Benessere Coronavirus

Covid e vitamina D: un'eccezionale scoperta a Pavia

La scoperta di un gruppo di ricercatori del Policlinico San Matteo dopo un’indagine su 129 ricoverati in primavera tra il Covid e la carenza di Vitamina D.

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Pavia – C’è un nesso tra il Covid e la Vitamina D. A darne notizia il Dott. Caccialenza come è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista "Clinical Nutrition.
Il lavoro, condotto nel periodo tra marzo e aprile su 129 pazienti ricoverati, 34 dei quali sono deceduti durante la degenza ospedaliera, ha cercato di individuare la prevalenza della carenza di vitamina D, ponendola in correlazione con gli esiti clinici e i marker di gravità della malattia. La correlazione tra livelli di vitamina D e infezione da Covid 19 è stata studiata da un gruppo di clinici e ricercatori del Policlinico San Matteo. I ricercatori hanno rilevato livelli molto bassi di vitamina D nei pazienti ricoverati in condizioni severe, anche se tali livelli non sono risultati associabili a variabili di esito, probabilmente anche in considerazione della criticità delle condizioni di molti pazienti all'ingresso in viale Golgi.

Cosa ha rilevato lo studio?
Lo studio, approvato dal Comitato etico, ha fotografato, al momento del ricovero, i seguenti fattori: la prevalenza della carenza di vitamina D che, al di là del Covid presenta numerosi benefici per la nostra salute; l'associazione tra lo stato della vitamina e gli esiti clinici (come polmonite grave, ricovero in unità di terapia intensiva e mortalità intraospedaliera) e marcatori biochimici di gravità della malattia (come, ad esempio, conta dei linfociti, proteina C-reattiva).

I livelli sierici di vitamina D sono stati valutati a 48 ore dal ricovero ospedaliero e il 54,3% ne era gravemente carente – spiega Riccardo Caccialanza, direttore Unità operativa complessa di nutrizione clinica del San Matteo, che ha firmato il lavoro -. Tuttavia, se l’adeguatezza della vitamina D possa prevenire l'infezione da Covid 19 o influenzare gli esiti clinici deve essere ancora valutato rispettivamente da studi di popolazione e studi di intervento dimensionati e progettati, che potrebbero essere molto rilevanti considerato l'andamento della pandemia a livello globale".

La notizia apparsa sul Clinical Nutrition
Il lavoro, che ad oggi è il più rigoroso e popoloso, presentato dai ricercatori italiani, è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista "Clinical Nutrition" e porta la firma di Riccardo Caccialanza, direttore dell'Unità di nutrizione clinica oltre a quella dei suoi collaboratori Emanuele Cereda, Federica Lobascio, Sara Masi Silvia Crotti; Carlomaurizio Montecucco, direttore Uoc reumatologia, insieme ai suoi collaboratori Laura Bogliolo e Ludovico De Stefano; Raffaele Bruno direttore Uoc malattie infettive; Stefano Perlini direttore Uoc pronto soccorso; Angelo Guido Corsico direttore Pneumologia; Antonio Di Sabatino, direttore medicina interna. Attendiamo nuovi sviluppi in merito.


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