Cultura Automobili


Torino - Se il suo nome non fosse legato in maniera inscindibile alla storia dell’auto degli anni Ottanta e Novanta del Novecento, diremmo che Enrico Fumia è un personaggio rinascimentale. Già, perché solo una persona che ha cultura e formazione estetica informata ai canoni della lezione vasariana, per cui l’artista non è solo imitatore della realtà, ma anche creatore della natura, poteva presentare la Lancia Y accostandola al Botticelli. E Fumia lo ha fatto.

Scorre anche un po’ di sangue siciliano nelle vene dell’uomo che ha disegnato le più belle Alfa Romeo e Lancia dei due decenni 80-90. Il cognome tradisce le origini sicule -e segnatamente messinesi- dell’ingegner Fumia, designer torinese, classe 1948.

In un mondo in cui il design delle auto annega nell’anonimato dello stile, Fumia è stato un architetto dell’automobile.
"Innovare per Rinnovare" il suo motto, che indica una strada: mai attestarsi su soluzioni scontate o replicate, ma mirare invece a un punto di equilibrio avanzato. Così per l’Alfa 164, e per la Lancia Y, ma anche per la Ferrari F90 del 1988, tutte uscite dalla sua matita.

Si schermisce Fumia, e ammette, “con la massima obiettività che mi è consentita, che l’Alfa 164 fece fare un salto di qualità all’immagine delle berline Alfa Romeo”, prima della gestione globale del Gruppo Fiat.
Fumia lavorò in libertà all’ammiraglia, mentre il collega Giorgetto Giugiaro aveva un vincolo terribile nel disegno delle cugine Fiat Croma, Lancia Thema e Saab 9000, ovvero quello di mantenere identica per i tre modelli la forma delle quattro portiere.

Fumia diede un colpo d’ala e inventò un segno stilistico unico, la scalfitura laterale della 164, lo sguscio che gira per più di tre quarti della vettura, il segno che, sottile nella parte anteriore, si espande fino a 7 centimetri, gira nel retro dell’auto, ingloba il fanale posteriore, molto identitario della vettura, e assai difficile all’epoca da realizzare, colorando il fanale tutto di rosso.
“Dimostrammo che noi italiani sappiamo fare qualcosa di diverso e di superiore”, ricorda. Ma Fumia aveva disegnato anche il gruppo ottico anteriore con fanali rastremati e un ciglio superiore che ospitava la freccia. “Il fornitore del gruppo ottico anteriore era diverso da quello delle luci posteriori e ci disse che per lui il mio disegno era impossibile da realizzare”. La 164 si attestò nella parte anteriore su un design meno audace ma non per questo poco originale.
Fumia convinse i progettisti Alfa che si poteva realizzare un cofano anteriore spiovente anziché a coperchio, come era stato fatto sino ad allora. Fu un tratto grafico rivoluzionario.
“In quell’auto tutti hanno rivisto la vera Alfa Romeo, senza capire perché. In realtà, io mi ero ispirato alla Alfa 1900, allo sguscio della Duetto, alla svasatura a livello di cintura della Giulia. Ecco, avevo fatto sintesi di alcuni stilemi e li avevo reinterpretati attualizzandoli”. Nacque l’Alfa 164 ed emozionò alfisti e non solo. Nella firma è scritto Pininfarina, ma si legge Fumia.

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Nel 1992 Fumia lascia la carrozzeria torinese per diventare direttore del Centro Stile Lancia. Disegna la sua auto più importante: la Lancia Y, prodotta nel 1996.

Presenta l’auto e legge questo testo: “La leggerezza e l'agilità miracolosa della linea si uniscono a darci l'immagine viva di una città elegante raffinata e sognatrice; la linea alata ferma al volo gli scherzi del vento, i suoi impeti e le sue carezze per muovere stoffe, corpi, capelli, fiori…”

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La città elegante e sognatrice è Firenze di più cinque secoli fa, quella di Lorenzo il Magnifico e Poliziano, e la linea alata che ferma al volo gli scherzi del vento è del Botticelli che allora dipingeva la sua Primavera.
Ma Fumia gioca ad applicare il testo alla nuova Lancia Y: “Se qualcuno vi avesse parlato in questi termini di una Lancia non vi sareste stupiti, è una dimostrazione del fatto che Lancia è stile, un valore senza tempo”.
Fumia aveva un compito arduo, dare un seguito al progetto della Y10 innovando per rinnovare. “Studiai la Ardea, la Appia Prima serie, fino alla Y10. Decisi di riproporre i tratti senza replicarli. Percepii, rilevai la linea Lancia, la interpretai interiorizzandola e la riproposi in una forma nuova, come una scultura, senza strappi estetici”.
Disegnò una utilitaria fantasiosa dietro, con l’incavo del portellone posteriore che riprende l’andamento della calandra frontale, davanti i parafanghi alari disegnati come carenature.
“Proposi sintesi visive che variano in base al punto di osservazione, come la linea ad arcata laterale, che rende il fianco della vettura dinamico, con l’agile tangenza, che ricorda il corpo inarcato di un atleta ai blocchi di partenza, l’elegante armonia di un giavellotto scagliato nel vento”.
Il giavellotto? Dov’è il giavellotto, ingegnere?
“La calandra pentagonale della Lancia Y è la punta del giavellotto che penetra l’aria”.
Curve, controcurve, inarcamenti, superfici concave e convesse, all’esterno e all’interno, forme morbide e rassicuranti, fecero della Lancia Y "una linea alata in grado di fermare gli scherzi del vento”.
Fumia oggi viene riconosciuto come uno dei grandi creatori di identità delle auto in Italia. Ha dato anima e corpo ad auto che tutti conosciamo, come la Lancia Lybra, che ha disegnato in parte, ma anche gli interni delle Maserati 3200Gt, Spyder e Coupè, oltre all'Alfa Gtv e, come detto, alla Ferrari F90 del 1988. Gli hanno dedicato un libro, edito da Fucina nel 2015. Si intitola “AUTOritratto”. 


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