Il disastro sulle pagine Facebook ufficiali.
di Redazione


Ragusa – Da luglio, a Ragusa, l’acqua scorre ancora dai rubinetti, ma le bollette no. Non perché i cittadini siano diventati improvvisamente virtuosi o perché l’azienda abbia deciso di regalare il servizio. No: semplicemente perché a Iblea Acque, i dirigenti hanno pensato bene di acquistare un nuovo software da centinaia di migliaia di euro annui senza preoccuparsi di un dettaglio: traghettare i dati dal vecchio sistema, gestito da Sikuel, società ragusana di informatica che dall’inizio ha premesso di tenere in piedi la macchina. Risultato: da maggio un blackout totale delle utenze. Impossibile attivare un contratto, ricalcolare un consumo, perfino stampare una bolletta. Si procede a mano, con stime, come negli anni Cinquanta. E il nuovo gestore del software non ha saputo mettere in campo gli accorgimenti necessari per tamponare questa ferita, tanto sarà pagato lo stesso.
Così la nave ha preso la rotta del naufragio: un buco da decine di milioni di euro per minori e zero incassi, forse più. La cassa è vuota, i fornitori non vengono pagati, i terzisti aspettano. Sono tutte imprese del territorio che hanno anticipato prestazioni, con mezzi propri e unità di lavoro per favorire Iblea Acque. Nel frattempo, l’azienda ha continuato a pagare Sikuel, come se nulla fosse, attraverso la gestione di un numero che di verde ha solo il colore dei soldi pagati dalla collettività: 60 mila euro in un anno, per un call center che non risponde e senza ottenere nulla per riavere l’anagrafica delle utenze. Tutto nero su bianco nelle delibere dirigenziali, pubbliche e consultabili.
Come se non bastasse, è stato firmato un accordo con Municipia, concessionario delle riscossioni e del recupero crediti. Un accordo capestro, come spesso accade, che rischia di rovinare centinaia di famiglie ragusane: quelli che ti fanno il fermo amministrativo senza che tu te ne accorga. La delibera parla di 135 mila euro, ma la verità, dicono, è almeno tre volte tanto. E oggi Municipia non può nemmeno lavorare: i sistemi sono bloccati, e si limita a valutare il pregresso, un compito che avrebbero potuto svolgere benissimo gli operatori interni.
Non è finita. In piena estate, con i sistemi informatici in tilt, Iblea Acque ha speso altre decine di migliaia di euro per società di lettura contatori, imbustamento fatture e recapito postale. Tutto inutile, perché le fatture non si possono emettere. Un paradosso che rasenta l’assurdo.
E mentre i conti affondano, l’azienda non trova di meglio che pubblicizzare il proprio disastro sulle pagine Facebook ufficiali. Una confessione pubblica, quasi un’autodenuncia sotto forma di revisione delle reti informatiche. Ma senza un briciolo di autocritica.
Così, a Ragusa, i cittadini, come sempre, pagheranno due volte: prima con i disservizi, poi con i conti da saldare.
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