Non è durato neanche un giorno lo "scenario 3" evocato da Conte. Come se la pretesa fosse di apprezzare subito, dal giorno dopo, le nuove restrizioni approvate 5 giorni fa. E' bastato un nuovo bollettino delle 18, con un nuovo record di contagi, per passare direttamente, in meno di 24 ore, allo "scenario 4". Quello che prelude il temuto lockdown declinato nella formula estrema che conosciamo tutti, patita a marzo e aprile scorsi: il ritorno ai “domiciliari” nei nostri appartamenti, uscendo solo per fare la spesa.
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La data limite è il 9 novembre. Ce la faremo nei prossimi 10 giorni a tenere la soglia dei nuovi casi giornalieri sotto 40mila, la quota fissata dalle autorità sanitarie prima di stoppare tutto e reintrodurre la quarantena forzata? Ora siamo a 27mila. Ma l’indice di trasmissibilità ha superato 1,5 e le proiezioni statistiche non lasciano ben sperare, anzi prevedono che - senza nuove limitazioni o se le attuali non dovessero avere effetto - il picco di positività della popolazione si raggiungerà proprio a ridosso di quel Natale 2020 che si sperava tanto di salvare, per rilanciare un minimo di consumi tra gli acquirenti e di speranza nei commercianti.
Nell’ultimo mese sono finite intubate 1400 delle 1650 persone attualmente in terapia intensiva in tutta Italia. Come a metà marzo. L’unica consolazione è che ora abbiamo più posti letto per strappare i malati alla morte. Ma il virus, come dimostrato in tutto il mondo, non si conosce ancora bene: non si è ancora capito come “funziona” la sua vitalità: pare non esserci altra soluzione al blocco nazionale e totale, per provare almeno a rallentare il suo dilagare. Interventi mirati in alcuni territori sotto pressione, con nuove zone rosse e chiusure regionali delle scuole. Poi un nuovo Dpcm, da varare la prossima settimana: questo è, al momento, lo “scenario 4”. Il 5, per il momento, mette i brividi e preferiamo non prenderlo neanche in considerazione.