Cultura
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26/09/2010 20:18

4 mila, sotto il nubifragio, ad ascoltare Elton John

Devozione stoica

di Redazione

Taormina – Alla fine erano da applaudire anche le diverse centinaia di spettatori rimasti al teatro antico a osannare Elton John dopo due ore di concerto in una serata londinese, piuttosto che siciliana. Inzuppati d’acqua, infreddoliti, sotto gli ombrelli o avvolti da mantelline, stavano ancora lì a chiedere un bis al loro beniamino che già era al calduccio di una Mercedes alla volta dell’aeroporto di Catania, dal quale era giunto nel pomeriggio in elicottero e dove ieri notte lo attendeva un jet privato per portalo a Nizza.

 

Ma i mancati bis (ne erano previsti due in scaletta) sono da perdonare a sir Reginald Kenneth Dwight, che eroicamente aveva portato a termine il concerto sotto una pioggerellina che dopo un’ora dall’inizio si era trasformata in acquazzone, con un vento che rendeva inutile la copertura del palco, approntata per far fronte all’emergenza meteo, bagnando il piano dell’artista inglese e trasformando i colpi di tamburo del percussionista Ray Cooper negli zampilli delle fontane dell’hotel Bellagio di Las Vegas.

Peccato quella pioggia. Perché c’erano tutti gli elementi per una serata memorabile: un teatro assiepato da quattromila persone giunte da ogni parte della Sicilia, giovani e non, famiglie intere, un po’ di turisti stranieri, e un artista che sembra aver ritrovato l’energia e, soprattutto, la voglia di divertirsi sul palco.

Peccato, davvero, perché l’esibizione di venerdì sera di Elton John è stata di gran lunga migliore dello sbiadito concerto tenuto sette anni fa sempre a Taormina. L’autore di Crocodile rock non si è limitato a ripercorrere i suoi successi più popolari, per il semplice intento di compiacere i fans, ma è andato alla riscoperta di canzoni meno note del suo immenso repertorio, improvvisando, tornando a infiammare il pubblico con il suo complice e vecchio compagno d’avventure Ray Cooper, così come facevano negli anni Settanta, proponendo in anteprima anche un brano, Gone to Shiloh, che farà parte del nuovo album, The Union, registrato insieme a Leon Russell e che uscirà il 26 ottobre, a conferma di una vena creativa ritrovata.

Accolto da una ovazione, fasciato da una giacca scura ricamata di paillettes che disegnano una sirenetta, Elton John comincia con The one, per poi spaziare dalle atmosfere gotiche di Sixty years on ai suoni di New Orleans con Emperor’s new clothes, dal rock di Philadelphia freedom al boogie di Bennie. Da urlo la versione dilatata di Rocket man e la strumentale Funeral for a friend. Emozionano i vecchi successi, Levon, Sorry seems to be the hardest word, Daniel e Don’t let the sun go down. Ma anche la più recente ballata politica sul tema dell’Aids, Ballad of the boy in the red shoes, che Elton introduce ribadendo l’accusa alla politica del presidente americano Reagan che avrebbe sottovalutato la malattia.

L’inizio melodico sale in un crescendo parallelo con la pioggia, per raggiungere l’apice quando entra in scena Ray Cooper. Occhialetti neri e cranio pelato, il percussionista accompagna il martellare sui tasti di Elton John, sovrastandolo da una postazione battuta dal vento e della pioggia, sembrando una figura spettrale, un mago alchimista, anche per i gesti ieratici con cui passa dai piatti ai tamburi, dalla batteria all’enorme gong.

Si finisce bagnati e contenti, fatta eccezione per uno sparuto gruppo in platea che chiedeva la sospensione dello show. Ma chi era venuto per divertirsi, era ancora lì a chiedere un bis.

 Elton John a Taormina