Abbiamo chiuso col petrolio e gas e raffinazione perché ci dicevano che era una politica energetica poco sostenibile e che per un nonnulla avremmo fatto scorpacciata di benzina, gasolio e metano dai mercati esteri. Risultato, non produciamo più nulla e oggi compriamo cariche di virgin nafta a 130 dollari al barile, benzina a 2 euro, gasolio a 2,50 e metano a 4 euro al chilo servito alla pompa.
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Con lo stop al nucleare abbiamo fatto bingo, poi abbiamo fermato e dismesso centrali a carbone, olio combustibile e anche turbo gas di prima generazione, perché ci dicevano che erano poco sostenibili e che presto avremmo raggiunto un equilibrio green e che per un nonnulla ci saremmo abbuffati di energia elettrica comprata dalla Francia e dalla Germania. Risultato, non produciamo energia e oggi la borsa elettrica segna uno 0,60 al kwh che tradotto in italiano significa meglio stare al buio, staccare il contatore in casa e fermare le fabbriche.
Non produciamo più fertilizzanti per l’agricoltura, abbiamo chiuso le industrie chimiche del ciclo del cloro, perché ci dicevano che erano produzioni poco sostenibili e che dal mondo ne potevamo acquistare quanto ne volevamo al costo di una sciocchezzuola. Risultato, oggi tutti i fertilizzanti del ciclo del cloro e del potassio in ogni sua intima declinazione hanno prezzi da nababbi col rischio di stoppare anche le attività agricole non solo in serra ma anche a campo aperto.
In campo zootecnico abbiamo poi raggiunto il top. Abbiamo ceduto valli e colline a pale eoliche e fotovoltaico, produrre grano, mais, cereali era un lavoro da economia mesozoica, eccetera, eccetera, eccetera, e che comprare in Russia e Ucraina conveniva assai. Risultato, si fermano le importazioni e non c’è più mangime per porci, vacche e polli. E vacche, porci, polli e pecore in macelleria stanno toccando quotazioni da gioielleria. Se la Russia è una nazione sull’orlo del fallimento, in Italia anche la trippa per i gatti è finita.