla o hanno emesso buoni a condizioni inaccettabili, come il rinnovo dell’abbonamento. In questi casi la battaglia legale, per chi ha voglia di intraprenderla, dovrebbe essere vinta. Meno certo quando, con i tempi della giustizia amministrativa e dei nuovi processi telematici.